L’Unità in liquidazione: trattative con Pessina Costruzioni per nuova casa editrice
Il titolare della società, il cui nome compare sia nelle carte dell'inchiesta milanese sugli appalti Expo sia nell’elenco dei "furbetti di San Marino", sarebbe disposto a investire sulla testata insieme con l'attuale azionista di maggioranza al 51% Matteo Fago e con Maurizio Mian al 18% della Nuova iniziativa editoriale (Fonte: Camillo Dimitri, Il Fatto)
La Nie finisce in liquidazione e l’Unità si ritrova senza editore. Giovedì, mentre continuavano le celebrazioni politiche per il 30° anniversario della morte di Enrico Berlinguer, l’assemblea dei soci ha votato la chiusura della società che da oltre dieci anni pubblica il quotidiano del Pd. Ma all’orizzonte c’è un cavaliere bianco in trattative da settimane e disposto a creare una nuova casa editrice per la testata, insieme con l’attuale azionista di maggioranza al 51% Matteo Fago e con Maurizio Mian al 18% della Nuova iniziativa editoriale. Secondo quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, si tratta della lombarda Pessina Costruzioni, società guidata da Massimo Pessina il cui nome compare sia nelle carte dell’inchiesta milanese sugli appalti Expo sia nell’elenco degli italiani (i cosiddetti “furbetti di San Marino“) che hanno portato i propri soldi nella banche del monte Titano come la Smi Bank.Dopo mesi spesi inutilmente dai soci della Nie per trovare un accordo su come risollevare il giornale, Fago ha lanciato lo stesso giorno dell’assemblea il suo j’accuse: “Risale, ormai, ad un anno e mezzo fa il mio ingresso nel capitale della Nie, prima come semplice azionista-sostenitore per evitare l’imminente chiusura, poi, a seguito di continue emergenze finanziarie, come socio di maggioranza. In tutto questo tempo, nonostante i diversi progetti ipotizzati e messi in campo, ho assistito al progressivo defilarsi degli altri attori e soci di questa impresa. Mi sono ritrovato, così, da solo, a sobbarcarmi di responsabilità finanziarie e anche politiche che, ad oggi, non sono più sostenibili. Lo stato patrimoniale, finanziario e gestionale del giornale era ed è molto grave”.
Il fondatore di Venere.com e dell’Asino d’oro edizioni ce l’ha con gli altri azionisti tra cui compare Renato Soru, ex governatore della Sardegna per il Pd, già editore de l’Unità e oggi sceso al 14% circa della Nie, ma ce l’ha direttamente anche con il Partito democratico di Matteo Renzi, chiamato in causa pure dalla redazione alle prese con stipendi in sospeso o versati in ritardo. A Fago non è andata meglio con i soci che sono entrati per ultimi nella Nie, come la Partecipazioni editoriali integrate (al 14%) della ex senatrice di Forza Italia Maria Claudia Ioannucci. Il suo arrivo ha sollevato la protesta dei giornalisti del giornale di centrosinistra, portandoli allo sciopero. Restavano due strade tra cui scegliere, secondo lo stesso azionista di maggioranza: “Fallimento della società e conseguente chiusura de l’Unità oppure cercare una soluzione finanziaria e organizzativa che permetta al giornale di continuare a esistere per non disperdere un patrimonio culturale, politico e sociale che da novant’anni presidia gli interessi e i valori dei lavoratori e delle classi meno agiate”.
Optando per la seconda ipotesi, quella della newco, nella cordata è finito anche Mian che di recente si è però scontrato con la Nie per avere indietro 4 milioni di euro prestati negli ultimi anni. Di soldi infatti non ce ne sono più molti in azienda e solo da inizio 2013 fino a fine luglio scorso, secondo gli ultimi dati disponibili, le perdite hanno superato i due milioni di euro. Rosso che si somma, contenendosi ai precedenti tre esercizi, a quello 2012 di 4,6 milioni di euro, a quello 2011 di 4,3 milioni e ai -1,6 milioni del 2010. Mentre sono stati nominati i due liquidatori della Nie Emanuele D’Innella, titolare dell’omonimo studio romano che si occupa di consulenza societaria, e Franco Carlo Papa, partner del gruppo di consulenti Dgpa e membro del cda della società immobiliare Risanamento, Fago vuole riportare “l’Unità ad essere il punto di riferimento politico e culturale della sinistra italiana” ma dei suoi intenti sono meno convinti i giornalisti della testata diretta da Luca Landò (che oggi diffonde intorno alle 20 mila copie).
Sempre giovedì, la redazione ha bollato come “inaudito, inaccettabile, da padroni delle ferriere” il comportamento dell’editore che non ha avvisato i dipendenti della messa in liquidazione. Inoltre, sempre secondo la redazione, “mancano certezze sulla continuità delle pubblicazioni” così come sul fatto che non ci saranno esuberi nel passaggio della testata da una società all’altra .“Per questo lo sciopero delle firme prosegue”, hanno concluso i giornalisti, “ed è convocata per venerdì 13 un’assemblea straordinaria per decidere nuove iniziative di lotta”.
1206/0630/1430