Magazine Diario personale
E questa è la celebra frase nel film “Totò, Peppino e la malafemmina”, recitata davanti al Duomo di Milano.Avessero avuto la tecnologia d’oggi Totò e Peppino De Filippo probabilmente si sarebbero ugualmente persi nelle interpretazioni paradossali della società moderna o forse si sarebbero presi gioco della sterile tecnologia del tempo presente, del tom-tom onnipotente.
Dove vado senza tom-tom, senza il mio faro guida, senza la freccia di navigazione, senza una voce timone, senza il satellite di direzione, il mezzo di conduzione?Dove vado, chi sono, da dove parto e dove devo arrivare, quale strada percorrere, dove devo svoltare, non inciampare, sostare (quello mai, guai a chiedere indicazione al bar anche se il tom-tom ti vuole far svoltare in un burrone).
Devo inserire il tuo indirizzo, numero civico, nome e cognome sul mio tom-tom.Ma ci conosciamo da anni, sai come mi chiamo e dove abito…Si, ma non si sa mai, lo scrivo ugualmente.E già, mi potrebbero spostare la casa in qualsiasi momento!
E così viaggiamo sulle strade del mondo impigriti da mappe, applicazioni, traduzioni, esercitazioni, ricette che si fanno da sole a colpi di digitalizzazioni, tutto pronto senza invenzioni.
E’ un tempo in cui ci siamo persi tra cervelloni elettronici e messaggi platonici, astrattismo di vite isolate tra una folla di account, messaggini, faccine tristi e sorridenti, fotografie sbiadite che viaggiano perdute negli ingranaggi di profili e stili. E quando ci troviamo di fronte alle persone? Forse ci sembrano extraterrestri e magari aggrediamo, critichiamo, maltrattiamo perché ormai disabituati al reale, perché forse se ci troviamo dentro una mascherina di cellulare quasi di più c’incuriosiamo.
Ma dove andiamo tutti insieme appassionatamente, chi siamo e dove dobbiamo arrivare?Perché abbiamo bisogno di binari prefissati per sentirci più sicuri e il perdersi o smarrirsi non è più contemplato?
“E il naufragar m’è dolce in questo mare” compone Leopardi nella poesia l’Infinito, dove nonostante lo smarrimento e quel sentimento angoscioso dinanzi all’immensità, affiora dai versi il piacere dell’indefinito, slancio vitale dell’uomo verso la felicità.
Ci si può smarrire di più su strade convenzionali, più si tenta di controllare il cammino e più cresce la paura dell’instabilità, del deragliare e l’idea dello smarrimento angoscioso.
“Di lui che andò tanto vagando…di molti uomini vide le terre e conobbe la mente”, è il meraviglioso viaggio narrato da Omero nell’Odissea. Ulisse nel suo magnifico smarrimento e ritrovamento di rotte e direzioni è il creatore dell’epopea dell’erranza.
Dov’è l’umano sentire e il sentore dell’umano che sfiora le corde del cuore?
E’ forse giunta l’ora d’affacciarsi ad un nuovo umanesimo, centro focale dell’uomo, percepire i fabbisogni d’ognuno senza strumenti, tecnologie e aride presenze.Riaffermare la dignità degli esseri umani, dell’uomo artefice del proprio destino, riscoprire il valore dell’autonomia creativa dell’uomo. Creatività del pensiero appiattito da questo tempo statico moderno.Un ritorno all’umanesimo quattrocentesco che esalta con spirito critico l’individualità dei singoli nella sua eccezione positiva e non tendenzialmente negativa di quell’epoca dove si tendeva all’isolamento intellettuale e culturale fine a se stesso distaccandosi dalla massa e esaltando un’estrazione sociale elevata, un gruppo, un rango, una casta piuttosto che un popolo.In sintesi è quello cui stiamo assistendo nella società odierna, ma in maniera paradossale.Oggi più che mai i singoli non esistono se non singoli corpi femminili strumentalizzati per il piacere della casta o simil-casta. Esiste la massa uguale a se che non è la casta ma la massa televisiva dell’isola dei famosi e non famosi, del grande fratello dove di fratello c’è solo la scritta sul titolo del programma, degli amici che altro non sono che dei nemici, programmi dove si esaltano le qualità dei singoli nell’imbroglio generale per aggregare i tanti unificati e catalogati in un unico pensiero conformato, il “PENSIERO DEI TANTUM”.Già Platone nel “mito della caverna” parlava dell’apparenza e di uomini che si credevano liberi senza rendersi conto della loro prigionia, incatenati in una realtà circoscritta. Finché il filosofo, uscito fuori della caverna, vede il sole e la realtà vera delle cose “…nel mondo conoscibile, punto estremo e difficile a vedere è l'idea del bene; ma quando la si è veduta, la ragione ci porta a ritenerla per chiunque la causa di tutto ciò che è retto e bello…”. E non vi sembra paragonabile a quest’epoca di realtà artificiose ed anche al mondo internauta moderno? Libertà di viaggiare nella rete credendo che la realtà sia quella ma che a volte imprigiona in un mondo fittizio, cercando di confinare l’agire umano in un pensiero uniformato e sedato.
In un momento storico come questo che stiamo vivendo, così difficile, dove l’incertezza del futuro, la grave crisi economica mai riconosciuta per molto tempo che ora ci travolge e la crisi dei valori di giustizia favorisce una fuga dal reale e l’immersione nell’irreale, nel virtuale, nel sogno e nel fantasticare.E invece di perdersi nell’immaginazione leopardiana ci si perde negli ingranaggi “internettiani”, paradossalmente in contatto con tutti ma contemporaneamente isolati da tutti.
E’ ora di mettere al centro l’IO silenzioso scopritore, la riflessione ideatrice, la solitudine creatrice in contrapposizione alla solitudine-isolamento intrecciati nelle sterili battiture di una tastiera che può sconfinare nell’irreale e nella perdita di relazioni umane.
Noi infermieri siamo persone che viviamo il presente, intercalati in questa società e per questo influenzati dalla stessa.E allora dove collochiamo la nostra professione, dove si dirige, quali sono i nuovi obiettivi e i traguardi prefissati e da prefissare? Qual’è il nostro Tom-Tom da seguire?
Le teorie infermieristiche ci appaiono sterili e lontane, studi da applicare inapplicabili, distanti parentesi nel tempo, poiché il tempo si è triplicato, nel senso che velocemente si è giunti ad un cambiamento della società così radicale da non rendercene conto sino in fondo e ci ha lasciato tra le nostre corsie in mezzo a scartoffie da spolverare, vecchie sedie e divari da colmare. L’immobilità ci sovrasta e sembra paradossale dinanzi alla mobilità vorticosa di tutti gli infermieri tra le corsie. Corriamo, corriamo, ma per fare cosa e soprattutto per chi?
Forse è giunto il momento di cambiare, di fermarsi, di ragionare, di stabilire le priorità, di riprendere in mano il timone e rinnovare le rotte, di creare una nuova era.
Che l’infermieristica sia allora INFERMIERISTICA CREATIVA, nel senso più ampio del termine, che riscopra il valore dell’autonomia creativa della professione, che ponga al centro la riflessione, che ricollochi il valore dell’educazione, delle buone maniere, che consideri l’Io creativo una risorsa da esaltare, riconsideri l’UOMO al centro dell’universo e riponga l’attenzione sulla qualità dell’assistenza e non sulla quantità. L’infermieristica creativa deve aprire una nuova era alla professione, è tempo di idee nuove, pensieri d’ingegno, inventiva intellettuale (quella manuale già l’abbiamo), tecnologie del nursing applicabili, modernizzazione di un sistema che ha bisogno di una motrice trainante. Le nuove leve, gli studenti e non gli allievi, vecchia connotazione che non ha nulla di sbagliato se non nell’eccezione sfavorevole che si trascina per la sua storia, sono più flessibili e favorevoli al cambiamento. Lasciamoci dunque trascinare anche dal nuovo vento, se il nuovo vento apporta cose positive, dalle nuove metodologie, dalle nuove tecnologie, aggreganti ovviamente e non isolanti, insomma dal nuovo che arriva, e contemporaneamente trasliamo il nostro sapere alle nuove leve, introduciamoli nel delicato mondo delle relazioni umane e insegniamo loro la meditazione, la concentrazione e il rigore della professione. Ricordiamoci che la crescita culturale è nelle nostre mani.Lasciamo emergere ciò che di buono può esserci in ogni persona, tutti possiamo contribuire al processo di cambiamento e destarci dall’appiattimento del “PENSIERO DEI TANTUM” cui da anni le politiche nazionali e mondiali ci hanno relegato grazie anche alla complicità dei media e che è diventato uno stile di vita inconscio e radicato.E’ necessario però abbandonare quel piccolo lume “nightenliano” al quale noi infermieri siamo ancora aggrappati. Quel lume ottocentesco che sa d’antico, e come tale va segregato in un museo dentro ad un’ampolla di vetro come memoria storica d’importante qualità ma che deve lasciare libero spazio alla modernità che avanza.
Ma quale sarà il futuro dell’infermieristica, infermieristica che purtroppo è smantellata sino all’osso e ridotta a mera esercitazione fisica, quando il fisico ormai non ci sorregge più, claudicante tra le corsie?
, gli infermieri si vogliono mettere in gioco, ma per giocare partite importanti è necessario che anche l’allenatore e il dirigente della squadra s’impegnino insieme ai giocatori per riuscire ad arrivare all’ambita serie A affinché non rimanga solo un miraggio tra le pagine dei libri universitari.
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