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Alma Salabayeva. Letta risponde in aula su rimpatrio

Creato il 10 luglio 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online
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Il governo italiano è chiamato a rispondere dello strano caso di rimpatrio che ha coinvolto Alma Salabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, e sua figlia Alua, rimpatriate in fretta e furia nel pomeriggio del 30 maggio. Alle 15 di oggi, durante il question time, il premier Letta ha risposto all’interrogazione parlamentare avanzata dagli onorevoli Giorgetti e Molteni. Enrico Letta ha espresso le sue riserve in merito all’espulsione lampo e al coinvolgimento nella vicenda di una minore, e  assicura di aver disposto un’accurata indagine interna, i cui risultati saranno resi al più presto noti. La questione kazaka sembra avanzare ombre e nuvole sul governo Letta: la cattiva gestione del caso ha causato attriti tra il Ministro degli Interni Angelino Alfano e il Ministro degli Esteri Emma Bonino, che si è dichiarata all’oscuro della decisione del collega Alfano, da lei condannata con toni duri. Anche il premier Enrico Letta non era stato messo al corrente dei fatti.

La storia al sapore di complotto dell’espulsione di Alma Salabayeva e Alua ha inizio la notte del 29 maggio scorso. 50 uomini – che poi si scoprirà essere agenti della Digos – fanno irruzione nella villetta di Casal Palocco, a pochi chilometri da Roma. Qui vivono il dissidente Mukhtar Ablyazov, sua moglie e sua figlia, ospitati dalla sorella maggiore di lei e da suo marito. Ablyazov non c’è.

In un memoriale, Alma Salabayeva racconta le ore concitate di quella notte: la paura provata di fronte a quegli uomini di cui non conosce il ruolo, il terrore di star vivendo un’esecuzione in piena regola, voluta dal governo kazako. Perché Ablyazov non è certo un amico del presidente kazako Nazarabaev: è un oppositore politico, già incarcerato nel 2002 per “abuso di potere compiuto in qualità di ministro”, un’accusa che colpisce lui e Galymzhan Zhakiyanov e Altynbek Sarsenbaev, ex sostenitori del presidente e ora protagonisti con Ablyazov di una cordata politica contro Nazarabaev, concretizzatasi nella fondazione del movimento politico Democratic Choice of Kazakhistan.

Ricercato nel suo paese per una storia di truffe e tangenti in cui sarebbe stato coinvolto durante la copertura della carica di presidente del Cda della BTA Bank, Ablyazov è in realtà sospettato di essere il finanziatore di movimenti e organi di informazione anti regime. Ultimo in ordine di tempo, il caso si Zhanaozen, la città scenario dello sciopero di operai del settore petrolifero avvenuto nel 2011, e represso con la forza. Allora ci furono 17 morti dichiarati. Ablyazov, e questo non passò certo inosservato agli occhi del presidente, era da tempo attivo nella difesa dei diritti operai.

Ma torniamo alla notte del 29 maggio. Alma Salabayeva e i suoi parenti vengono portati in fretta e furia in questura; qui l’oggetto di discussione diventa il passaporto della Repubblica Centroafricana mostrato da Salabayeva alle autorità. Le dicono che è falso, la accusano di un reato grave come quello di immigrazione clandestina, reato per cui viene prontamente denunciata e trasferita al Cie di Ponte Galeria. Il legale della donna, l’avvocato Olivo, non ha neppure il tempo di avviare le pratiche di richiesta di asilo politico. Un jet di una compagnia austriaca aspetta infatti la signora Ablyazov e sua figlia, pronto a decollare: con un processo lampo, il giudice di pace ha confermato nel giorno del 30 maggio l’ordine di trattenimento. Ma quella che va in scena è un’espulsione forzata lampo. “Da un punto di vista sostanziale hanno dato una donna nelle mani del boia di suo marito. Ed è una cosa raccapricciante, di straordinaria gravità”, dichiara il legale della donna.

Articolo di Gabriella Dal Lago


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