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Altri tempi, Vittoria Puccini maitresse in casa Rai

Creato il 14 ottobre 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Una miniserie con la pretesa di rispolverare le vecchie glorie degli sceneggiati Rai e con il compito preciso di portare l’attenzione su un dibattito sociale riacceso da poco e destinato a infiammarsi in un futuro non molto lontano: così si presenta “Altri tempi” (in onda su Raiuno il 13 e il 14 ottobre), film in due puntate diretto da Marco Turco, che ha il compito gravoso di riaprire la discussione sulle case di tolleranze raccontando gli anni che portarono la senatrice Lina Merlin (Benedetta Buccellato) a decretarle fuori legge. E lo sguardo della narrazione non poteva che essere affidato ad una donna: Maddalena (Vittoria Puccini), i suoi drammi, l’innocenza da diciassettenne, poi la vita da prostituta e maitresse illuminata. Al suo fianco le storie di Agata,Viola, Camilla, Betty, Edda e  La Duchessa (Stefania Rocca) accomunate dallo stesso destino in un bordello di classe; vite reiette che si intrecciano sullo sfondo di un’Italia fotografata tra gli anni ‘30 e i ’60.

Altri tempi immagine di una scena con Vittoria Puccini

Un’immagine di scena di Altri tempi

Come è stato raccontare attraverso una miniserie un tema così importante e delicato?
Marco Turco: Non era facile affrontare questa storia. “La città dei matti” aveva un impatto duro e forte, ma c’era una giustificazione etica: entrare in un bordello invece comportava il rischio della volgarità e del voyeurismo e noi volevamo invece raccontare il dietro le quinte di quei posti aldilà della dimensione di gioco. Non era il mondo fatato, accogliente e stimolante che fior di intellettuali hanno spesso descritto, era solo un luogo dove consumare ciò che si doveva, e basta. La realtà delle case di tolleranza era ben diversa da quella raccontata da famosi scrittori e professionisti: bevande, cibi, musica, giochi e feste erano severamente vietati. Volevamo quindi restituire un’immagine sgradevole del bordello e siccome il punto di vista del racconto era quello femminile, non poteva essere certo uno sguardo affascinato. È lo sguardo di donne reiette, che fuori dalle case non avevano diritto ad una vita: la Merlin ha cambiato molte cose, come l’abolizione della schedatura che le rendeva schiave, recluse e incapaci di reintegrarsi in società e rifarsi una vita una volta abbandonato quel lavoro. È il racconto di storie di donne di ‘altri tempi’ ma allo stesso tempo molto attuali, ed è qui che il film assume una dimensione più universale: sono storie di allora ma anche di oggi, molte sono reali, saccheggiate dalle innumerevoli lettere scritte da alcune prostitute alla senatrice Merlin nell’arco dei dieci anni che si impiegarono per approvare la legge.

Una storia di dolore e sofferenza, che però in qualche modo porta a un riscatto.
Vittoria Puccini: C’è un riscatto finale che Maddalena ricerca quando decide di aiutare la Merlin affinché la legge passi. È uno spaccato di storia del nostro paese che va assolutamente conosciuto ed è bene che venga visto da molte persone, soprattutto in un periodo in cui il dibattito sulle case chiuse si riaccende. Era difficile rendere credibile i vari passaggi di età di Maddalena, che da ragazzina ingenua arriva a diventare addirittura una maitresse; il processo evolutivo del personaggio era una sfida che mi interessava. L’ho sempre vista come una vittima che cerca di fuggire da una realtà impossibile: si illude di diventare una sorta di madame illuminata, aprendo il suo bordello, prendendosi cura delle sue ragazze, ma anche qui si renderà conto di quanto sia impossibile realizzare il suo sogno di fuga.

Fino a pochi anni fa sarebbe stato difficile vedere una fiction del genere. Come hai affrontato le difficoltà insite in un prodotto simile?
V. P.:
Mi piace questo indirizzo secondo cui l’eroina di una fiction non debba essere sempre pulita, perché è bello poter raccontare anche i chiaroscuri, in questo caso inoltre emergeva l’urgenza di affrontare un tema sociale da far conoscere al pubblico. Non è stato facile interpretare Maddalena ed era faticoso girare intere scene ambientate in un bordello: per quasi tutto il giorno dovevamo stare mezze nude sul set e ci siamo protette a vicenda. Ho cercato di vivere questo personaggio anche nelle scelte più discutibili, senza mai uscirne, altrimenti avrei rischiato di esprimere un giudizio morale. Poi mi sono rivista e me ne sono innamorata, Maddalena è una donna forte, coraggiosa e capace di cambiare il proprio punto di vista. Anche per i nostri colleghi non credo sia stato facile interpretare uomini così violenti e poco rispettosi della donna.

Un racconto d’altri tempi ma che potrebbe essere una storia moderna…
Alessandro Sermoneta: C’è una similitudine, un’equazione semplice e crudele: bellezza e povertà vuol dire oggi come allora diventare prostituta. Le storie raccontate sono una fusione tra la finzione e le lettere scritte da molte di quelle donne alla Merlin. La differenza è che oggi però tutto questo non accade più davanti ai nostri occhi, ma lontano, in paesi poveri dove molte ragazze vengono prese e portate vie; insomma sembra che il binomio povertà e sfruttamento si sia trasferito altrove.

Sei il volto di Lina Merlin. Hai letto qualcuna di quelle lettere?
Benedetta Buccellato: Avere l’onore di interpretare un personaggio reale e con la forza di Lina Merlin è stato impegnativo. Ogni attore studia il proprio ruolo e ovviamente quando si tratta di un personaggio realmente vissuto si ha qualche dovere in più. Studiandolo ho scoperto quanti luoghi comuni e ignoranza si siano creati attorno a questa figura: nel senso comune viene pensata ed etichettata come una bigotta, democristiana, rigida e zitella e invece era soprattutto una donna coraggiosa e capace di portare avanti una battaglia laica e in difesa della dignità della donna come cittadina. Penso che un paese impegnato a nascondere certe notizie, non sia ancora arrivato alla piena maturità: nessuno ad esempio sa che Lina Merlin fosse stata arrestata dalla polizia fascista e mandata al confino, perché forse fa più comodo credere che fosse bigotta, zitella e democristiana. Nella messa in scena di un personaggio l’interprete ha un dovere in più rispetto agli altri ed è quello del racconto: l’artigiano della narrazione racconta e questa è la funzione di noi attori.

di Elisabetta Bartucca per Oggialcinema.net


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