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"American dust" di R. Brautigan

Creato il 29 agosto 2012 da Bens
I libri a cui sono più affezionata sono quelli letti in viaggio, che non sono necessariamente i migliori che abbia mai letto, ma rimangono quelli a cui voglio più bene. Sono belli e brutti, ma anche zeppi di frammenti di vita intrappolati in foto rubate, sono colorati, alcuni hanno il sapore di una birra belga o di una fetta di torta austriaca, altri hanno rapito l'odore delle spezie e la sabbia del deserto.
Pastorale Americana, oltre ad essere un libro immenso nella sua sbalorditiva perfezione, è anche il mio viaggio in Grecia, dopo aver sfangato la maturità. Il Conte di Montecristo, in realtà, è una dettagliatissima mappa che parte da San Francisco e termina nelle terre infuocate di Tijuana, per tornare su, verso casa.
Non so bene spiegarvi questa cosa, ma probabilmente il motivo sta nel come si legge. Io, ad esempio, leggo per attutire un disagio, ma quando sono in vacanza leggo per il puro piacere di farlo, smette di essere una necessità. Ed è per questo che American dust sarà per sempre legato ad Istanbul. Che poi la cosa veramente buffa è che se American dust è un libro compassato e quasi rassegnato, così Istanbul è feconda e voluttuosa. Sono solo due amanti occasionali, e siete fortunati, perché questo li rende indipendenti e potrete leggere l'uno senza trovarvi nell'altra. Ad Istanbul potrete leggere Pamuk, come la reginetta della banalità che mi sedeva accanto sul tram verso Taksim, e potrete sfogliare comodamente American dust sul vostro divano, dopo aver prenotato un volo per l'Islanda.
Ma vi avverto, questo è un libro che fa male al cuore, non è un dolore lacerante, è più una costante stilettata al petto, come tutti i libri che sbagliano ed espiano. L'espiazione di un errore e la sincronizzazione handicappata che scava nei rimedi e nelle soluzioni. Se i libri potessero parlare e se avessero una sensibilità cognitiva di quello che accade attorno a loro, questo libro prenderebbe per le orecchie quella fighetta asciutta di McEwan, darebbe un calcio a quella mandria di drogati autori beat, per riappropriarsi del suo posto nel mondo, e quel posto nel mondo sono le vostre librerie.
Brautigan non ha molto in comune con la strafottenza dei grandi autori americani, è più il tipo timido e bruttino che alle feste, invece di divertirsi ed infilare, indecente, le mani sotto le gonne, muore lentamente in un angolo.
Ricordatevi di essere buoni con lui, in fondo chiede solo il permesso di essere letto.

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