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Amour

Creato il 26 ottobre 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Amour: la Cura, la Dignità, la Scelta

Amour è un film bellissimo e straziante. È crudele e profondamente toccante. Bisogna vederlo e lasciarsi guidare dalla sua inquietudine fino alla fine, sforzarsi di tenere lo sguardo sulla pellicola, anche quando ciò che vediamo ci disturba. Tutti abbiamo conosciuto il dolore, quello di un amico, di un parente. Tutti ne abbiamo paura. Dolore e morte sono inevitabili e forse è anche per questo che Amour ci colpisce tutti, è in un certo senso universale.

Jean-Louis Trintignant e Emmanuelle Riva sono gli straordinari e coraggiosi interpreti di quest’ultimo lavoro del regista austriaco Michael Haneke; coraggiosi, in quanto a più di ottant’anni accettano di girare un film sulla vecchiaia e sulla morte, essendo essi stessi in quel periodo della vita in cui ciò che viene descritto accade, normalmente. Ed è difatti “normale” quello di cui Haneke ci parla – e qui ritroviamo tutta l’algidità della sua poetica, lo sguardo cinico di una realtà priva di abbellimenti. È normale che la malattia arrivi, almeno lo è nella maggior parte dei casi. L’intera vicenda si svolge in un appartamento di Parigi, nel quale i due – insegnanti di piano in pensione – hanno vissuto con rispetto e amore, con una devozione all’altro che spesso oggi non trova più spazio. È una coppia d’altri tempi, che si scambia sguardi divertiti e complici su un autobus, proprio come farebbero due ragazzini, che dialoga e trova sempre storie nuove da raccontare, che trascorre una vita tranquilla scandita dalla musica e dalle visite saltuarie della figlia Eve (Isabelle Huppert). Poi il dramma. La malattia invalidante di Anne spezza quell’equilibrio perfetto e tutto cambia. È un lento cammino verso la fine. Amour è allora la scelta di Georges di prendersi cura di sua moglie, di imboccarla e cambiarle il pannolino, di strapparla quasi gelosamente al resto del mondo – figlia compresa – perché incapace di comprendere il senso della sua cura o di realizzarne una che non precluda la dignità della sua amata. Entrambi sanno che niente potrà cambiare, che tutto sta finendo: allora è meglio non parlarne, è un pensiero che taglia il fiato, è terrificante. Restiamo così per due ore a girare tra quelle tre stanze, dentro un dolore che vivono con grande dignità. Si cerca di andare avanti, insomma, con compostezza, senza cedere alla disperazione di chi sa che sta morendo e non ha nessun’altra possibilità. La condizione del malato, ossia di colui che – come Anne – non può più occuparsi di sé autonomamente e si ritrova le mani di un estraneo addosso sotto la doccia, è l’immagine di una vecchiaia che arriva puntuale e inesorabile, un dramma umiliante ed insopportabile, assolutamente trascurato e sottovalutato. E la riflessione che ci spetta è anche sulla possibilità di scegliere, di mantenere comunque il controllo del proprio corpo, della propria vita e della propria morte. È una questione di dignità ed è ciò che porterà Georges a prendersi cura di lei, totalmente, incondizionatamente, fino alla fine.

una immagine di Jean Louis Trintignant e Emmanuelle Riva 620x348 su Amour: la Cura, la Dignità, la Scelta

Ma l’amore diviene anche rappresentazione di un modo di vivere e sentire i rapporti, delle dinamiche tra moglie e marito, genitori e figli. Eve è una musicista divisa tra le tournée in giro per il mondo ed un rapporto burrascoso col marito; all’interno della nuova coppia manca quel senso di sostentamento, fisico e psicologico, manca comunicazione, c’è quasi freddezza. E tutto questo investe anche il rapporto genitori-figlia, anch’esso distaccato, chiuso. Le loro conversazioni sono rette da una certa formalità, domande e risposte si susseguono quasi come in un colloquio tra estranei. Eve è anch’essa un’intrusa, quasi un’aliena, è troppo lontana dalla loro vita, che altro non è che una modalità di vivere l’amore, non potrebbe comprendere le loro scelte, anche quelle più drammatiche. È un’individualista in un mondo di individualisti. La sua famiglia è dispersa. Le notizie sui suoi figli approssimative, al suo rapporto preferisce discutere del suo lavoro. Parla ma non ascolta. Ma ecco che Eve compirà un percorso importante di crescita emotiva, imparerà ad ascoltare e comprendere le scelte altrui, almeno ci proverà. Lei, unica e ultima componente di vita a percorrere il vuoto di quelle tre stanze, è ora l’immagine consapevole di quel ciclo di cui facciamo parte e che sempre più difficilmente riusciamo ad accettare.

una immagine di Michael Haneke Emmanuelle Riva e Jean Louis Trintignant 620x413 su Amour: la Cura, la Dignità, la Scelta

Un film vastissimo, quindi, la cui lucidità atterrisce, commuove e spaventa. Haneke ci consegna una grande riflessione sulla vita, sulla malattia, sulla morte e su quel sentimento che affronta tutto. Una pellicola bellissima e straziante, che va assolutamente vista e che pone l’attenzione sull’importanza della qualità dei rapporti ma anche, come direbbe una romantica speranzosa, sull’assoluta necessità di vivere.


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