Sto seguendo le vicende della Val Susa con molta apprensione, non so che dire, scrivere o fare. Vorrei andare là, mi frena il costo enorme di un viaggio in treno (ironia della sorte), e dei problemi di salute che ho ultimamente, anche se poi penso: vergogna, ti fai fermare da così poco.
Ho appena sentito al telefono un amico che sta là, un signore sulla cinquantina. Mi ha detto di essere appena uscito dall’ospedale, dov’era finito per le botte prese dalla polizia. Ha raccontato che la polizia inseguiva la gente per il paese, manganellando chi riusciva a prendere. Lui le ha prese dappertutto, anche in testa. In ospedale c’era gente sui cinquanta, settant’anni, mi ha detto, non i più giovani che avevano paura di essere denunciati. Ovviamente tutto questo fa meno notizia di un manifestante che sfotte verbalmente un carabiniere. Di quello si continua a parlare come se fosse un fatto di chissà che rilevanza, del massacro ai danni dei cittadini molto meno.
Sulle ‘aggressioni’ ai giornalisti, la sua versione è più o meno la stessa dei siti no tav: l’attrezzatura con cui i giornalisti si sono presentati li faceva sembrare polizia, non sono stati picchiati ma spintonati e mandati via e, a quanto mi è stato raccontato, costretti a consegnare il materiale. Ora ovviamente i no tav sembreranno ancora di più dei violenti, ma sinceramente ancora faccio fatica a condannare chi fa queste cose: la disinformazione è stata troppo, troppo grande, perché i giornalisti non siano visti come nemici.
I no tav promettono: blocchiamo tutto, e ribadiscono la solidarietà di tutti con tutti, anche quelli che i media vorrebbero ‘isolati’ o ‘violenti’.
Sono piena di rabbia, perché siamo a un punto in cui chi dimostra di avere coraggio, tenacia, impegno, spirito di sacrificio, ogni giorno sotto gli occhi del paese viene picchiato e trattato da criminale, e ancora questa macchina infernale non si ferma.