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Andarsene in nome di quale Dio?

Creato il 05 novembre 2011 da Danemblog @danemblog
Non credo che quel "In name of God, go!" abbia turbato più di tanto Berlusconi.  Molti italiani ci si sono gonfiati la bocca, perché suona bello, soprattutto se abbinato al nome del Giornale da cui viene. Il Financial Times: sono due parole già piacevoli da dire, di per sé. Se ci aggiungi che c'erano scritte cose "che stavano dalla nostra parte", diventa una sorta di lussuria dialettica. Piacere. Devo dire che quando stamattina ho letto il titolo dal virgolettato de Il Post, ci ho riso su, prima di correre al link. Ammetto, che sono stato anche contento di leggere quelle righe, ma avevo deciso di non scriverci niente lo stesso. Non era né il primo, né (ahimè!) sarà l'ultimo, editoriali del genere, per cui...e poi c'era una aspetto che molti - presi a festeggiare con quel certificato internazionale, quello che il Pd diceva a Roma proprio oggi - hanno sottovalutato. Le parole che scrive il FT sono rivolte a Berlusconi, tanto quanto a Papandreu. Ci riflettevo oggi a pranzo, con Roberto (che per chi non lo sapesse, e avete tutte le ragioni per fregarvene, è mio cognato. ndEm). Ed proprio per questo aspetto che scrivo. Mettiamola così. Da sempre ho, e abbiamo tutti noi italiani, visto la Grecia come un'Italia peggiore. Esempio di un bizantinismo politico (cit. Roberto. ndEm), ancora più pessimo del nostrano, dei vizi, della corruzione, del malgoverno e delle bassezze italiche in genere, elevate a potenza. Non mi riferisco alla Grecia post-default, di questi giorni. Mi riferisco alla Grecia storica. A quella che ci ha accompagnato da sempre - età moderna e contemporanea, sia chiaro - fino ad oggi, o all'altro ieri per dire. Questa Grecia è stata sempre considerata come lo spartiacque: al di qua c'è il mondo di un certo tipo (anche se con i propri marciumi di vario genere), al di là ce n'è un altro di un altro tipo, livello, condizione. Al di là della Grecia, per capirci, c'è il mondo della Bulgaria, dell'Albania e via dicendo, tralasciando i confini fisici e geografici. Quel mondo che segna un sottolivello socio-culturale, oppresso dalle dittature, che sta faticosamente ricostruendosi,  il mondo fuori dalle grandi potenze, il Secondo Mondo. Dico questo adesso, senza entrare in disquisizioni sul merito della definizione "Secondo Mondo", e senza ragionamenti su quale in effetti è, il Primo Mondo, per quanto lo resterà e/o con quale legittimazione o forza è stata definita l'attuale situazione e divisione: tutti argomenti davvero interessanti, ma off topic.
Ecco vorrei soltanto soffermarmi sul fatto che in quell'articolo che ha regalato piacere a tanti, c'è anche scritto - nemmeno troppo tra le righe - che gli altri ci vedono in una situazione border line, al limite, al passaggio. E questo mi preoccupa, tutto qua.      
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