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André Perraudin, il padre del genocidio

Creato il 08 aprile 2015 da Dragor

  Pperraudin

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   SE DOVESSI indicare il principale responsabile del genocidio che ha insanguinato il Rwanda ventun anni fa, non esisterei un attimo: André Perraudin.  Tutti gli altri sono stati vittime: gli  studenti, gli intellettuali, i politici, i militari, i preti e i contadini nei quali Perraudin ha inculcato il veleno del razzismo e dell'odio. Per secoli i Tutsi e gli Hutu erano convissuti pacificamente. O meglio, a volte c’erano stati attriti, ma non su base razziale. A nessuno saltava in mente di ammazzare un concittadino perché era Hutu o Tutsi. Come accade in qualsiasi paese, ci si poteva disputare per la terra, per le vacche, per le donne, per i soldi, per una quantità di motivi ma non per la razza. Perché non sarebbero dovuti andare d’accordo? Hutu e Tutsi parlavano la stessa lingua e praticavano la stessa religione.

   MA L'EQUILIBRIO è stato turbato dall’arrivo degli europei, prima i tedeschi, poi i belgi. Entrambi hanno deciso che per controllare il paese dovevano appoggiarsi sui Tutsi. L’idea derivava dal fatto che come nilotici,  i Tutsi assomigliavano agli europei. Così li hanno associati al potere, privilegiandoli nella distribuzione dei posti nell’amministrazione e nelle università. Hanno spedito in esilio il mwami Muzinga che disapprovava la politica divisionista e si opponeva allo strapotere della chiesa cattolica. Hanno insediato al suo posto Charles Léon Pierre Rudahigwa, conosciuto come Mutara III,  allevato dalla chiesa cattolica per essere un suo fedele servo. Una marionetta i cui fili venivano tirati a Bruxelles.

   PER MOLTI ANNI Mutara si è lasciato trattare da marionetta ma nel 1957 si è ribellato. Non sapremo mai il motivo preciso ma possiamo supporre che si sia stancato di farsi mettere i piedi addosso da persone che, dall’alto della sua statura, dovevano sembrargli dei nani. Così nel 1957  ha pronunciato le parole che gli sarebbero state fatali: “Non esistono Hutu o Tutsi ma soltanto Rwandesi.”. Poi ha chiesto all’ONU la partenza dei colonizzatori e dei missionari. La sua ribellione è stata vissuta dai belgi come il peggiore affronto, perché fino a quel momento la loro politica era stata fondata sull’assunzione che non esistevano Rwandesi ma soltanto Hutu e Tutsi. Sapevano bene quale pericolo potesse significare un paese unito per chi pretendeva di tenerlo sotto il suo controllo.

   A QUESTO PUNTO entra in scena André Perraudin, vescovo di Kabgayi.  Incaricato dal console belga di stroncare la ribellione unitaria, riunisce la crema della cultura cattolica rwandese, 9 seminaristi che si chiamano  Maximilien Niyonzima, Grégoire Kayibanda, Claver Ndahayo, Isidore Nzeyimana, Calliope Mulindaha, Godefroy Sentama, Sylvestre Munyambonera, Joseph Sibomana e Joseph Habyarimana.  Come avrete notato, fra loro c'è Grégoire Kayibanda, creatura prediletta di Perraudin, un seminarista che in seguito sarebbe divenuto uno dei dittatori più sanguinari della storia. Sotto la direzione di Perraudin, i 9 redigono il tristemente famoso Manifesto dei Bahutu, la futura Bibbia di tutti i genocidari della regione. Per tirare acqua al mulino di Bruxelles e della chiesa cattolica, nel Manifesto si sostiene un enorme falso storico: i Tutsi, popolo venuto dall'Etiopia, avrebbero sempre trattato gli Hutu come schiavi e sarebbero dei colonizzatori ancora più spietati dei bianchi. Il re avrebbe chiesto l'indipendenza  solamente per dare ai Tutsi la possibilità di sfruttare ancora gli Hutu senza l'interferenza di Bruxelles. Essendo 85 per cento contro il 15, gli Hutu di  pura razza bantu sono l'etnia maggioritaria e deve governare contro gli stranieri Tutsi dal sangue etiopico-semita.  Nell'apologia della razza eletta  che combatte i semiti  è evidente la mano di André Perraudin  che doveva essere un fervente ammiratore di Hitler.  Ovviamente si dichiara dalla parte della democrazia, la maggioranza deve governare sulla minoranza. In rapporto alla democrazia classica il suo ragionamento ha un solo difetto: la maggioranza non è politica ma etnica. E' l'inizio della famosa democrazia etnica.

   IL DOCUMENTO ottiene l'effetto sperato: gli Hutu furibondi si rivoltano contro  i Tutsi e cominciano a massacrarli supplicando i belgi di non partire per non lasciarli in balia degli schiavisti etiopi. Mutara viene assassinato a Bujumbura (Burundi)  da un medico belga mentre si sottopone a un controllo clinico di routine. E non basta, perché i popoli nilotici sono demonizzati in tutta la regione dagli innumerevoli preti nelle innumerevoli chiese. I frati saveriani di Bukavu, in Zaire,  sposano con entusiasmo la causa della democrazia etnica e incitano la popolazione a prendersela con i Banyamulenge, una minoranza ruandofona. In Burundi scoppia una guerriglia etnica fra Hutu e Tutsi.  Grégoire Kayibanda, il delfino di Perraudin, prende il potere in Rwanda e la sua dittatura è costellata di massacri finché  nel 1974 non viene spodestato da Juvénal Habyarimana, il dittatore che getterà le basi del Grande Genocidio del 1994.

   COSI' la regione dei Grandi Laghi, fino ad allora immune dal veleno  razzista, ha perso la sua innocenza a causa di André Perraudin e ancora oggi è teatro di una furibonda guerra tribale che nessuno riesce ad arrestare. Mai, direbbe Churchill, così tanti hanno sofferto a causa di così pochi.  Anzi, di una sola persona. E se credete che dopo il genocidio l'ormai anziano prete si sia pentito di avere seminato la morte,  vi sbagliate. Il suo commento è stato: “I Tutsi se lo sono meritato”. 

    Dragor


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