Alcuni mesi fa il primo ministro inglese David Cameron ha impegnato il suo governo a sostenere il matrimonio omosessuale dichiarando: «Io non sostengo il matrimonio gay pur essendo un conservatore. I sostengo il matrimonio gay perché sono un conservatore», volendo significare che un partito conservatore dovrebbe sostenere un impegno a lungo termine in tutti i tipi di rapporti.
Questa affermazione ha scatenato una petizione in difesa del matrimonio naturale, che ormai ha superato di gran lunga il mezzo milione di firme. Inoltre, un sondaggio effettuato da ComRes ha rilevato che 7 britannici su 10 ritengono che il matrimonio debba continuare ad essere definito come una unione permanente tra un uomo e una donna, e più di 8 su 10 sono convinti che i bambini abbiano migliori possibilità nella vita se vengono allevati dai genitori biologici. Il 75% degli elettori di Cameron sono in disaccordo con la sua posizione sulle nozze gay e qualcuno informa che il primo ministro sarebbe pronto a fare marcia indietro.
Un recente sondaggio, condotto ComRes, ha anche rilevato che soltanto il 50% dei gay e delle lesbiche della Gran Bretagna ritiene importante estendere il matrimonio alle coppie dello stesso sesso, mentre solo il 27% dice si volersi sposare con il loro partner se potesse. Un quarto degli intervistati ha dichiarato inoltre che non vi è alcuna necessità ad introdurre il “matrimonio” gay, perché le unioni civili già forniscono tutti i diritti e privilegi necessari.
Uno di questi “gay contro le nozze gay” è Richard Waghorne, ricercatore in filosofia politica e commentatore su diversi quotidiani anglosassoni, di cui abbiamo già parlato. Ha scritto di temere la caccia alle streghe contro chi osa avere un’opinione differente sull’omosessualità e i rapporti tra omosessuali, invitando gli omosessuali a difendere il matrimonio eterosessuale, in quanto «il matrimonio tradizionale viene ostacolato in nome del popolo gay, con conseguenze per le generazioni future [...] «i bambini devono essere cresciuti da un uomo e una donna». Ha spiegato che da omosessuale, «non mi sento minimamente discriminato per il fatto che non posso sposare una persona dello stesso sesso».
Un altro di questi numerosi omosessuali “contro le nozze gay” è l’opinionista del Daily Mail Andrew Pierce, il quale il 12 giugno scorso ha attaccato il primo ministro Cameron scrivendo: «sta portando arrogantemente avanti una questione che scalda i cuori ai suoi compagni nella elite metropolitana, ma che non interessa i sentimenti di milioni di persone normali che, come ha dimostrato un sondaggio dopo l’altro, sono contrari ad essa». Ha quindi continuato, rivolgendosi a lui direttamente: «signor Cameron, io sono un conservatore e un omosessuale, e mi oppongo al matrimonio gay. Sono un bigotto?». Ha fatto anche altri nomi di noti omosessuali contrari al riconoscimento delle unioni gay, come David Starkey e Alan Duncan, scrivendo poi «nessuno dei miei amici gay vogliono il matrimonio gay come legge».
Ha anche raccontato di essere stato cresciuto in un orfanotrofio cattolico, e «sarò eternamente grato alla Catholic Children’s Society che mi ha affidato ai miei genitori adottivi in una casa amorevole, che mi hanno accudito come uno di loro. Ma, disgraziatamente, queste realtà sono state costrette a chiudere perché la Chiesa cattolica, comprensibilmente, non può accettare il diktat del governo laburista». Pierce fa riferimento al fatto che i centri di adozione gestiti dalla Chiesa cattolica sono stati obbligati dal governo a mettere in lista per le adozioni anche le coppie gay, con la conseguente chiusura di molti di essi.
Nel Regno Unito dal 2005 sono in vigore i Civil Partnership Act, ovvero il riconoscimento alle coppie dello stesso sesso della possibilità di vincolarsi in una unione registrata. L’editorialista omosessuale ha affermato più volte che non c’è affatto bisogno di avere altro, «abbiamo già il matrimonio gay», ha concluso, «si chiama civil partnership. Perché non è possibile fermarsi qui, Mr Cameron?». Non ci sarebbe nulla da opporre ad una tutela giuridica anche in Italia -come ha spiegato anche Francesco D’Agostino su “Avvenire”: «i rapporti di coppia tra omosessuali possono avere una loro tutela giuridica, non però perché simili, ma perché diversi da quelli eterosessuali»-, se non fosse che, come la situazione inglese dimostra, tali unioni civili servano soltanto per fare il primo passo verso il matrimonio e l’adozione omosessuale. Il problema, dunque, non sono tanto le unioni civili (anche se una certa tutela su questioni specifiche potrebbe avvenire anche senza di esse), ma l’inclinazione del piano verso il matrimonio/adozione gay che avverrebbe se si formalizzasse un riconoscimento di esse.