L’altro giorno, riascoltando alcune canzoni dei Beatles, riflettevo su come il perdurare della popolarità di quei quattro ragazzi, a più di quarant’anni dalla loro uscita di scena, dia a volte la sensazione che il loro periodo sia durato molto più a lungo di quanto in effetti non sia stato.
Quello che colpisce, del fenomeno Beatles, è il rapporto fra la durata della loro attività (si tratta in sostanza di sette anni, dall’inizio del 1963, anno del loro primo album, alla fine del 1969) e quella del successo delle loro canzoni, che ancora oggi, a distanza di tanti anni, procurano a chi le ascolta forti emozioni (al netto dell’effetto nostalgia).
Succede un po’ quello che accade con certi scrittori, la cui popolarità dura per molto tempo nonostante che la loro produzione sia limitata ad un periodo di tempo molto breve (a pochi libri, in alcuni casi ad uno solo).
A conferma del fatto che la durata di un fenomeno non dipende dalla sua durata ma dalla sua intensità, dalla quantità di energia che viene liberata nel corso della sua vita (non importa se breve o lunga).
Non è però forse casuale il fatto che il periodo dei Beatles sia caduto nel pieno dei famosi anni sessanta, anni di un’intensità forte, mai raggiunta né prima né dopo, anni che “pesano” molto di più di tanti altri, soprattutto di quelli successivi.
Ciò che, a mio modo di vedere, rende quegli anni assolutamente straordinari, imparagonabili con quelli che li hanno preceduti e seguiti, è la contemporanea presenza, in differenti settori di attività, di altri “fenomeni”, di altri “miti”.
Quando penso a quegli anni mi vengono in mente, per esempio, nel settore del calcio, Pelè, il grande Real Madrid (su tutti, Alfredo Di Stefano), Bobby Charlton, Gigi Meroni, Gianni Rivera, la grande Inter di Helenio Herrera; nel settore del ciclismo, Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Antonio Maspes; nel settore del tennis, Rod Laver; nel settore del pugilato, Cassius Clay; nel settore delle canzoni, Bob Dylan, i cantautori genovesi; nel settore del cinema, Francesco Rosi, Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Luchino Visconti, Pietro Germi, Stanley Kubrick; nel settore della scienza, la conquista dello spazio, l’arrivo dell’uomo sulla Luna, il premio Nobel per la chimica a Giulio Natta (la cui scoperta portò all’introduzione nella vita di milioni di persone della plastica, il famoso moplen), il primo trapianto di cuore; nel settore della politica, John Kennedy.
Ad alcuni potrà sembrare che si tratti semplicemente di nostalgia dei tempi andati, degli anni della giovinezza, ma non credo si tratti solo di questo.
Credo, invece, che l’eccezionalità di quei famosi anni sessanta dipenda dal fatto che in quegli anni, e solo in quelli, tanti settori, diversi tra loro, sono stati interessati da fatti di un livello qualitativo straordinario.
In altri anni, sia prima che dopo, è capitato di assistere a fenomeni altrettanto eccezionali, ma non in così tanti settori nello stesso periodo di tempo.
La contemporanea presenza di esempi di assoluta bellezza, ecco quello che mi colpisce di quegli anni; è come se in quegli anni si fosse liberata un’enorme quantità di energia, un’ondata di vitalità che ha investito i più svariati campi di attività.
Chi ha vissuto in quegli anni ha avuto la possibilità di assistere ad un fenomeno eccezionale, irripetibile, a qualcosa di simile ad un allineamento planetario.
Detto senza alcuna retorica (che odio), è stato bello esserci stati, averli vissuti.