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Anno Domini 1075: i re d’Europa s’inchinano al papa

Creato il 27 novembre 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

È interessante, considerando l’estensione temporale del papato, osservare quanto a lungo esso non abbia avuto ambizioni secolari. È altrettanto interessante osservare il momento in cui tutto è cambiato e capirne le motivazioni reali, legate all’ambizione smisurata dell’Impero Germanico e al terrore della dissoluzione del centralismo della sposa di Cristo. Nelle prossime righe si cercherà di dare un quadro generale di un cambiamento e di un momento fondante della storia europea e del nostro paese che troppo spesso viene completamente ignorato.

Tutto comincia a Roma, caput mundi e città eterna, per un monarca eterno, rappresentante diretto del Dio cristiano: sua altezza il Pontefice, Vescovo di Roma, omaggiato da re e imperatori per secoli. Tuttavia, inizialmente, anche il Papa si trovò ad avere dei pari con i quali doversi confrontare: faceva parte di una “comunità internazionale”, che spesso si discostava molto dalle sue posizioni. La libertà personale dei vari vescovi era molto più forte rispetto a quella odierna, a cominciare dalla quasi totale indipendenza economica e dalla possibilità di scegliere a quale corrente religiosa votarsi. Per fare un esempio molto semplice, si pensi all’eresia tricapitolina, cui aderirono per alcune generazioni (durante il dominio longobardo) i vescovi della Lombardia, del Piemonte e della Liguria, senza che questi ultimi dovessero temere ritorsioni dal vescovado romano.
Questo quadro, molto più eterogeneo rispetto a oggi, era reso possibile dal fatto che il papa non possedesse direttamente tutti i vescovadi a lui sottomessi, mentre aveva l’ultima parola sulle dispute teologiche, come quelle sulla natura del Cristo, che imperversarono nella comunità dei battezzati. Ciò che non lo rendeva il capo indiscusso era la condivisione, insieme ad altri vescovi metropolitani, della predominanza, derivata dall’importanza delle prime comunità cristiane insediatesi in città come Costantinopoli o Antiochia o Alessandria d’Egitto. Queste figure avevano, assieme al vescovo di Roma, potere sulla loro regione e, soprattutto, potevano ordinare nuovi vescovi.

Poiché a Roma era morto S.Pietro, questo bastava a far considerare il papa più importante rispetto agli altri: un sentimento comune che venne sancito nel concilio di Costantinopoli del 381, nel quale venne detta e messa per iscritto la maggiore rilevanza del vescovo di Roma rispetto a tutte le altre diocesi del mondo cristiano.
Dopo il concilio di Costantinopoli il papato non ebbe però vantaggi economici e politici sostanziali. Era ancora sottomesso al potere dell’Imperatore d’Occidente, che lo trattava allo stesso modo del cugino orientale, ovvero come una carica all’interno dell’ordinamento politico dell’imperium con precisi doveri e sottomessa alle logiche del potere temporale. Più un suddito, dunque, che un re.

Con il crollo del potere centrale nel 476 le fonti e i dati si fanno confusi. Siamo sicuri che nel breve periodo tra il crollo dell’Impero e la riconquista bizantina fu l’autorità pontificia a amministrare il territorio romano, d’accordo con il Senato urbano, schema che sarà ancora valido una volta instauratosi il potere degli imperatori bizantini, anche se sottomesso all’autorità dell’Esarca, loro rappresentante diretto.
Il primo passo verso la definizione di un potere regale nel papato avvenne durante le guerre fra Longobardi e Carolingi, che assicurarono al vescovo di Roma dei territori personali, da amministrare a suo uso e consumo (in verità il papa possedeva già qualche possedimento sparso per la Penisola, ma si trattava più di terreni che di territori, eccetto qualche caso di scarso peso politico): l’insieme di questi territori prese il nome di Patrimonium Sancti Petri proprio in onore alla tradizione e al nome della “pietra scartata divenuta testata d’angolo”, sulla quale si fonda molta dell’ideologia del potere papale.
Tuttavia i possedimenti personali non fecero di sicuro del papa il sovrano indiscusso di tutta la Chiesa Cattolica: dopo otto secoli nascevano ufficialmente il potere politico e quello territoriale, ma non erano ancora sufficientemente vasti e solidi per dare quell’immagine di papato a cui noi siamo abituati.

Il cambiamento vero e proprio avvenne nel corso del secolo XI, dopo altri trecento anni, quando alcune circostanze resero possibile il mutamento stesso. Il soglio pontificio usciva da un lungo periodo terribile, chiamato saeculum obscurum, durante il quale i vari papi non riuscirono a resistere all’influenza delle famiglie nobili di Roma e non ebbero peso significativo, se non durante brevissimi periodi. Fu un periodo duro, durato dall’888, anno della morte di Carlo il Grosso, ultimo discendente di Carlo Magno, fino alla metà del secolo XI e che sfigura nella storia di Roma, mostrandoci come il potere e l’ignavia possano corrompere anche l’uomo più saggio; vizi e brutture come simonia, nicolaismo, favoreggiamenti e debolezza spirituale dominarono incontrastati per tutti questi anni. Dobbiamo inoltre aggiungere un particolare: il papa non fu mai considerato, prima dell’emanazione del dictatus papae nel 1075, un sovrano indipendente. Ufficialmente, e probabilmente anche nei cuori della gente, il papa era sottomesso all’imperatore.

Dal 1046 al 1057 si avvicendarono diversi papi tedeschi che scelsero il recupero dell’autorità e del valore dei primi secoli di vita del papato come linea guida; si deve a loro il primo fondamentale passo in avanti per abbattere la corruzione e la predominanza delle famiglie nobili di Roma. Questi papi combatterono la simonia e il nicolaismo, cominciando dunque a riformare il papato a partire dalla filosofia morale. Un passo importante e necessario, sostenuto caldamente dall’Imperatore del momento, Enrico III. All’indipendenza dei vescovi e ai loro costumi inadeguati si rivolsero scegliendo soluzioni sempre più spesso drastiche, quali la sospensione a divinis o la perdita della carica ottenuta; si formò una camera di consiglio composta da vescovi particolari, i cardinali, che smisero di essere i semplici parroci del territorio romano: essa era necessaria per amministrare e governare una Chiesa vasta quanto l’Europa. Morto Vittore II nel 1057 il successivo papa non fu più legato alla corona tedesca, ma bensì alla nobiltà romana e durò poco. Il suo successore, Niccolò II, fu eletto direttamente dai cardinali e aprì una stagione nuova in questo vivace secolo di storia della Curia romana. Il nuovo papa non si limitò a continuare l’opera moralizzatrice dei suoi predecessori, ma, dando prova di un notevole fiuto politico, svincolò l’elezione degli uomini della Chiesa dal potere laico. Solitamente nelle scuole quest’operazione viene definita, specie in relazione a Gregorio VII, lotta per le investiture e viene presentata come la contesa per l’elezione dei vescovi e dei cardinali fra il papato e l’Impero; fu, in realtà, un evento molto più profondo, perché implicava anche l’elezione di tutti gli “ufficiali” della Chiesa, dal prete di campagna fin su nella gerarchia ecclesiastica. Significò il riconoscimento, per certi strati della popolazione, della possibilità di una vita al di fuori del potere temporale dei re e dell’Imperatore, sia politicamente che a livello giuridico. Fu davvero una rivoluzione, fatta di abili manovre politiche e di pazienza secolare, che mutò considerevolmente la vita quotidiana in tutta l’Europa e la sopravvivenza della dottrina cattolica, ormai molto distante da certe tendenze serviliste nei confronti dei re che osserviamo in molti momenti della Storia.

L’epilogo è noto: la lotta per le investiture si risolse in una potente affermazione di predominanza politica in Francia, Inghilterra e Spagna da parte del papato e a un nuovo equilibrio fra quest’ultimo e l’Impero. Il papa ebbe maggior peso politico nei territori della penisola italica e nel ducato di Borgogna, mentre l’Imperatore aveva maggior potere nei territori tedeschi. Era finalmente diventato quello “stato nello stato” che noi oggi conosciamo, nel quale possiamo inserire tutti i cambiamenti successivi. Con questa soluzione, in verità, non si spensero definitivamente i conflitti, che rimasero invece latenti e acquistarono poi nuova forza quattro secoli più tardi, con le rivolte del Quattrocento e la Riforma del Cinquecento. Tuttavia, il papato aveva ormai preso una strada diversa: dal suo periodo più buio si risollevò con una forza nuova e straordinaria, in grado di influenzare e tenere unita l’Europa sotto un simbolo comune, all’epoca antico di un millennio, lanciandola in imprese non da poco, come le crociate o la conquista missionaria dell’Asia e del Nuovo Mondo.

A cura di Flavio Domiziano Utzeri

Tags:Cardinali,Gregorio VII,Lotta per le investiture,papa,Papato,roma,vescovo

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