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Alleggerire, decentrare e depistare la fantascienza attraverso il dramma.
Le due tracce si rivelano entrambe valide per una completezza reciproca. Nel film di Cahill, ennesimo prodotto sundanciano, i due generi sono simmetrici e fondamentali per l’economia complessiva dell’opera: se fosse stata solo la storia di un pianeta che si avvicina alla Terra si sarebbe scaduti in una banale science fiction; se fosse stata solo la storia di una Rhoda qualunque che cerca di ricomporre la sua vita liberandosi dal macigno dell’assassinio non ci sarebbe stata la forza di elevarsi dalla mediocrità di tanti altri drama. Il dialogo tra i due generi è perciò sostenuto, e sebbene l’aspetto drammatico faccia scivolare più volte in secondo piano quello fantascientifico, esso risulta sempre “visibile” nella rappresentazione scenica che non lesina mai l’immagine di Terra 2 lassù nel cielo. Dialogo e rispetto nel non avanzare l’uno sull’altro, equilibrio e riflessività, dramma e fantascienza si osservano cortesemente come uno specchio che riproduce il volto che gli sta davanti, come due pianeti gemelli che si guardano da lontano.
È chiaro che di primo acchito (ma anche di secondo) solo che la locandina riporta con insistenza a Melancholia (2011) di von Trier. Pensandoci su è abbastanza curioso che due registi abbiano avuto nello stesso momento storico due idee parecchio avvicinabili, ad ogni modo le pellicole pur avendo punti più o meno fermi di contatto – lo scenario semi-apocalittico di un cielo occupato da altro che non siano le solite stelle, il corpo nudo di Rhoda come quello di Kirsten Dunst –, divergono essenzialmente nell’attribuzione di significato fornito al corpo celeste. La seconda Terra non è un gigantesco pianeta dalla massa umorale/depressiva pronta a frantumare il nostro sassolino azzurro, bensì una copia totalmente conforme all’originale (ma come giustamente dice John chi è la copia di chi?) che ritrasmette come una superficie riflettente l’intero pianeta, il suo satellite, e tutti i relativi esseri umani.
Quindi Terra 2 è responsabile dello scontro mortale? A livello epidermico si potrebbe rispondere di sì visto che Rhoda è distratta proprio dalla visione di quel puntino luminoso, ma in realtà la colpa è solo della ragazza che fissando quell’astro si è semplicemente vista dal di dentro, e la colpa va pagata con il giusto contrappasso: pulire pulire e pulire insieme ad un collega, un saggio, che trova nella cecità autoindotta la soluzione più radicale e forse anche più umana: osservare Terra 2 (osservarsi all’interno) fa davvero paura.
Mike Cahill, vero factotum del caso poiché sceneggiatore, produttore e regista qui alla sua prima prova nel lungometraggio, propende per un ritmo sinusoidale che alterna rapidamente momenti di quiete a ripide aggressioni quasi videoclippare (i flashback). La scrittura non è esente da sbavature, vedasi l’instaurazione del rapporto sentimentale che scivolerà nel carnale tra vittima e carnefice, una forzatura per impepare il racconto di cui si poteva fare a meno, cosiccome ad un’analisi minuziosa emergeranno incongruenze scientifiche (ignorantemente: due masse del genere così vicine non dovrebbero provocare un delirio magnetico?) e narrative (una: se John va sul nuovo pianeta non troverà lì il suo doppelgänger a capo della famiglia?). Insomma, alcuni elementi di rottura ci sono, ugualmente però Another Earth forgiandosi sui due registri citati all’inizio e utilizzando solo in apparenza l’idea che il nuovo mondo sia qualcosa che non si conosce poiché non appartiene, compie una ricerca sull’alterità, su ciò che è Altro da me, che è diverso, per annunciare in conclusione che another non è che Io.
Ergo: guardate il cielo, guardatevi dentro.
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