Capo Tiburon, aprile 1669 Era il Tagliagole, l’uomo che avevano soccorso quella sera. I due ragazzi rientravano dopo il lavoro e, inaspettatamente, in mezzo alla strada, avevano scorto un corpo coperto di stracci, sanguinante e immobile. A prima vista sembrava un cadavere. Conrad e Jerry si erano chinati sul corpo esanime, per pietà, non certo immaginando che si trattasse del loro vecchio compagno di scorribande. Conrad l’aveva riconosciuto per primo, Jeremy aveva stentato, forse perché conservava in sé l’immagine di Mathias Wilton com’era la prima volta che l’aveva visto, con i capelli catramati, gli abiti polverosi ma dignitosi, il sorriso bieco, gli stivali… I suoi famosi stivali, che qualcuno aveva cercato di strappargli dai piedi. All’apparenza pareva una rapina, ma come poteva esserne certo, dato che l’uomo era privo di conoscenza? Conrad se l’era caricato in spalla, dopo un giorno a trasportare casse al porto, il peso di quel mucchio d’ossa pareva una fesseria. Senza scambiarsi parola l’avevano portato alla baracca. Claire si era occupata di lui. Una volta ripulito dal sangue e costatato che era stato picchiato fin quasi a morte, Conrad e la ragazza l’avevano fasciato e immobilizzato al letto tramite delle steccature, mentre Jeremy, con la piccola Margie, si era allontanato lungo la spiaggia. Hudson era sconvolto: dentro di sé sentiva che era colpa sua, se Wilton era stato quasi ucciso di botte, se gli avevano ridotto le mani a rampini. Di certo c’entravano Barrancas e gli scagnozzi di suo padre. Lui stesso si teneva nascosto, dopo la fuga da Baia Escocesa verso Puerto Plata, nel timore di ritorsioni. Sembrava passata una vita da dicembre… ma da quella notte tutto era cambiato e lui per primo! Rigirandosi gli stivali fra le mani, Jerry si sedette sulle barche in secca e mentre Margie sonnecchiava sulla sabbia, alla luce del lume aveva tentato di ricucire l’unico vanto del Tagliagole, le fibbie d’argento che qualche balordo aveva tentato di rubare. Dandosi da fare con ago e cuoio, il diciannovenne si ritrovò a piangere, pensando alle sorti del caro amico che gli aveva insegnato tutto nel lungo anno passato assieme, sulle vie polverose di Isla Hispaniola. Un anno in cui l’incauto Jeremy di Greenville, marinaio semplice, scaricatore per necessità, aveva vagabondato al soldo di un tiranno come Barrancas, senza rendersi conto della protezione silenziosa e costante di Mathias Wilton, che ora combatteva fra la vita e la morte, solo per aver abbassato la guardia, lasciandolo fuggire. La notte calò d’improvviso, Jerry alimentò il lume, accanto a Margie addormentata. Si strappò le unghie e si bucò le dita, lavorando sulla tomaia indurita, macchiando anche del proprio sangue la pelle scura e opaca dei calzari, pensando e ripensando al passato, a ciò che era stato, agli inganni di cui si era nutrito restando al servizio di Barrancas, ai privilegi di cui era stato inconsapevole, all’odio puro che covava verso Richard Strafford e tutti i bastardi come lui. Hudson, quel nome di comodo, scelto osservando una carta geografica, quel nome che lui aveva portato con orgoglio, avrebbe trovato nuova gloria, perché in qualche modo lui l’avrebbe fatto risplendere come quelle fibbie d’argento, vendicando tutto e tutti! Vendicando sua madre, nonno Jeremy, la nonna Grace, vendicando i genitori di Joshua, quelli di Conrad, vendicando il bambino sciocco e ingenuo che era stato, quello stupido, idiota, Jerry sognatore! In preda al furore gettò lontano gli stivali, mentre il groppo in gola gli straziava l’anima, facendolo prorompere in singhiozzi. Pianse Jerry, quella notte. Pianse come aveva fatto un tempo per suo padre, ma questa volta era per il Tagliagole, che non l’aveva mai abbandonato, che gli aveva coperto le spalle, che le aveva prese al posto suo. Il Tagliagole che forse era morto, il Tagliagole, cui non avrebbe potuto chiedere scusa, né ringraziare. Solamente più tardi, il ragazzo recuperò i gambali, prese in braccio la piccola Margie e a passi lenti rientrò in casa. Claire se n’era andata, Conrad sonnecchiava nel suo cantuccio e gli consegnò la sorellina fra le braccia. In silenzio assoluto, Jerry lucidò gli stivali e li mise in fondo al letto, pronti per essere calzati, quindi sedette al capezzale di Mathias Wilton che ancora non aveva ripreso conoscenza, ma sembrava dormire. Osservò la faccia tumefatta dell’amico, il labbro spaccato, le dita rotte fasciate e gonfie, le pieghe ironiche del sorriso che ora sembravano esprimere disgusto, e ricordando la sua risata prorompente, il ragazzo si quietò. Decise di attendere, non c’era null’altro che potesse fare, Jeremy non era solito lamentarsi, sapeva ritrovare la speranza in qualsiasi frangente. Di certo sapeva che, in un modo o nell’altro, avrebbe fatto giustizia. foto dal web
Pubblicato da blanca.mackenzie | Commenti Tag: pirateria la scelta di jerry 166