Taverna del Grillo Alegre, Isla Tortuga, 1671 Era inutile, e Blanca si sarebbe messa a piangere. A dire il vero le lacrime stavano per cadere: era la terza volta che sistemava i nastri del busto, la prima allacciatura era troppo molle e quella dopo decisamente troppo stretta, era impossibile vestirsi da sola. Strattonò il vestito, l’unico che possedesse. Ricordava il bel colore aranciato di quell’abito, il capitano Teague lo aveva confiscato anni prima a un mercantile spagnolo e glielo aveva donato anche se era un po’ troppo grande, per lei. Blanca e l’abuela lo avevano conservato per quando sarebbe cresciuta un po’, avevano ricamato belle storie attorno a quell’abito prezioso, era stato il sogno di molte notti, quella stoffa frusciante! Alla morte della nonna però, la pratica Tia Dolly l’aveva fatto tingere da alcune amiche, immergendolo per giorni in un infuso di corteccia di noce, robbia, reseda, quercia e rovo e chissà quali altre piante. Il colore nero così ottenuto, era stato poi fissato al tessuto tramite uno strano mordente a base di ferro, almeno così le aveva spiegato zio Seamus mentre Blanca, triste e rassegnata, ripensava al bell’abito rugginoso che non avrebbe mai più indossato. Erano passati quattro anni, ora ne aveva dodici e l’abito era lo stesso, il colore non era più corvino, aveva preso sfumature rossastre e brune, nei punti più lisi. La bambina ne aveva allungato l’orlo, rattoppato gli strappi e, crescendo, aveva cambiato i nastri del corsetto ma il busto a imbuto non avrebbe continuato a contenere il suo petto che, sebbene esiguo, presto, avrebbe finito con lo strabordare. Inutilmente si copriva con lo scialle, gli occhi degli ubriachi la passavano in rassegna, il fondo dell’abito non le copriva le caviglie coperte di lividi, le maniche erano prive di gale, strappate durante le lunghe escursioni con la banda di Field, i rattoppi somigliavano a nodi di filo, poiché zia Dolores non si curava più di lei, da quando aveva litigato col fratello. Blanca era disperata, seduta sul gradino che divideva le due stanze di casa, regolava l’ampiezza dei nastri del busto, sapendo che il padre la aspettava di sotto, già furioso per il ritardo. La ragazzina abbassò lo sguardo sul seno abbozzato: che se ne faceva di quelle cose? Sembravano interessare solo ai maschi, ma a causa di quelle, non era più invitata alle gare di sputi, né i più piccoli le chiedevano di insegnar loro a lanciare i coltelli, che una femmina non le sa fare, quelle cose… All’emporio vendevano partite di stoffa magnifica e Hester Field le avrebbe fatto confezionare un abito per pochi soldi, glielo aveva detto apertamente, ma Blanca aveva finto di non sentire, accusando il colpo in silenzio. Il problema era la vergogna: non poteva parlare di certe cose con papà, né tantomeno indebitarsi o vivere della carità della signora Field. Il giorno prima anche Gid Deveroux le aveva suggerito di vestirsi meglio. Non che fosse stato offensivo, Gid era suo amico da sempre, avevano la stessa età, e Blanca era molto affettuosa con Magda, la sorellina minore del ragazzo. Blanca sapeva che Gid glielo aveva detto senza cattiveria, solo come un suggerimento, lei però si era messa a piangere silenziosamente e l’amico si era imbarazzato molto e, allontanandosi l’aveva lasciata da sola. Blanca era disperata, ma sapeva che Carlito non l’avrebbe giudicata dagli abiti! Nessuno doveva farlo, perché se non aveva possibilità di cambiarli, se Sean Mackenzie non la smetteva di bere, perdere al gioco e spendere con le donne tutto il guadagno, lei avrebbe potuto permettersi un abito decente! Carlito era lontano, si era imbarcato da meno di un mese sulla Mariposa, e a Blanca premeva anche il giudizio dell’amico fraterno, ma avrebbe racimolato i soldi in qualche modo, avrebbe smesso di tenere la schiena curva per non mostrare quel che le cresceva davanti… Asciugando le lacrime con rabbia, tese il busto dell’abito pensando che le soluzioni erano due: o non respirare comprimendo il torace, oppure rassegnarsi a indossare il corsetto quasi slacciato, nascondendo la modesta sottoveste con lo scialle nero. Se solo ci fosse stato qualcuno ad aiutarla! Il papà non vedeva, che non riusciva più a piegarsi? Jack Marlow non la guardava come faceva con le altre ragazze, perché era conciata come una stracciona, e di questo la ragazzina ne soffriva un sacco perché Jack era proprio carino… Peggy e Lizbeth le avevano fatto provare i loro abiti, le avevano detto che, se si fosse avvicinata alla Casa del Cacao, avrebbe racimolato in fretta i soldi che le servivano, ma Blanca non voleva, perché aveva paura. La paura vinceva su tutto, persino la vergogna sarebbe riuscita ad accantonare, ma quel terrore che le ghiacciava le vene e la paralizzava, non le avrebbe permesso di finire al bordello. Udì i passi di suo padre sulle scale, spaventata corse nella stanzetta che era stata del nonno e s’infilò la gonna e il corsetto, il cuore le batteva forte, mentre allacciava i nastri sul fianco, le dita scivolavano tremanti, mentre suo padre entrava: -Blanca! Ven aquí!- La bambina si affrettò e la prima cosa che ricevette fu uno schiaffo che le fece esplodere lampi negli occhi: -Ancora non sei pronta?Mírate! Mujer vanidosa, como tu madre! Scendi che c’è gente da servire!- Mentre la ragazzina imboccava le scale, il calcio di Sean non la raggiunse per un pelo, ma la furia del padre le lasciò un’impronta polverosa sul retro della gonna, come il marchio su un animale che scappa. In effetti, voleva fuggire da quello squallore, e avrebbe trovato il modo per andarsene! Avrebbe chiesto a Charlie, quando fosse tornato, Carlito le avrebbe trovato un passaggio in nave e suo padre avrebbe pianto, senza sapere più nulla di lei! Nascondendo le lacrime nei capelli, che non aveva avuto tempo di intrecciare, la bambina prese a sistemare la paglia in terra, con la gola serrata dal dolore e l’infinita tristezza, incurante delle occhiate di quelli seduti accanto al focolare. disegno copyright Amelia Kalbi
Pubblicato da blanca.mackenzie | Commenti Tag: blanquitaMagazine Libri
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