Magazine Poesie

Antonio coppola ospite della rubrica di poesia

Da Lindapinta

Antonio Coppola è nato a Reggio Calabria vive a Roma dal 1970. Si laurea all’Università di Roma La Sapienza in Lettere Moderne, giornalista-pubblicista dal 1972: ha scritto su quotidiani Nazionali, quali: Momento sera, Avanti, Il Secolo, Giornale d’Italia, Giornale di Calabria e riviste: La fiera Letteraria, Il Veltro, Libri e riviste d’Italia, La Vallisa, Capoverso, Lettere Meridiane, Quaderni di Rassegna Sindacale e Medicina dei Lavoratori (editi dalla CGIL). Ha pubblicato Terre al bivio; Frontiera di maschere; (con pref. di Saverio Vollaro) in successione: Caro Enigma, A colloquio con il padre, La memoria profonda, Da Emmaus le parole, Morte ad Halabja, Gli angeli del Bonamico, La Poesia nella Scuola (incontro con l’autore), L’ombra dei gigli infranti, Nei vivai di Dio. Ha vinto dieci primi premi di poesia e quattro di giornalismo. Di recente (a cura di Coppola) esce La luce trasgressiva e, successivamente, Voci contro nella poesia contemporanea italiana e straniera. Ha fondato ed è direttore responsabile de I fiori del male prima “foglio di poesia” poi Quaderno quadrimestrale di Poesia Cultura letteraria e Arte. Gli sono state dedicate due monografie di approfondimento alla sua opera poetica, la prima di Maria Grazia Lenisa, l’altra, più recente, da Francesco Dell’Apa. Ha scritto saggi su autori italiani e stranieri. Della sua poesia si sono interessati: Gatto, Sinisgalli, Barberi Squarotti, Petrucciani, Ulivi, Grisi, Vallone, Matz, Machiedo, Mauro, Frattarolo, Manacorda.

Amare La Terra

Ancora più vicino il paradiso

voglio toccarlo nel suo essere

tra cielo e angeli, nella corsa o nel declino.

Amare la terra più del paradiso

è quello che mi sono prefisso

ora che i venti incrociano il mare in festa.

Voglio vederlo il paradiso per filmare

la polvere dal pendio dell’abisso.

Oh luoghi ameni di passi e meraviglie,

diverso era l’istante dove alte volano

le aquile a contatto con l’Iddio.

Cerco l’intangibile, la breve salvezza

O Mater itineris degli eterni silenzi.

Dove stai, in quale festa di angeli,

isolata nell’infinito? Tutto è luce, ti mostravi

sul leccio “mi dicesti: vengo dalla morte

quella morte non conclusa”, il paradiso

è il cielo dove vivo ora. Qual’erano i progetti,

la torre, le magnolie? Il paradiso non è

la semplice impalcatura dove abita la mente

ma il transito di quello che riusciamo a ricordare.

Guardami o Madre: risorgeranno i nostri morti?

In questo andare fuorimano tra rifiuti

di lamiere, per simmetrie di giorni dove

s’impazzisce e si brucia, quale oscuro presagio

m’attende dalla Terra inospitale?

L’amore è morto

L’amore è morto, steso come lenzuolo

dovunque va a morire non c’è posto

è caduto da uccello di passo, strangolato

a sangue freddo, proditoriamente.

L’amore è morto: in ogni istante i caprioli

hanno la morte sotto gli zoccoli;

non rovistate i nidi nascosti dagli alberi,

il sapore della vita appena nata.

L’amore è morto nelle mani, nei baci,

nel profilo di nebbia del tuo viso.

L’amore è morto ai poeti che impugnano

chitarre e cantano nenie al vento.

L’amore è morto ovunque andiamo

a cercare il sale di un oceano morto.

Chi ha ucciso l’amore, io sogni, mio Dio

di pace e solingo. L’amore è dunque insalvabile?

L’amore è morto per un istante eterno

così la prima volta Ahrs mi parlò: “l’amore

è la mia adolescenza che biancheggia remota

che passa da fremito in fremito fra i rami”.

L’amore è morto, è un rombo lontano,

sei tu quello che sanguina come icore

degli dèi che cola dalle crepe della Terra?


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