Appena Riccardo ed Emma lasciarono la locanda, Ginevra decise di approfittare di quelle ore per curiosare un po’.
Era un sabato pomeriggio sonnolento in cui la neve, che cadeva ormai già da alcune ore, sembrava dilatare il tempo.
La locanda era sprofondata nel silenzio, gli ospiti che aveva visto a pranzo si erano dileguati, forse per abbandonarsi a un pisolino pomeridiano. Ginevra entrò in quella che una targhetta in legno sistemata accanto alla porta a vetri descriveva come la stanza della lettura. Era splendida, senza dubbio alcuno. Si respiravano storie tra quelle mura, l’odore penetrante della carta – alcune pubblicazioni erano piuttosto datate – si mischiava assieme a quello della legna che ardeva nel camino. Fece scorrere le dita tra i vari dorsi, piegando la testa ora a destra ora a sinistra, in base a come erano stati stampati i titoli. Man mano che leggeva di quell’imponente collezione, si rese conto che i volumi erano stati organizzati per genere e quindi per data di pubblicazione, da quelli più vecchi, forse regali, lasciti o magari frutto di frequenti incursioni nei mercatini, a quelli più recenti.
Capì di trovarsi di fronte al settore del noir, del thriller e affini. C’erano anche i libri di suo padre… Tutta la trilogia con la quale aveva riscosso un discreto successo. Alla vista di quei testi, Ginevra cercò di trattenere le lacrime. Era riuscita per qualche ora a non pensare a lui e, adesso, in quel posto così lontano da tutto, per ironia della sorte, ne percepiva quasi la presenza. Smettila, si disse, lui è uno scrittore, no? Qui, si parla di libri, e quindi è plausibile che ci siano anche i suoi!
Debolmente rinfrancata da quel tentativo di auto convincersi che le cose vadano lette per quelle che sono, ricacciò indietro le lacrime, ma non fece in tempo a riprendersi che il suo sguardo fu attirato da una copertina che conosceva sin troppo bene. Su uno dei divanetti disseminati un po’ in tutta la stanza, qualcuno aveva lasciato una copia di La libraia dai capelli rossi. Ginevra si avvicinò in preda a una rabbia sorda, il respiro si fece più affannato.
tratto da LA LOCANDA DELLE EMOZIONI DI CARTA
di Viviana Picchiarelli
a cura di Costanza Bondi
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