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Apple e Fb pagano il congelamento degli ovuli: è vero progresso?
Creato il 17 ottobre 2014 da AnimabellaA una più diffusa disapprovazione andrebbe incontro quella donna che, in assenza di particolari condizioni mediche, decida di congelare i propri ovociti semplicemente perché non si sente ancora pronta per essere madre, ma non vuole che il proprio futuro sia determinato esclusivamente da quell'inesorabile orologio biologico che ogni donna sente ticchettare dentro di sé. L'idea di una piena autodeterminazione della donna in campo riproduttivo non è ancora stata digerita completamente dalla società, nonostante le battaglie sulla pillola anticoncezionale e l'interruzione volontaria di gravidanza degli anni Settanta.
Sembrerebbe dunque particolarmente illuminata e progressista la scelta di due colossi dell'informatica, come la Apple e Fb, di coprire le spese mediche per la crioconservazione degli ovociti delle proprie dipendenti, per consentire loro di dedicarsi alla carriera e posticipare a un secondo momento la desiderata gravidanza. Un sostegno all'autodeterminazione delle donne lavoratrice, apparentemente. Ma, a ben guardare, ha del perverso l'idea che i progetti di vita delle persone si debbano piegare alle logiche di un'organizzazione del lavoro irrazionale, che non concepisce la vita delle persone nella sua totalità, ma a compartimenti stagni: oggi la carriera, dopo la famiglia. La famigerata conciliazione lavoro-famiglia – ossia, per la stragrande maggioranza delle persone, semplicemente la possibilità di tenere insieme la propria vita tout court – non può passare per un adeguamento dei progetti e dei desideri delle persone al lavoro, ma esattamente per il contrario. È il modello organizzativo del lavoro che deve piegarsi per diventare strumento di piena realizzazione personale.
A coprire le spese mediche della crioconservazione degli ovuli, come anche della pillola, dunque, in un mondo ideale, dovrebbe essere lo Stato, a reale garanzia della libertà individuale, e non le aziende, che hanno un palese interesse (almeno quelle miopi, che sono purtroppo la maggior parte) a ritardare quanto più possibile le gravidanze delle proprie dipendenti, magari nella speranza che il desiderio nel frattempo passi. Su questo punto è pero necessario che la società contemporanea si metta d'accordo con se stessa: o mettere su famiglia è diritto inalienabile delle persone, che devono poter pianificare in completa libertà e autonomia la propria vita, oppure si ammetta che questo sistema produttivo e di organizzazione del lavoro è intimamente incompatibile con il “diritto alla felicità” di cui ciascuno di noi è titolare. Se si sceglie la prima opzione, allora si mettono in campo tutte quelle politiche che consentono alle persone – donne e uomini (perché la summenzionata questione della conciliazione lavoro-famiglia non è una questione femminile) – di organizzare la propria vita nel modo più libero possibile. Se si sceglie la seconda, saremo costretti a riconoscere che la cura della famiglia e il lavoro sono incompatibili e a tornare a una netta separazione dei ruoli tra chi va a caccia in cerca di cibo e chi rimane in caverna ad accudire la prole.
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