Stanotte ho sognato di guardare la televisione. Una cantante si dava ai suoi vocalizzi e, sugli acuti, le si apriva un bel terzo occhio (azzurro) sulla fronte, che si richiudeva scomparendo subito dopo.
La cosa strana non stava tanto nel terzo occhio, che potrebbe essere dovuto alla rivelazione che “La new age torna di moda”, della mia amica che scrive un libro sugli anni novanta. No. Nemmeno nel colore, un azzurro algido che contrastava parecchio con le altre due iridi calde e marroni. Né nell’apparizione conseguente alle note acute.
Quando si cade nel sonno costretti dalla stanchezza di troppe notti in bianco, è più che lecito aspettarsi un po’ di surrealismo.
Il fatto strano era che stessi guardando la televisione.
L’ultima volta che ho seguito un programma, almeno per metà, non la ricordo. Non mi va di stare seduta e aspettare che qualcun altro batta i tempi di ciò che mi accade nella mente. Parlami di fiction, film, reality, di trasmissioni culturali o trash, di intrattenimento, di tribune politiche. Non ne so nulla. Non ne potremmo conversare.
E non mi sento defraudata di qualcosa. Se ho un po’ di tempo, di fiction, film, reality, approfondimenti culturali, fenomeni trash, intrattenimento, politica, io leggo. Guardo on-line, Scrivo. Penso. Parlo. Ascolto. Dialogo.
Vivere in prima persona riserva tante di quelle sorprese.
…Il mio protagonista non è morto! Ho iniziato a intuirlo stamattina, tra pagina 461 e 463 quando, dopo l’estrema unzione, l’eroe chiama l’infermiera che gli mette il catetere Catheterina.
Mi chiamo Kathy
Dobbiamo smetterla di vederci così
Zitto adesso. Riesce a raddrizzarsi un po’? Si raddrizzi un po’.
Cerchi di controllarsi. Per Dio.
Non ha nemmeno la febbre, lo so che è tutta una messinscena.
Sento dell’acqua scorrere.
Zitto.
Mai visto un culo più bello.
Mai visto nessuno eccitarsi con un catetere.
Mi vuole sposare?
Certo.
e la conferma è arrivata nelle ultime nove pagine, dalle quali ho appreso:
a) che per rinascere bisogna saper onorare il proprio desiderio di vita, ma anche riprendere il cammino su nuove strade, dopo essersi spogliati di tutto,
figure del teatro d’ombre
perfino di sé stessi,
vane parole nel vento
b) che solo un attimo dopo aver compiuto questo semplice atto, l’umanità ci viene incontro inattesa, e si accorge e si prende cura di noi.
E a quel punto sappiamo accettarlo. E dire grazie. E, chissà (ma questo il libro non lo dice), magari, presto o tardi, restituiremo il gesto.
Cormac Mc Carthy, per i miei gusti forse troppo altalenante tra il visionario iperaggettivato e la crudezza chirurgica, mostra l’essere umano com’è, e centra il bersaglio. Non so quanto ci ho messo a leggere Suttree*, fatto sta che nessuno mi correva dietro. Ed è stato come aprire un terzo occhio. Non avrò visto auree, ma molte aurore sì, a occhi aperti e chiusi.
E ora avanti un altro.
O altri due, c’è spazio e tempo a sufficienza.