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La sincerità del brand

Da Marcofre

Per iniziare a definire meglio il proprio brand (come ho detto nel post “Sei già un brand”: se sei sul Web, lo sei già, devi solo cominciare a costruirlo), occorre mettersi al lavoro sulle proprie peculiarità. Con questo, intendo soprattutto ciò che gli altri direbbero se dovessero parlare di te, o raccomandarti.
Chi sei?

 

Sei un tipo serio?

Affidabile?

Preciso?

Ombroso?

Pignolo?

Solitario?

Aristocratico?

 

Attenzione: non devono essere qualità “positive” a tutti i costi, ma le tue: quindi positive e negative. È necessario il massimo della sincerità, altrimenti si rischia di costruire un’immagine nella quale sarà impossibile rispecchiarsi. Costruire un brand che per esempio sia solo “luminoso”, sicuramente impressiona e seduce.

Ma se non risponde alla realtà, il primo a esserne scontento, alla lunga, sarai proprio tu.

Gli esperti consigliano, nel processo di definizione del proprio brand, di fare un elenco delle proprie qualità. Esatto: prendere un foglio di carta e scrivere quello che noi siamo, senza mentire o esagerare.

Se dico “Cormac McCarthy” oppure “Charles Dickens”, è evidente che mi balzano in testa una serie di aggettivi che collego a costoro. Non li conosco neppure (e come potrei conoscere il buon Charles? È defunto da un bel pezzo). Però conoscendo il loro lavoro, la loro scrittura, posso farmi un’idea precisa di che cosa essi siano.

L’americano mi comunica una solidità che non ha paura di guardare in faccia a una realtà (statunitense) piena di violenza, e pur senza giudicarla, cerca di comprendere, o meglio. Di raccontare perché sia da monito agli altri. La scrittura di Cormac McCarthy è di uno scrittore che chiama con il suo nome le cose (ed è meno scontato di quel che sembri), certo solido ma che osserva con orrore lo sgretolarsi di una società dove la violenza ha preso il controllo di ogni cosa.

Non è la legge della giungla che domina, ma qualcosa di peggio, perché la legge a qualcosa fa riferimento. Per McCarthy, mi sembra, c’è la giungla senza alcuna legge.

Dickens è un uomo che ha sofferto, che non ha superato le umiliazioni dell’infanzia. Che adora il contatto con il pubblico, per il quale sente un amore viscerale. Per questo, e per una certa speranza nella bontà dell’essere umano, scrive romanzi intricati (meravigliosamente intricati), dove il male esiste, è feroce, ma viene messo in un angolo.
A scegliere il bene si fa sempre bene e, a parte l’ultimo periodo della sua vita, dove lo scrittore inglese vira verso toni più cupi, le sue storie spesso sono edificanti.

Come dicono gli esperti: il brand è una promessa.

 


 

Prima la storia, poi il lettore.


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