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Archeologia e Fantastico: Stapledon e il Mito dei Cinque Soli

Da Amduscia

Senza scendere troppo nel dettaglio, gli anni'20 e '30 del 1900 costituiscono un periodo molto prolifico per la letteratura fantastica e, in parallelo, per il mondo dell'archeologia.
W. Andrae porta alla luce nel 1914 le rovine di Assur, centro religioso e antica capitale degli Assiri mentre nel 1933 un nutrito gruppo di archeologi francesi libera dalla polvere del deserto le rovine della mitica città di Lagash, importante centro culturale sumerico risalente al II millennio a.c
Simultaneamente, all’altro capo del mondo, la fine della Rivoluzione Messicana porta i neo-governi centroamericani ad interessarsi all’archeologia allo scopo di veicolare per mezzo di opere grandiose i messaggi più rappresentativi della rivoluzione, gettando un nuovo sguardo sui riti e i costumi dei popoli aztechi, nauha e toltechi. E' impossibile escludere che la scoperta di nuove e meravigliose città nella sabbia, di imponenti tehocalli e di mastabe sepolte non abbia catturato la fervida immaginazione di molti scrittori impegnati nel campo del fantastico e della fantascienza.
.Archeologia e Fantastico: Stapledon e il Mito dei Cinque Soli   Una ricostruzione delle mura e delle porte
   di Assur da un disegno originale di W.Andrae

L'apporto della mitologia dei popoli antichi, in certi casi, è più che consistente.Non è casuale, forse, il fatto che Lovecraft inizierà la sua carriera scrivendo "Dagon", il suo primo e fortunato racconto. nello stesso periodo in cui le scoperte in mesopotamia porteranno gli archeologi a imbattersi in un misterioso "Dagon", descritto nell'antico testamento come Dio della Fertilità presso i Cananei. D'altro canto anche R.E.Howard, quasi un decennio dopo Lovecraft, ambienterà le storie del selvaggio  Conan in un periodo antecedente al Diluvio in cui una barbarica umanità è impegnata a lottare contro bestie mitiche e arcani poteri ancestrali, un  periodo di poco precedente alla scoperta dei più antichi manufatti sumeri risalenti al 5000 a.c.
Archeologia e Fantastico: Stapledon e il Mito dei Cinque Soli   Un esempio di Muralismo Messicano, Diego Rivera: veduta di Tenochtitlan
Questo nuovo impulso ad interessarsi di storia e di archeologia da parte di certi scrittori e romanzieri, impulso già presente nell'aristocrazia  e borghesia europea che bisogna far partire dal 1700 in Francia, con la nascita del Classicismo ,e proseguire più forte per tutto il XIX secolo dietro l'onda dei meravigliosi ritrovamenti di tombe e manufatti in Egitto, non può esclusivamente essere descritto con le parole di Gianni Pilo e Sebastiano fusco, come "l'ultima spiaggia sicura su cui rifugiarsi: la storia*" intesa come fuga dalla realtà, è piuttosto lo spregiudicato tentativo di analizzare la storia attraverso la lente della modernità.Archeologia e Fantastico: Stapledon e il Mito dei Cinque Soli
Copertina delle Ed.Delcourt de "La guerra del Fuoco", romanzo di W.Rosny del 1909

Olaf Stapledon e William Rosny fanno parte di quella generazione di scrittori che si servono della mitologia e degli antichi "miti creazionisti" per interpretare la realtà moderna allo scopo di veicolare potenti messaggi, ancora attuali nelle loro applicazioni.
STAPLEDON: 5 SOLI E 12 SPECIE
Partiamo ora con l'analizzare uno dei romanzi più belli di Olaf Stapledon, maestro della fantascienza: Infinito ("Last and first men"), pubblicato in 1a edizione nel 1930. Fra le pagine in cui descrive le varie trasformazioni ed evoluzioni della specie umana in un arco compreso di due miliardi di anni nel futuro non è possibile non effettuare interessanti parallelismi col mito creazionista dei "cinque Soli" di provenienza Azteca.Secondo il mito, l'umanità sarebbe stata creata e distrutta per cinque volte come conseguenza dell'avvicendarsi delle potenti divinità meso-americane (in arco temporale:i quattro Teztcatlipocas, Quetzalcoatl, Tlaloc, Acuecucyoticihuati Moglie di Tlaloc e Teztcatlipoca Nero) al Trono del Sole. In accordo con la feroce e vendicativa mitologia Azteca, l'umanità sarebbe stata distrutta più e più volte a seguito della capricciosità e crudeltà degli dei (crudeltà e capricciosità che avrebbero fatto impallidire quelle degli dei greci).
Forse non è un caso il fatto che Stapledon collochi le origini di una nuova civiltà illuminata, superiore alle civiltà asiatica e americana che nelle prime cinquanta pagine del romanzo si contendono ll dominio della terra, proprio in Patagonia. Per quanto sembri una sorta di "hommàge" all'immaginario azteco, questa civiltà, purtroppo, non avrà vita lunga e sarà presto destinata ad estinguersi come le precedenti.
Archeologia e Fantastico: Stapledon e il Mito dei Cinque Soli
Ricostruzione "romantica" dell'invasione spagnola: "Il saccheggio del Teocalli azteco da parte di Cortès e le sue truppe", Emanuel Leutze, 1848

Tema portante del romanzo sembra essere infatti la descrizione della "chiave dell'evoluzione", o piuttosto, lo sforzo di individuare nelle varie evoluzioni la caratteristica saliente che contraddistingue l'umanità nel suo "salto evolutivo" di due miliardi di anni.Per l'autore, caratteristica principale dell'umanità è la sua indistruttibile "coscienza di essere uomo", quella rinuncia all'individualismo in virtù di un'allargata "coscienza di popolo" o piuttosto "di razza" che separa i primi uomini (per Stapledon, gli uomini moderni ancora invischiati in lotte tribali) dalle specie successive.
L'autore si dimostra un pioniere proprio in questo senso: costruire un romanzo "senza protagonisti", in cui il vero protagonista è la specie umana.
Archeologia e Fantastico: Stapledon e il Mito dei Cinque Soli   Il Mito dei Cinque Soli impresso su una pietra votiva
Le meravigliose invenzioni, gli straordinari poteri telepatici, la straordinaria longevità ( Stapledon dona ai quinti uomini la bellezza di cinquantamila anni di età!) non sono il frutto di brillanti scienziati o di geniali inventori, quanto piutosto lo sforzo congiunto e unanime di tutta una specie.Analogia col triste destino del popolo Azteco, la razza umana raggiungerà la propria, caratteristica "coscienza colettiva" solo attraverso lo sterminio della civiltà marziana e venusiana, in questo, ricordando ancora una volta la ferocia con cui il popolo di Tenochtitlan sottometteva gli indios bravos a scopo sacrificale, sia per compiacere gli dei che per acquisire "poteri" e ricchezze.Per quanto i parallelismi siano suggestivi bisogna ricordare, a questo punto, che l'intento di Stapledon (che oltre a essere romanziere era anche filosofo, intellettuale e psicologo) non è quello di "intrattenere" quanto di immaginare con l'aiuto del lettore un futuro in cui l'uomo ha messo da parte il suo lato più barbarico e individualista consacrandosi interamente allo sviluppo dell'intera razza umana.Aggiungerà inoltre, in opere successive, che una visione tanto "ottimista "del futuro è destinata (forse a ragion veduta) a rimanere un'utopia.
NOTE
*Dall'introduzione a "Conan il barbaro:una saga immortale" Ed.Tascabili Newton, 2011)

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