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Argentina: permesso aborto a 14enne violentata, rimosso il giudice che voleva impedirlo

Da Rottasudovest
Latinoamérica inizia a reagire all'ingiustizia delle donne che non possono decidere in autonomia del proprio corpo, quando si trovano davanti a una gravidanza inaspettata e/o indesiderata, e devono aspettare che qualcun altro, un giudice o un medico, decida per loro? Questa storia arriva dalla provincia di Salta, nell'Argentina più settentrionale e conservatrice.
All'inizio di novembre una ragazzina di 14 anni è stata violentata dal patrigno; scoperto in flagranti dalla compagna, ha picchiato entrambe, madre e figlia. Il dramma, nella periferia più povera di Salta, è terminato con l'uomo in carcere e la ragazzina in ospedale; qui ha scoperto di essere incinta e, d'accordo con la madre, ha chiesto di abortire. In Argentina l'aborto è ammesso solo in caso di violenza sessuale, grazie a una sentenza della Corte Suprema, emessa nel 2012, secondo la quale, in caso di gravidanza dovuta a stupro, la Giustizia non deve intervenire. Ma cosa è successo alla 14enne? Nella provincia di Salta la legge prevede che in caso di aborto di minorenni intervenga una sorta di tutore; in questo caso è intervenuta Claudia Flores Durán, che ha chiesto al giudice Victor Soria di impedire l'aborto per proteggere la vita del concepito; il giudice ha rimandato la decisione fino a quando, il 13 dicembre, ha stabilito che la minorenne avrebbe dovuto portare a termine la gravidanza e quindi dare il figlio in adozione.  Si può essere così disumani, nel nome della difesa della vita? Si può essere così sprezzanti al considerare il corpo della donna solo un organismo riproduttore, ignorando i suoi desideri, le sue istanze, i suoi diritti e i suoi sentimenti, per atti da lei subiti e non decisi? Meno male che accanto a madre e figlia c'era l'avvocata Monica Menini, che ha denunciato come in questo lungo mese, in attesa della decisione del giudice, la ragazzina sia rimasta in ospedale e abbia perso, otto chili, per lo stress e la preoccupazione. "E' stata privata della libertà" ha commentato. Durante il mese in ospedale ha continuato a studiare e ha terminato il sesto anno di scuola primaria, ma si è sentita sollevata solo quando, il 13 dicembre, dopo la sentenza di Soria, è potuta tornare a casa, sebbene senza la certezza del proprio futuro. Menini, infatti, si è immediatamente appellata al Tribunal Supremo di Salta, contro la sentenza di Soria, sostenuta da altri avvocati e dallo stesso Governo di Salta, guidato dal kirchnerista Juan Manuel Urtubey. La sentenza del Tribunal Supremo non si è fatta attendere: non solo è stato permesso alla ragazzina di abortire, ma è stato dato il via alla rimozione di Soria dal suo incarico. Nel testo, infatti, si rimprovera Soria non solo per aver ignorato la sentenza della Corte Suprema dell'Argentina, che permette l'aborto in caso di violenza sessuale, ma anche di non aver riconosciuto lo stesso protocollo della provincia di Salta in caso di aborto non punibile. Per questo, la sua carriera è adesso a rischio.  Storie che finiscono bene, fortunatamente, in questa Latinoamérica che a fatica inizia a riconoscere i diritti delle donne alla gestione del proprio corpo. Perché, sia chiaro, al dare spazio a queste storie su Rotta a Sud Ovest, non si vuole difendere l'aborto in sé, ma il diritto di ogni donna di decidere liberamente se essere o meno madre, pienamente informata di tutte le possibilità e di tutti i diritti, ma in piena autonomia, senza costrizioni, senza pressioni. L'idea è di vivere in uno Stato che appoggi e tuteli le donne che si trovano davanti a una maternità non desiderata, sia quale sia la loro scelta. E sì, l'opinione, i desideri e le esigenze di una donna, essere autonomo, indipendente e pensante, sono più importanti di quelli di uno zigote. Senza sorry.


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