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A tener banco nell'attenzione delle comunità finanziearie non sono però le condizioni del debito pubblico della Grecia, dell'Italia, della Spagna o di altro paese europeo, è invece la diatriba tra i due partiti americani che in questi giorni si stanno confrontando sulla necessità di alzare il tetto di indebitamento pubblico, che è stabilito per legge, senza riuscire a trovare una possibilità d'accordo.
Lo scontro tra i democratici e i repubblicani statunitensi in realtà non ha niente di finanziario, che il debito americano può essere tranquillamente ripagato, tanto che i tassi d'interesse dei bond statunitensi rimangono stabili, al contrario di quelli dei btp italiani, anche oggi sotto tiro della speculazione che ha riportato a 310 punti lo spread con i bund tedeschi.
Il problema americano è tutto politico e vede più che altro i due contendenti prepararsi già alle prossime elezioni presidenziali.
Da un lato c'è un Barack Obama la cui popolarità decresce in maniera esponenziale, davanti ad una crisi economica e una disoccupazione ancora sui massimi, nonostante le ingenti risorse spese, e dall'altra un partito repubblicano che non inetende fargli sconti, costringendolo a tagliare molte delle spese programmate, comprese quella sulla riforma sanitaria, che Obama considera il suo fiore all'occhiello, ma che si è rivelata troppo costosa per le casse dello Stato.
Nonostante l'evidente fallimento della politica dell'attuale inquilino della Casa Bianca, nessuno sembra però avere il coraggio di dichiararlo apertamente, perché pare proprio che colui che fu annunciato come una specie di Messia che avrebbe portato la pace nel mondo e avrebbe fatto giacere uno accanto all'altro il lupo e l'agnello non possa essere criticato.
Ma tornando alle nostre cose, oggi si è ripetuto il copione tipico delle scorse giornate, con i giudizi negativi di Goldman & Sachs e Nomura (che ha inglobato le attività della defunta Lehman &Brothers) sulle banche italiane, alle quale non è bastato aver superato gli stress tess della settimana scorsa per essere downgradate.
Ma è tutto il sistema italiano che è da settimane sotto attacco, a causa della debolezza politica del Paese, che vede da una parte il governo in preda da divisioni e lotte intestine ai partiti della coalizione e dall'altra il maggior partito dell'opposizione sottoposta ad un'offensiva di carattere giudiziaria che magari sarà pure sacrosanta, ma che arriva con un ritardo di almeno 20 anni.
L'obiettivo conosciutissimo dell'attacco all'Italia è quello di costringere il nostro paese a privarsi delle ultime ricchezze di proprietà pubblica e di sottostare al controllo di quel nuovo ordine globale auspicato giorni or sono dal neo direttore della Bce Mario Draghi, che di Goldman &Sachs fu diligente funzionario e non sono certamente un caso gli interventi di personaggi che pensavamo ormai definitivamente a godersi le varie pensioni ai giardinetti, come uno dei padri dell'euro (moneta unica origine di molti dei mali che ci affliggono), che non si sa a quale titolo spiegano cosa si dovrebbe fare per uscire da questa situazione.
Bene dunque fanno gli industriali a chiedere, per bocca della loro presidente Emma Marcegaglia, alla politica le riforme che trasformino l'apparato amministratrtivo e produttivo nazionale in un senso più moderno e funzionale, ma sia ben chiaro a tutti che il governo che dovrà predisporle deve essere un governo polito e espresso dal popolo e non il governo tecnico che molti auspicano.
Perché se c'è qualcosa di veramente scandaloso in questo paese è il vedere un governo legittimamente eletto essere commissariato da un presidente della repubblica ultraottuagenario, che è stato comunista fino alla scomparsa dell'Urss, condividendo tutti i crimini di quell'ideologia, dalle purghe staliniane all'invasione dell'Ungheria, e vederlo oggi brigare per consegnare l'Italia alle grandi banche internazionali.
L'unica speranza è un moto d'orgoglio dell'attuale governo, che gli consenta di presentare le riforme che gli italiani si aspettano e dare un segnale di forza e coesione sia all'interno sia all'esterno del paese. Speranza ahimè vana, se i presunti leader si soffermano a giocare all'apertura di finti ministeri delocalizzati.
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