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ARTUSI: Febbraio - Nota di pranzo II

Da Patiba @patiba1


ARTUSI: Febbraio - Nota di pranzo II

ARTUSI: Febbraio - Nota di pranzo II
FEBBRAIO

Nota di pranzo
II
Minestre in brodo.
Zuppa ripiena n. 32
Principii.
Crostini diversi n. 113

Lesso. Pollastra, con passato di patate n. 443
o Cavolo verzotto n.453
Rifreddo.Pane di lepre n. 373
Umido.
Pasticcio di maccheroni n. 349
Arrosto.
Gallina di faraone n. 546 e piccioni
Dolci.
Pizza alla napoletana n. 609 -
Pezzo in gelo (Biscuit) n. 753

Frutta e formaggio.
Pere, mele andarini e frutta secca.

ARTUSI: Febbraio - Nota di pranzo II


Zuppa ripiena n. 32
Prendete mezzo petto di cappone o di un pollo grosso, una fettina di prosciutto grasso e magro, un pezzetto di midollo; fatene un battuto, conditelo con parmigiano grattato, dategli l'odore della noce moscata e legatelo con un uovo. Il sale, essendovi il prosciutto, non occorre.
Prendete un filoncino di pane raffermo, affettatelo in tondo alla grossezza di mezzo dito, levate alle fette la corteccia e sulla metà del numero delle medesime spalmate il composto suddetto; ad ognuna di queste fette spalmate, sovrapponete una fetta senza battuto e pigiatele insieme onde si attacchino. Poi queste fette così appaiate, tagliatele a piccoli dadi, e friggeteli nel lardo vergine o nell'olio o nel burro, conforme al gusto del paese o vostro.
Quando è ora di servir la zuppa in tavola, ponete i dadi fritti nella zuppiera e versateci sopra il brodo bollente.

Crostini diversi n. 113
Il pane che meglio si presta per questi crostini è quello bianco fine, in forma, all'uso inglese. Non avendone, prendete pane di un giorno, con molta midolla, e riducetelo a fette quadre, grosse un centimetro, che spalmerete co' seguenti composti ridotti come ad unguento:
CROSTINI DI CAVIALE. Tanto caviale e tanto burro mescolati insieme; e se il caviale è duro lavorateli un poco al fuoco, con un mestolo, a moderato calore.
Se invece del burro vorrete servirvi di olio, aggiungete qualche goccia d'agro di limone e immedesimate bene i tre ingredienti.

CROSTINI DI ACCIUGHE
. Lavate le acciughe e togliete loro la spina e le lische; poi tritatele colla lunetta, aggiungete burro in proporzione, e stiacciate il composto con la lama di un coltello da tavola per ridurlo una pasta omogenea.

CROSTINI DI CAVIALE, ACCIUGHE E BURRO.
Mi servirei delle seguenti proporzioni, salvo a modificarle secondo il gusto:
Burro, grammi 60.
Caviale, grammi 40.
Acciughe, grammi 20.

Fate un miscuglio di tutto e lavoratelo per ridurlo fine e liscio.

Pollastra, con passato di patate n. 443
Ormai in Italia se non si parla barbaro, trattandosi specialmente di mode e di cucina, nessuno v'intende; quindi per esser capito bisognerà ch'io chiami questo piatto di contorno non passato di...; ma purée di... o più barbaramente ancora patate mâchées.
Patate belle, grosse, farinacee, grammi 500.
Burro, grammi 50.
Latte buono, o panna, mezzo bicchiere.
Sale, quanto basta.

Lessate le patate, sbucciatele e, calde bollenti, passatele per istaccio. Poi mettetele al fuoco in una casseruola coi suddetti ingredienti, lavorandole molto col mestolo onde si affinino. Si conosce se le patate son cotte bucandole con uno stecco appuntato che deve passare da parte a parte liberamente.

Cavolo verzotto n.453
Lessatelo a metà, strizzatelo dall'acqua, tritatelo colla lunetta, mettetelo al fuoco con burro e latte per tirarlo a cottura e salatelo. Quando sarà ben cotto unitegli della besciamella piuttosto soda; fate che s'incorpori bene sul fuoco col cavolo e aggiungete parmigiano grattato. Assaggiatelo per sentire se ha sapore e se è giusto di condimenti e servitelo per contorno al lesso o a un umido di carne; vedrete che piacerà molto per la sua delicatezza.
Pasticcio di maccheroni n. 349
I cuochi di Romagna sono generalmente molto abili per questo piatto complicatissimo e costoso, ma eccellente se viene fatto a dovere, il che non è tanto facile. In quei paesi questo è il piatto che s'imbandisce nel carnevale, durante il quale si può dire non siavi pranzo o cena che non cominci con esso, facendolo servire, il più delle volte, per minestra.
Ho conosciuto un famoso mangiatore romagnolo che, giunto una sera non aspettato fra una brigata di amici, mentre essa stava con bramosia per dar sotto a un pasticcio per dodici persone che faceva bella mostra di sé sulla tavola, esclamò: - Come! per tante persone un pasticcio che appena basterebbe per me? - Ebbene, gli fu risposto, se voi ve lo mangiate tutto, noi ve lo pagheremo. - Il brav'uomo non intese a sordo e messosi subito all'opra lo finì per intero. Allora tutti quelli della brigata a tale spettacolo strabiliando, dissero: - Costui per certo stanotte schianta! - Fortunatamente non fu nulla di serio; però il corpo gli si era gonfiato in modo che la pelle tirava come quella di un tamburo, smaniava, si contorceva, nicchiava, nicchiava forte come se avesse da partorire; ma accorse un uomo armato di un matterello, e manovrandolo sul paziente a guisa di chi lavora la cioccolata, gli sgonfiò il ventre, nel quale chi sa poi quanti altri pasticci saranno entrati.
Questi grandi mangiatori e i parassiti non sono a' tempi nostri così comuni come nell'antichità, a mio credere, per due ragioni: l'una, che la costituzione dei corpi umani si è affievolita; l'altra, che certi piaceri morali, i quali sono un portato della civiltà, subentrarono ai piaceri dei sensi.
A mio giudizio, i maccheroni che meglio si prestano per questa pietanza sono quelli lunghi all'uso napoletano, di pasta sopraffine e a pareti grosse e foro stretto perché reggono molto alla cottura e succhiano più condimento.
Eccovi le dosi di un pasticcio all'uso di Romagna, per dodici persone, che voi potrete modificare a piacere, poiché, in tutti i modi, un pasticcio vi riuscirà sempre:
Maccheroni, grammi 350.
Parmigiano, grammi 170.
Animelle, grammi 150.
Burro, grammi 60.
Tartufi, grammi 70.
Prosciutto grasso e magro, grammi 30.
Un pugnello di funghi secchi.
Le rigaglie di 3 o 4 polli, e i loro ventrigli, i quali possono
pur anche servire, se li scattivate dai tenerumi.
Se avete oltre a ciò creste, fagioli e uova non nate,
meglio che mai.
Odore di noce moscata.

Tutto questo gran condimento non vi spaventi, poiché esso sparirà sotto alla pasta frolla.
Imbiancate i maccheroni, ossia date loro mezza cottura nell'acqua salata, levateli asciutti e passateli nel sugo n. 4, e lì, a leggerissimo calore, lasciateli ritirare il sugo stesso, finché siano cotti.
Frattanto avrete fatta una besciamella metà dose del n. 137 e tirate a cottura le rigaglie col burro, sale e una presina di pepe, annaffiandole col sugo. Tagliate le medesime e le animelle a pezzetti grossi quanto una piccola noce e dopo cotte, aggiungete il prosciutto a piccole strisce, i tartufi a fettine sottili, i funghi fatti prima rinvenire nell'acqua calda e qualche presa di noce moscata, mescolando ogni cosa insieme.
La pasta frolla suppongo l'abbiate già pronta, avendo essa bisogno di qualche ora di riposo. Per questa servitevi della intera dose del n. 589, ricetta A, dandole odore colla scorza di limone; ed ora che avete preparato ogni cosa, cominciate ad incassare il vostro pasticcio, il che si può fare in più modi; io, però, mi attengo a quello praticato in Romagna ove si usano piatti di rame fatti appositamente e bene stagnati. Prendetene dunque uno di grandezza proporzionata ed ungetelo tutto col burro; sgrondate i maccheroni dal sugo superfluo e distendetene un primo suolo che condirete con parmigiano grattato, con pezzetti di burro sparsi qua e là e con qualche cucchiaiata di besciamella e rigaglie; ripetete la stessa operazione finché avrete roba, colmandone il piatto.
Tirate ora, prima col matterello liscio, poi con quello rigato, una sfoglia di pasta frolla grossa uno scudo e coprite con essa i maccheroni fino alla base, poi tiratene due strisce larghe due dita e colle medesime formanti una croce a traverso, rinforzate la copritura; cingetelo all'intorno con una fasciatura larga quanto gli orli del piatto e se avete gusto per gli ornamenti, fatene tanti quanti n'entrano colla pasta che vi rimane, non dimenticando di guarnire la cima con un bel fiocco. Dorate l'intera superficie con rosso d'uovo, mandate il pasticcio in forno, e in mancanza di questo cuocetelo in casa nel forno da campagna; infine imbanditelo caldo a chi sta col desiderio di farne una buona satolla.

Gallina di Faraone n. 546 Questo gallinaceo originario della Numidia, quindi erroneamente chiamato gallina d'India, era presso gli antichi il simbolo dell'amor fraterno. Meleagro, re di Calidone, essendo venuto a morte, le sorelle lo piansero tanto che furono da Diana trasformate in galline di Faraone. La Numida meleagris, che è la specie domestica, mezza selvatica ancora, forastica ed irrequieta, partecipa della pernice sia nei costumi che nel gusto della carne saporita e delicata. Povere bestie, tanto belline! Si usa farle morire scannate, o, come alcuni vogliono, annegate nell'acqua tenendovele sommerse a forza; crudeltà questa, come tante altre inventate dalla ghiottoneria dell'uomo. La carne di questo volatile ha bisogno di molta frollatura e, nell'inverno, può conservarsi pieno per cinque o sei giorni almeno.
Il modo migliore di cucinare le galline di Faraone è arrosto allo spiede. Ponete loro nell'interno una pallottola di burro impastata nel sale, steccate il petto con lardone ed involtatele in un foglio spalmato di burro diaccio spolverizzato di sale, che poi leverete a due terzi di cottura per finire di cuocerle e di colorirle al fuoco, ungendole coll'olio e salandole ancora.
Al modo istesso può cucinarsi un tacchinotto.


Pizza alla napoletana n. 609
Pasta frolla metà della ricetta A del n. 589,
oppure l'intera ricetta B dello stesso numero.
Ricotta, grammi 150.
Mandorle dolci con tre amare, grammi 70.
Zucchero, grammi 50.
Farina, grammi 20
Uova, n. 1 e un rosso.
Odore di scorza di limone o di vainiglia.
Latte, mezzo bicchiere.

Fate una crema col latte, collo zucchero, colla farina, con l'uovo intero sopraindicato e quando è cotta ed ancor bollente aggiungete il rosso e datele l'odore. Unite quindi alla crema la ricotta e le mandorle sbucciate e pestate fini. Mescolate il tutto e riempite con questo composto la pasta frolla disposta a guisa di torta, e cioè fra due sfoglie della medesima ornata di sopra e dorata col rosso d'uovo. S'intende già che dev'essere cotta in forno, servita fredda e spolverizzata di zucchero a velo. A me sembra che questo riesca un dolce di gusto squisito.

Pezzo in gelo (Biscuit) n. 753
Fate una crema con:
Acqua, grammi 140.
Zucchero, grammi 50.
Rossi d'uovo, n. 4.
Odore di vainiglia.

Mettetela al fuoco, rimestandola continuamente, e quando comincerà ad attaccarsi al mestolo, levatela e montatela colla frusta; se mettesse troppo tempo a montare, tenete la catinella sul ghiaccio, poi versateci a poco per volta due fogli di colla di pesce sciolti al fuoco in un gocciolo d'acqua. Montata che sia, unite alla medesima, adagino, grammi 150 di panna montata e ponete il composto in uno stampo fatto apposta pei pezzi in gelo od anche in una casseruola o vaso di rame tutto coperto, lasciandolo gelare per tre ore almeno, framezzo a un grosso strato di ghiaccio e sale. Questa dose potrà bastare per sette od otto persone
e sarà un dolce molto gradito.

 

 


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