Magazine Diario personale
Assaggi di romanzi inediti - da IL VOLO INTERROTTO DEGLI ANGELI: sproloquio omofobo di Rufo dentro un bar.
Creato il 22 luglio 2011 da ZioscribaMe lo sta facendo diventare un ricchiunemmerda, quella ròia, t’è capì? Ghe n’è minga de stòri. Me l’ha rovinato fin da piccolo. Con gli sbaciucchiamenti. Con gli sbaciucchiamenti, cazzo. Vabbè, dopo due o tre mesi ci è passato l’entusiasmo e non lo guardava neanche più, come ha sempre fatto in vita sua con le bambole, i cuccioli, le scarpe e le borsette da 500 euro dopo un giorno che le ha comprate, la ròia. Dopo due o tre mesi ci viene a noia passata la novità ed è già tanto se non lo schiaffa nella lavatrice, il pupo. Ma ormai il danno è fatto. Il maschio non si sbaciucchia, t’è capì o te l’è mia capì, ziocane?! Il maschio lo si tempra a pedate nel culo! Ci si insegna a fare la lotta. Lo si indirizza a andare affiga, deve fare degli stupri già all’asilo nido, a mio modo di vedere, no chiuso in cameretta col computer a farsi delle seghe come un frocetto! O i libri, certo! Peggio! Il maschio dev’essere macho, o in questa giungla ti asfaltano l’ano, hai capito o no? Queste patatine fanno cagare, cristo.
Tutti quei ricchiunemmerda. Sfilano, loro! Che cazzo ti sfili? Ammàzzati! Un ombrello nel culo bisognerebbe infilarci. Come? Noo! Chiuso! Dopo, aprirlo. Ghe n’è minga de stòri. Solo che così rischi di farci un piacere, rischi!
A ‘sti uomosessuali e tram sessuali ricchiunazzi bisognerebbe infilarci un ombrello nel culo e poi aprirlo, l’ombrello. Altro che ghei praid. Un bell’ombrello nel culo. E poi aprirlo. Lo so che l’ho già detto. Mi piace ripetere quando tiro fuori un insegnamento, t’è capì, qualcosa di intelligente. Sennò la gente non afferra, quando parli. Un ombrello nel culo, e poi aprirlo. Ségnatela, questa cosa. Prendi appunti. Ghe n’è minga de stòri. Ascoltami a me: ombrello in culo. E poi… Alter che. E invece quella me lo vuol fare diventare un ghei praid, un parrucchiere, il figlio mio delle mie balle quadre. Ma io un giorno di questi ci infilo un bell’ombrello e…
Solo dentro questo bar. No, dico. Guardati attorno. Una volta era pieno di uommini. Se ce n’era uno così stronzo da profumarsi era acqua velva, o denim al muschio e taleggio, colonia all’afrore di cazzo di cane in calore. Adesso sanno tutti di violetta! Mi fanno vomitare! Le mammole! Ce ne saranno sette o otto, di ricchiunemmerda solo qua dentro. Che bisogna camminare col culo ben rasente al muro. Guarda guarda quello appoggiato al bancone. Ma guardalo! Con l’orecchino e i colpi di sole, guarda che culandra! Culandra! Non dovrebbero farle entrare. Non dovrebbero servirci da bere. Ombrello in culo. E dopo aprirlo. Ghe n’è minga de stòri. Salute.
Me lo sta rovinando il mio Mattia. Che già quel nome da culandra gliel’ha messo lei, cosa credi? Io Rocco lo volevo chiamare. Così poi diventava Rocky per gli amici. Già bell’e pronto per il primo round sul ring! Dico almeno chiamiamolo Matteo cazzo, che è più masculo e ha pure scritto dei cosi, quei salmì sulla Bibbia. Mattia pare femmina. Niente! Gliela davo sempre vinta! Era talmente ffiga! O gliela davo vinta o non me la dava! Il ricatto! Me lo ha levato anche dall’ora di Religione, la ròia. Ma dove andremo a finire? Bisogna credere, dioboia! Bisogna avercela una fede, diocane! T’è capì o no? L’uomo è stato creato per andare affiga. E c’è rimasto soltanto la Chiesa a portare avanti questi Valori qua, ghe n’è minga de stòri. C’è rimasto solo loro a dire che fanno bene gli arabi a impiccare i ricchiunemmerda. (Cioè non lo dicono ma lo lasciano capire!) Altro che i Radiculi che li difendono! Via! Via! Facciamo pulizia! Secondo me a Ràzzinghe se potrebbe lo farebbe anche lui. O al rogo, che è meglio! Un bell’arrostino in Piazza San Pietro tutte le domeniche, con la diretta tivù! Gran Papa, questo! Signor Papa! Ma ha le mani legate dall’infrocimento cristianino. T’è capì! Ma aspetta che questi invasori beduini diventano la maggioranza, e poi ce li riportano loro i veri Valori. Ridi ridi culandra al bancone. Che noi non abbiamo fretta. Prepariamo le corde e un giorno di questi… Quando ne appendono sei o sette in piazza in Fankulistan i Radiculi piangono. Piangono, loro. Io brindo. Facciamocene portare altri due e brindiamo alle culandre appese! E patatine un po’ meno di merda, grazie. Ghe n’è minga de stòri. No, su questo ti sbagli, noo, ascoltami a me, io ci credo nei beduìtt! Anche se ci hai ragione, sono un po’ inferiori come razza, e parlano come se la gola è piena di catarro verdone, e pregano col cu per aria che vien voglia di darci una pedata. Ma i Valori e come tirare su i figli ce lo imparano loro! Ascoltami a me! Ce lo dobbiamo far insegnare da loro! Ghe n’è minga de stòri. E la ròia me l’ha levato da Religione. Ricchioncello vuole farmelo diventare mio figlio. Parrucchiere! T’è capì. Ma io ce lo porto via! Ah, io giuro che ce lo porto via! Quantevvero il nome di nomineporcozzio (guarda non farmi incazzare anche te, cazzo ti ridi), lo porto a vivere con me, e lo iscrivo daccapo a pugilato nella palestra nuova su a Monza, e stavolta non pianta lì frignando dopo la prima ora di lezione! Ci faccio mangiare i guantoni, ci faccio mangiare! E tutti i sabati sera, figa obbligatoria, ziocane. Non rientri in casa se non mi fai vedere la mutandina strappata! Così diventi uommo! Chiavatore e pugile diventi! La mutandina mi deve portare, ghe n’è minga de stòri! Se non trivelli la passerina, non fai colazione la mattina, t’è capì!
Tanto quella manco se ne accorge se ce lo porto via. Si è rincoglionita con ‘sta Finestra sul porcile! Una volta ci è venuto fuori 790 euro di bolletta telecom perché non voleva che ci eliminavano il Gughy, non voleva, e chiamava tutto il santo giorno per votarlo a ‘sto Gughy ricchiunazzo! Che se staressimmo ancora insieme la ammazzavo! Anch’io guardo La finestra sul porcile, ma certo, ma ovvio, tutti la debbeno guardare. Ma tre o quattro ore al giorno dovressero bastare, no? E non c’è bisogno di lasciarci mezzo stipendio per il televoto, dio svizzero! Cin!
E sempre con quella cazzo di tartaruga, il frocetto! Come se io non lo saprei cosa mi rappresenta la tartaruga! Io la guardo sempre quella gran gnocca di psicofigologa in tivù! Me l’ho imparato il simbulismo della tartaruga! Non sono un gnurantone! Ghe n’è minga de stòri! Quel collo lungo puzzolente rugoso che viene fuori da lì! Il rettile erettile e retrattile! Come un fungo di cazzo che spunta dal smutandamento di cugliuna! Come se non saprei che tocchi quella perché ti piacerebbe maneggiare il cazzo dei tuoi amichetti! Ma compragli un rothwailer, troia! Un bel pitbull! Ricchiunemmerda me lo vuole far diventare, quella… E quando ci vai a fighette, se passi le ore chiuso in camera a parlare con la tartaruga? Sìììì! Un giorno l’ho beccato che ci parlava! E così mi è toccato avvelenarcela, la tartaruga del mio cazzo! T’è capì! Ghe n’è minga de stòri! (Che non viene fuori questa cosa, che non viene fuori hai capito cazzo?) E guarda, sembra già che abbiamo ottenuto l’effetto. La ròia mi dice che adesso certi pomeriggi lo stronzetto sparisce misteriosamente, s’inventa delle balle e non c’è verso di sapere indove vadi. Magari si è svegliato fuori e va a fighette. Meglio tardi che mai. No, non va a tartarughe. Se ne ricompare una in casa, guarda stavolta invece di avvelenarcela pianpiano ci schianto il guscio a mazzate, dio lupo. Ghe n’è minga de stòri. Chissà indove va, lo stronzetto. Uno di questi giorni mi piacerebbe seguirlo, cazzo. Se scoprirei che mi va a sbocchinare maschi lo ammazzo vivo.
Eh, ma ci sono un po’ di cose da mettere apposto, in quella casa. A me presempio non mi sta mica tanto bene che lei scoperebbe con chi ci pare solo perché io me ne sono andato via. T’è capì?! Lei sarà sempre la mia donna, se lo deve cacciare benbene in quella testolina cretina. Ghe n’è minga, de stòri. E il primo che trovo ancora che ci ronza intorno alla sottana giuro che lo ammazzo di botte. Ci taglio via il tartarugo di cazzo, ci taglio. Ghe n’è minga… Dài, butta giù e poi andiamo via, da ‘sto frociaio. Viva la figa e chi la mastìga!!
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