La dolce ragazza dai capelli biondi e mossi, che si allunga le ciglia con il mascara, che sorride con la fossetta, è seduta di fronte a me.
Pondera bene la sua scelta scorrendo il menù su e giù con gli occhi da cerbiattina.
Pondera lo sgarro: sarà la birra, la frittura delle patatine o una pizza ben ben farcita?
Deve scegliere con saggezza la bella fanciulla, i suoi farmaci le permettono uno sgarro solo ponderato.
Ma ha una buona notizia stasera, l'analisi delle urine dice che i suoi reni stanno migliorando, l'anno intero di cortisone forse sta sortendo qualche effetto.
Mi dice - Non hanno ancora capito bene che cos'è, ma almeno hanno capito che non è Lupus! -
Penso, tanto non è mai lupus!
Mentre chattavamo su fb durante il suo ricovero in ospedale ero io che con apprensione forse eccessiva chiedevo le notizie. Lei voleva raccontarmi solo e insistentemente di una cosa: del suo Enrique.
Di quanto è bello il suo Enrique, di quanto profuma (questo gliel'ho fatto notare io, come la somiglianza con Enrique Iglesias...), di quanto è gentile e di quanto è educato. E soprattutto vuole parlare di quanto le piaccia! Da morire mi dice, ed è così felice lei, mentre io cerco di capire dall'atteggiamento dei medici, dagli esami che vogliono farle se è il caso di rassicurarla, di essere ottimista o di tacere i brutti pensieri.
Ho taciuto i brutti pensieri, incocciando solo a cose fatte sul mio solito talento medico, che aveva individuato bene il timore dei medici, ossia che a 25 anni tutto quello che si potesse dire era, anche a lei, cancro al rene.
Niente cancro, scintigrafia pulita, insufficienza renale, quella si, ma lei mi dice - Sono felice, è l'estate più bella della mia vita. Ho conosciuto persone splendide come voi [parla anche di me, anche se di me sa così poco] e poi lui...è così bello! - ... E come profuma! le dico io.
C'è un'altra bionda, più liscia, più alta e più magra. Io e la sorella, a me per lo più sconosciuta, ma Fb ti permette queste e altre conoscenze miracolose [vedremo cosa combinerà mio cugino con la sorella di una mia collega....] le vogliamo organizzare una festa di compleanno.
Lei è triste. Il fidanzato è a Londra, il compleanno lo odia [come la capisco]. Il tirocinio è deludente. Osserva, osserva e osserva, come se non potesse fare altro.
E invece potrebbe. Dovrebbe anzi, lanciarsi ormai.
Mi ispira sempre bisogno di rassicurarla. La sorella mi parla di lei come di un fascio di nervi fragile; a lei, invece, piace descriversi come una regina dei ghiacci imperscrutabile, irraggiungibile e intoccabile.
Io punto per il fascio di nervi, ben nascosto nel guscio solido.
Mi piace lei, la stupisco con effetti speciali, la faccio uscire fuori, trasformo quelli che lei vede come limiti in scintillanti risorse.
Mi piace proteggerla e coccolarla, mi dice - Come sei contattosa! - E' così strano per me, ma queste ispirazioni senza senso sono sempre allegre per me.
Mi chiede come vanno le cose con mia madre. Le racconto che la terapia prosegue, che per ora la situazione è almeno stazionaria, che è il massimo che possiamo sperare.
MI dice: mi prenderei a schiaffi, io qui a lamentarim del fidanzato lontano e del tirocinio.
Le rispondo che la schifo se inizia a fare così.
I miei e i suoi stati d'animo hanno pari dignità, solo a me quest'anno va un po' più di sfiga.
Improvvisamente sdraiate su un pontile, a guardare le stelle manonellamano la notte di San Matteo, la bella e ormai irraggiungibile ragazza mi chiede come vanno le cose a casa. Non mi fa rispondere che si giustifica sottolineando la stupidità della domanda.
Le rispondo, le racconto, faccio fatica, ci provo.
Forse mi stringe la mano un po' di più, forse fa una impercettibile smorfia, le dico di non azzardarsi a consolarmi.
Mi avevano avvertito in tempi non sospetti: non mettere il cappello giallo, quello del re matto. Non lo mettere, perchè non ti aiuterà.
L'ho messo, inevitabilmente.
E non c'è carezza sulla fronte che tenga, non c'è sospiro di primo mattino che segni; quando vado via, mi dice: - Ma devo preoccuparmi? -
No, che non devi, le rispondo. Il mio istinto, sempre così sospettoso, aveva già colto tutto quello che c'era da cogliere veramente.
Le mie carte sono lì sul tavolo. Non ne prenderai neanche una. E io i miei 4 assi li porterò da qualche altra parte, come sempre.
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