In questi ultimi tempi fioccano esposti alla magistratura1 contro il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e l’attuale Premier Mario Monti. I motivi sono così sinteticamente riassumibili: le dimissioni di Berlusconi e il suo avvicendarsi con Monti sono stati frutto non già di dinamiche politiche interne, nell’alveo dei meccanismi di dibattito democratico, bensì di inopportune pressioni e/o ricatti internazionali (e precisamente tedesche ed europee) che hanno leso pesantemente la sovranità e l’indipendenza del nostro paese.
Praticamente — ed è vero — siamo un paese sotto tutela (o a sovranità limitata), così come lo è un imprenditore per il quale si avvia una procedura di fallimento. Formalmente l’Italia è una nazione indipendente e sovrana, ma sostanzialmente è controllata dallo straniero, attraverso la rinuncia alla sovranità monetaria ed economica, l’introduzione del pareggio di bilancio e l’adesione al Fiscal Compact.
Ma di Fiscal Compact ne ho già parlato. Qui vorrei analizzare ancora una volta, alla luce degli esposti anzidetti, le dinamiche che hanno portato all’incarico a Monti e capire se gli esposti potrebbero avere un risultato effettivo. Posso dire in proposito che la nostra Costituzione è stata perfettamente osservata. Senza scomodare i costituzionalisti, è sufficiente dare uno sguardo alle norme che regolano la formazione dei Governi nel nostro paese e i poteri che sono del Presidente della Repubblica. Recita l’art. 92 Cost., comma 2:
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.
Già da questa norma si evince in modo chiaro ed evidente che il Presidente della Repubblica ha l’esclusiva prerogativa di nominare il Presidente del Consiglio e i ministri. I quali, poi dovranno ottenere la fiducia del Parlamento, così come prescrive il successivo art. 94 Cost.
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Se questo è vero, l’avvicendamento tra Berlusconi e Monti, avvenuto a novembre 2011, è ineccepibile dal punto di vista formale e costituzionale: Berlusconi si è dimesso; Napolitano ha dato incarico a Monti di formare un Governo (previa consultazione dei Presidenti di Camera e Senato e degli esponenti dei gruppi parlamentari), e il Parlamento ha concesso la fiducia. Così come è incontestabile la nomina da parte del Presidente della Repubblica di Mario Monti a senatore a vita, che non può essere politicamente e giuridicamente contestata.
La verità è che il nostro è un meccanismo approssimativo che non garantisce appieno l’intangibilità della sovranità popolare. Già l’idea che il Presidente della Repubblica e/o il Presidente del Consiglio siano espressione di un organo mediato (come il Parlamento)2 e non già diretta espressione della voto popolare, la dice lunga sul livello della nostra democrazia e sulla possibilità che gli organi deputati al governo del nostro paese (Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, Parlamento) siano soggetti a pressioni indebite esterne e straniere, nonché impermeabili alle decisioni elettorali del popolo.
Perciò, se intendiamo capire fino in fondo se le nostre istituzioni si siano comportate correttamente nell’avvicendamento tra Berlusconi e Monti, non possiamo certo focalizzarci sulle improbabili irregolarità nella osservanza della procedura costituzionale, bensì dobbiamo verificare il contesto economico e politico, nazionale e internazionale, che hanno determinato l’assunzione di certe decisioni contrarie agli interessi del popolo italiano. Dobbiamo, per esempio, approfondire i rapporti reali tra Mario Monti e le istituzioni europee pubbliche (ESM, Commissione Europea, Governi esteri) e private (banche d’affari, finanza, lobbies), e gli interessi finanziari/economici e politici coinvolti, le azioni compiute dagli uomini che compongono il governo prima e dopo il conferimento dell’incarico. E in ultimo, dobbiamo pure analizzare dettagliatamente l’andamento dei mercati prima e dopo e durante il Governo Monti. Insomma, dobbiamo valutare una serie di indizi che là dove si rivelassero gravi, precisi e concordanti nella direzione di un effettivo atto di compromissione e lesione della sovranità italiana nel suo complesso — al di là del formale rispetto delle procedure costituzionali — comportano effettivamente i reati contestati negli esposti presentati all’autorità giudiziaria.
Però c’è un ma. L’art. 89 della Costituzione afferma che il Presidente della Repubblica non è responsabile per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne per alto tradimento e attentato alla Costituzione.
Ora, pure ammettendo che nei comportamenti istituzionali sopra evidenziati vi siano gli estremi dell’attentato alla Costituzione e dell’alto tradimento, è evidente che la norma riserva al Parlamento la relativa messa in stato d’accusa. Viene del tutto esclusa la magistratura ordinaria per quanto riguarda il conseguente giudizio: la competenza giurisdizionale è infatti della Corte Costituzionale.
Dunque ci si domanda: fino a che punto è probabile e/o possibile che il Parlamento metta in stato d’accusa il Presidente della Repubblica, se poi è quello stesso Parlamento che ha avvallato l’avvicendamento tra Berlusconi e Monti?
Più o meno il discorso vale per Mario Monti. L’art. 96 Cost. (integrato dalla legge costituzionale n. 1 del 1989) recita che il Presidente del Consiglio e i suoi ministri sono sottoposti alla magistratura ordinaria per i reati funzionali, nella competenza del Tribunale dei Ministri, e sempre che vi sia l’autorizzazione del Parlamento a procedere.
A conti fatti il sistema è totalmente impermeabile alle azioni esterne che non siano davvero potenti e straordinarie (es. un Governo straniero, potentati bancari e finanziari che speculano sul debito sovrano italiano). Pertanto, nel momento e nella malaugurata ipotesi in cui il Parlamento, il Consiglio dei Ministri e la Presidenza della Repubblica siano (stati) conniventi nello svuotamento della sovranità del popolo italiano, non esiste, allo stato, alcun strumento costituzionale, giurisdizionale o amministrativo, che possa in un qualche modo denunciare e perseguire questo svuotamento di sovranità, mettendo contemporaneamente in stato d’accusa i vertici delle istituzioni. Sarebbe necessario che nella nostra Carta fosse prevista una adeguata azione popolare autonoma, magari attraverso il medesimo meccanismo previsto per le leggi di iniziativa popolare, con giurisdizione della Corte Costituzionale appositamente integrata da una giuria del popolo. Ma i nostri costituenti se ne sono ben guardati, come si sono ben guardati dal creare un meccanismo di governo che mettesse in diretta correlazione i vertici istituzionali con la volontà del popolo italiano.
- Interessante è anche quello proposto dall’Avv. Musu, di Cagliari. ↩
- I cui membri – ricordo – non hanno alcun vincolo di mandato. ↩
di Martino © 2012 Il Jester