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“attenti a quei due…”

Da Nicla

Intervista a Luciano Proietti, medico pediatra nutrizionista

“ATTENTI A QUEI DUE…”

Un bagaglio ineguagliabile di esperienze. E tanto, anzi… tantissimo, senso pratico. E’ questo che caratterizza l’operato di Luciano Proietti, pediatra nutrizionista che tra i primi in Italia si è dedicato allo studio metodico dell’alimentazione a base vegetale in età infantile.

Padre di 3 figli e vegetariano per convinzione, da quando nel ‘75  inizia a svolgere le prime ricerche italiane sull’alimentazione vegetariana nel bambino presso il Centro di auxologia della Clinica Pediatrica dell’Università di Torino, Proietti ha seguito direttamente o indirettamente attraverso le sue pubblicazioni migliaia di genitori in Italia impegnati nella scelta di un nuovo percorso nutrizionale.

L’attività chirurgica svolta per vent’anni presso la Chirurgia Pediatrica dell’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino, e il lungo lavoro ambulatoriale e di ricerca che prosegue tutt’ora gli permettono oggi di affermare con assoluta convinzione che “allo stato attuale delle conoscenze scientifiche non solo una alimentazione a base vegetale nel bambino è possibile, ma addirittura dovrebbe essere largamente sostenuta”.

“Una tale scelta- ricorda il pediatra- è di fatto assolutamente compatibile con le indicazioni dei Larn, ovvero dei Livelli di Assunzione Raccomandata dei Nutrienti”. 

Ma non solo. “Nei primi due-tre anni di vita, questa alimentazione dovrebbe essere raccomandata dagli stessi pediatri, in quanto maggiormente fisiologiaca e quindi più salutare nel bambino”.

 

Il suo intervento a Be4eat 2013 è stato piuttosto duro, quasi a volerci ricordare che una cosa sono le ricerche scientifiche e ben altra la pratica di tutti i giorni, soprattutto quando nel quotidiano si ha che fare con bambini…

Di fatto il mio pensiero è in linea con gli interventi dei miei colleghi, ma ritengo giusto nella pratica operare i dovuti distinguo. Ci sono tante inesattezze in circolazione oggi su questi temi e la cattiva informazione può arrecare danni seri, nei bambini prima di tutto. Ma anche negli adulti.”

 

Il primo punto, come ovvio, è rappresentato dalla vitamina B12.

Di vitamina B12 se ne parla di continuo, ma ultimamente anche a sproposito. A Vicenza leggevo di quel caso in Francia pubblicato sulla Repubblica di un bambino di 5 mesi tolto ai genitori perché alimentato con bevande di riso. E, di contro, ho portato l’esempio significato di un piccolo paziente allattato al seno da una madre vegana che a sua insaputa era carente di vitamina B12 e curava il figlio per sospetto autismo invece di somministrargli adeguata integrazione di questa fondamentale vitamina. Vede, il mio lavoro mi ha insegnato che non bisogna mai procedere per filosofie o prese di posizione scevre da un necessario senso pratico. Un bambino o lattante che dir si voglia (fino ai 2 anni sia l’OMS che l’Unicef concordano nel definirlo tale) ha bisogno di un adeguato nutrimento. Il latte materno in questo è l’unico fisiologicamente più adatto al fabbisogno del momento. Mancando questo non ci si può improvvisare pediatri e somministrare ciò che inadeguatamente viene chiamato “latte” di riso ma che di fatto è una bevanda al riso. Fino ai 2 anni un bambino, che non deve essere considerato un piccolo adulto bensì un lattante con necessità nutrizionali differenti da quelle dei genitori, ha bisogno di latte: latte materno, se si può. Latte Formulato o in polvere se questo manca. Se poi la scelta è, come quella che di fatto consiglio, di non utilizzare latte vaccino, sono disponibili in farmacia latti formulati diversamente composti ma comunque rispettosi di tutte le necessità nutrizionali del momento. Inventare soluzioni diverse da queste è assolutamente dannoso e inopportuno”.

 

In che modo, tuttavia, questo esempio riconduce alla vitamina B12?

Il caso del bambino francese è ovviamente un caso limite. Tuttavia porta l’attenzione su alcuni errori involontari che i genitori, non adeguatamente informati o seguiti, possono compiere. Come con la vitamina B12. Nel caso che ho riportato subito dopo a Vicenza la madre era assolutamente sicura e informata sulle scelte da compiere per il figlio. Allattava al seno, nutriva il bambino nel modo più corretto e responsabile possibile. Eppure qualcosa le era sfuggito: la sua personale condizione fisica. Quando si fa una scelta di alimentazione bisogna controllare non solo il bambino ma anche la madre che in quel momento sta allattando. Poiché infatti il passaggio di tutti i principali nutrienti, vitamina B12 inclusa, avviene attraverso il latte materno, se la madre è carente di uno solo di questi automaticamente anche il bambino lo diventa. E le conseguenze possono essere anche molto gravi. Mai proseguire per idealismi. E’ sbagliato e altamente fuorviante”.

Come dovrebbe alimentarsi dunque una madre durante l’allattamento?

Una alimentazione a base vegetale è perfetta e non ha alcuna controindicazione. Anzi. Direi che è la più consigliabile al benessere della madre e del bambino. Tuttavia occorre che la neo mamma sia responsabile e ponga molta attenzione a ciò che mangia e soprattutto ai propri valori del sangue. Ciò che è carente in lei può essere carente anche nel bambino e quindi occorre sapersi regolare di conseguenza facendosi seguire da chi di dovere”.

 

Un buon esame del sangue è quindi il consiglio migliore da perseguire? 

Di norma dovrebbe essere un consiglio ottimale per tutti, onnivori compresi. Nel caso di chi sceglie una alimentazione a base vegetale diventa ancora più significativo. In primo luogo per monitorare i valori di vitamina B12, che possono essere carenti in chiunque (non solo in chi segue questo regime alimentare) ma che hanno una maggiore possibilità di essere sul livello di guardia in chi non consuma da tempo latticini o derivati animali. In secondo luogo per tenere sotto controllo la Vitamina D”.

“ATTENTI A QUEI DUE…”
vitamina D, appunto. Un altro punto dolente della discussione nutrizionale e salutista degli ultimi tempi. Lei cosa consiglia?

Il senso pratico. Come per la vitamina B12, così anche per la vitamina D carta canta. Sono i valori del sangue a fare da spartiacque tra filosofia e praticità. In linea di massima una buona esposizione al sole è sufficiente al fabbisogno umano di questa importantissima vitamina. Tuttavia, quando c’è una carenza bisogna capire perché e agire di conseguenza. Potrebbero esserci dei problemi di assimilazione epatica oppure di tipo renale, e quindi si rende necessario perseguire adeguati approfondimenti e valutazioni caso per caso. Ciò che non cambia, comunque, è la carenza riscontrata che deve essere recuperata anche con l’ausilio di integratori se necessario”.

 

Mediamente quanta esposizione solare è sufficiente ai nostri figli?

“Questo dipende. Sia dalla posizione geografica che dal periodo dell’anno. Se si abita in Norvegia in inverno occorrono almeno 6 ore al giorno di sole prima di ritenersi soddisfatti. In Africa, che è poi il luogo da dove l’uomo si è sviluppato, 1 ora al giorno è più che sufficiente…”

 

…. e in Italia? Diciamo, da adesso in poi?

Difficile dirlo così. Chi vive in Sicilia ha un sole diverso da chi abita in Trentino. E poi ci sono i fattori di vita: si può vivere 8 ore al giorno in ufficio o lavorare per un impresa stradale e passare tutta la giornata all’aria aperta. Caso per caso va valutata l’esposizione solare e i rispettivi valori nel sangue”.

 

Qual è il consiglio principale che vuole dare ai genitori che approcciano per la prima volta questi argomenti o che stanno già perseguendo questa scelta alimentare?

“Di informarsi. Di non calare mai la guardia, e sforzarsi di capire, studiare e leggere.  Notizie si trovano ormai anche su Internet, l’importante è saper scremare tra ciò che è più provato e testato e ciò che è occasionale. Per questo esistono i siti e le informative di diverse associazioni serie da cui è bene partire. E poi, ovviamente, di farsi seguire da pediatri preparati. In Italia ce ne sono”.

 

Quand’è che un genitore esce dalla zona rossa con i figli? Quando può iniziare a rilassarsi nel proseguimento di questa dieta?

“A 18 anni. Fino ad allora, e in generale per tutta l’età della crescita, un genitore ha il compito di osservare e vagliare. In modo diverso, ovviamente, a seconda dell’età. Ma il compito non cambia, sia che si segua una dieta a base vegetale o che non la si segua. L’attenzione genitoriale deve essere vigile e monitorare, dal punto di vista medico, due condizioni di base: una buona crescita e l’assenza di malattia. Tutto il resto, è in più”.

 

Ci saranno tuttavia nella crescita dei momenti più critici?

“Ovviamente i primi anni di età sono quelli più critici. Vengono chiamati i “mille giorni” che partono dal concepimento fino a circa 2 anni. In questo periodo l’attenzione materna deve essere sempre la stessa: il bambino deve crescere bene e non deve ammalarsi. La malattia non è una condizione naturale e se essa compare significa che qualcosa non sta andando per il verso giusto.”

 

Lei punta il dito spesso sul pericolo di un eccesso di fibre.

La presenza massiccia di fibre fino ai due anni, come del resto anche nelle altre fasce d’età, deve rappresentare un punto interrogativo da vagliare caso per caso. Se il bambino è grassottello, o comunque di buon peso, il consumo giornaliero di fibre che arriva da una dieta a base vegetale va benissimo. Se il bambino invece è magro, magari sotto peso e con qualche deficienza nella crescita, allora è meglio rallentare il consumo di fibre giornaliero che gli possono arrivare da una scelta vegeteriana poiché rischiano di portare via con sé troppi nutrienti importanti come il calcio, il ferro e lo zinco. In questo caso il mio consiglio è quello di nutrire il bambino con frutta e verdura il più possibile pulita da fibre, attraverso estrattori o altri accorgimenti semplici ma importanti come la preparazione di farinate e di piatti ricchi di cerali il meno possibile integrali. Ogni caso tuttavia va trattato a sé da un pediatra specialista in base alle risposte del fisico”.

 

Quindi, attenzione ad una scelta alimentate a base vegetale? 

“No. Al contrario. Ciò che in generale mi sento di dire è che una alimentazione a base vegetale non è di per sé mai sbagliata: anzi, dovrebbe essere largamente consigliata. Ciò che tuttavia può diventare sbagliato sono alcune soluzioni pratiche adottate dai genitori che devono essere discusse e concordate con lo specialista di fiducia che, nei caso di bambini, deve essere necessariamente un pediatra. Non c’è errore peggiore di quello di trasportare sul bambino la dieta di un adulto: ciò che è bene per uno non è detto che vada bene anche all’altro. Un bambino deve essere seguito da un pediatra. E’ per questo che buona parte del mio lavoro oggi verte sulla preparazione dei miei colleghi su questo aspetto: la scelta vegetariana è in costante aumento in Italia e non possiamo più permetterci di rilegarla ad una moda del momento. All’università purtroppo non si insegna nutrizione, non in questi termini, e la maggior parte dei pediatri non è preparata ad affrontare domande specifiche su questi argomenti.  La mancanza di risposte adeguate può indurre i genitori a rivolgersi ad esperti esterni alla pratica infantile che poco o mal conoscono, tuttavia, le esigenze fisiologiche e di crescita dei bambini. E qui il danno può rivelarsi anche molto serio”.

 

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“ATTENTI A QUEI DUE…”

 


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