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Autopubblicazione: welcome to the jungle

Creato il 22 dicembre 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario
Pubblicato da Roberto Gerilli Autopubblicazione: welcome to the jungle La diffusione degli e-book e l'avvento dell'editoria digitale hanno portato notevoli cambiamenti e soprattutto alcune grandi possibilità per lettori e autori. Una di queste è senza dubbio l'autopubblicazione. Chiunque ha un manoscritto nel cassetto può pensare di autopubblicarlo digitalmente e venderlo in librerie virtuali come Amazon & Co. Un'opportunità molto importante che ha però la controindicazione di riempire di spazzatura gli scaffali digitali della rete. Secondo molti, infatti, autopubblicare significa tirar fuori il proprio lavoro dal cassetto, spolverarlo velocemente e trasformarlo in e-book. Perché se tutte le case editrici lo hanno rifiutato significa che il mio romanzo è un capolavoro ma loro sono troppo ottusi per capirlo e quindi ora basterà metterlo in rete e io diventerò ricco e famoso alla faccia loro.
Niente di più sbagliato, ovviamente. Autopubblicare il libro significa fare un editing spietato del proprio lavoro, formattarlo secondo precisi canoni, creare una copertina che possa attirare il lettore e trovare un titolo accattivante che stuzzichi la curiosità. Una serie di operazioni che non tutti gli autori sono in grado di svolgere autonomamente. Ed ecco, quindi, che sono spuntate centinaia di piccole attività che offrono (dopo lauto compenso) tutti quei servizi editoriali che l'autore non è in grado di svolgere da solo. Se questi servizi sono venduti senza false promesse di gloria e fama, pagare per migliorare il proprio testo è una scelta lecita, magari inutile e dispendiosa, ma sicuramente lecita. Il problema nasce quando l'autore viene blandito con speranze infondate, esplicite o implicite.

E quando questi servizi vengono offerti da una casa editrice grande e famosa? Beh in questo caso la faccenda si fa molto pericolosa. Tutto è cominciato con l'acquisizione della Authors Solutions da parte della Pearson/Penguin, a cui è seguito l'annuncio della Simon&Schuster riguardo la creazione di Archway Publishing, marchio che includerà servizi di editing, design, distribuzione e marketing per autori autopubblicati. In sostanza la Simon&Schuster ha siglato un accordo con la Authors Solutions per la vendita di pacchetti più o meno costosi (dai duemila ai venticinquemila dollari circa) che comprenderanno i servizi sopracitati. Una volta acquistati questi pacchetti l'autore avrà il diritto di entrare nel marchio Archway Publishing, che non fa parte del catalogo Simon&Schuster ma che la casa editrice ha promesso di tenere d'occhio per scovare potenziali nuovi talenti.

Iniziativa in favore degli autori o colossale "furbata" per svuotare le tasche degli scrittori illusi? Mark Coker, fondatore della piattaforma Smashwords (che si occupa di pubblicazione e distribuzione di opere autopubblicate in digitale), non ha dubbi: "questo è il momento in cui gli editori devono mostrare di poter fornire valore aggiunto alla carriera di un autore (…) I grandi editori investono negli autori, non li sfruttano. Il flusso di denaro dovrebbe andare dall’editore all’autore, attraverso le vendite dei libri, e non dall’autore all’editore. Simon&Schuster, con quest’iniziativa, finirà col danneggiarsi la reputazione."

Una presa di posizione netta che secondo me bisognerebbe condividere. La vendita di servizi digitali non è una truffa perché l'autore paga per un lavoro che effettivamente viene eseguito, ma vendere tali servizi illudendo l'autore è un comportamento che dovrebbe essere condannato. C'è veramente differenza tra iniziative come quella di Simon&Schuster e quelle degli editori a pagamento? Come mai un gran opportunità come quella dell'autopubblicazione si è trasformata in un’occasione di spillare soldi alla gente? Ognuno è libero di farsi la sua idea ma ricordate: non bisogna MAI pagare per essere pubblicati, qualsiasi sia la motivazione che vi propinano per spillarvi soldi

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