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Avviata l’opera di normalizzazione della pedoflia

Creato il 07 marzo 2013 da Uccronline

Poco importa se nella “bibbia” della psichiatria mondiale – o DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) del 1994 – i criteri diagnostici riguardo la pedofilia sono stati severamente criticati per mancanza di affidabilità, validità, coerenza e precisione [1], o se regna il caos nei relativi sistemi di classificazione [2] con incoerenti metodologie di codifica sociolegale anziché psicologica [3]. A maggio uscirà il nuovo DSM, aggiornato. Con esso sarà mantenuta la definizione di pedofilia in quanto “disturbo (disease) pedofilo”, anziché malattia (illness).

Vittorino Andreoli, accademico e psichiatra famoso, scriveva nel 2004 che “La pedofilia è una malattia”, intendendo comunque per “malattia” un disease psichico. “Oggi – continua Andreoli – la pedofilia è inserita nell’elenco delle malattie, mentre, per esempio, non lo è più l′omosessualità, che è stata cancellata nel 1992. Chiunque facesse attualmente una diagnosi di omosessualità, includendola come malattia, sarebbe perseguibile perché non solo commette un errore dal punto di vista sanitario ma compirebbe una discriminazione.”[4]

Eppure, proprio come l’omosessualità, anche la pedofilia sembra seguire lo stesso identico percorso di normalizzazione, interrotto (ma ancora per poco) dalla strenua battaglia di numerose associazioni di genitori. Infatti, nel passaggio dal DSM IV al DSM IV-TR, manuale ora in uso, si riuscì ad ottenere che anche l’agito pedofilo, e non solo la pedofilia “egodistonica” (quando cioè il pedofilo è consapevole di esserlo), fosse considerato un disturbo della sfera sessuale. Rimaneva invece inalterata la diagnosi di pedofilia “egosintonica” (ovvero di chi convive con il proprio disturbo senza rendersene conto), considerata clinicamente normale.

E in effetti in Canada, in un dibattito parlamentare del 2011, la pedofilia è stata ritenuta dal dottor Hubert Van Gijseghem, ex professore di psicologia presso l’Università di Montreal, “un orientamento sessuale” esattamente come l’eterosessualità e l’omosessualità. Un orientamento talmente normale, o naturale – secondo Van Gijseghem – che il solo tentativo di un’ipotetica rieducazione sarebbe totalmente folle, tanto quanto quello di voler cambiare qualsiasi “orientamento sessuale”. È evidente come tale modo di ragionare inneschi un effetto domino dagli esiti a sorpresa, soprattutto per le potentissime holding farmaceutiche.

Considerato, infatti, che in tutto lo scibile comportamentale sessuale non esiste più nessuna “norma” poiché lentamente tutto sarà “norma” (leggi “orientamento sessuale”), per quale reazionaria ragione si dovrebbero discriminare le restanti “parafilie” in catalogo? E ancora di più, perché mai dovrebbe esistere una cura – con o senza dopaggio farmacologico – per le perversioni sessuali con animali, lo stupro seriale intrafamiliare, le sevizie sadiche su anziani, bambini, malati e invalidi gravissimi, e tutte le innumerevoli devianze sessuali reiterate nel tempo, diagnosticate appunto (ma solo per ora) “parafilie” o anomalie del comportamento sessuale? Non sarebbe un tragico errore sanitario oltre che uno scandalosissimo trattamento discriminatorio?

Valentina Fanton

 

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Note

[1]. O’Donohue W., Regev L.G., Hagstrom A (2000). Problems with the DSM-IV diagnosis of paedophilia. Sex Abuse,/12: /95-105.
[2]. Okami, P. & Goldberg, A. (1992). Personality correlates of pedophilia: Are they reliable indicators? Journal of Sex Research, 29, 297-328.
[3]. Feelgood, S. & Hoyer, J. (2008). Child molester or paedophile? Sociolegal versus psychopathological classification of sexual offenders against children. Journal of Sexual Aggression, 14: 1, 33-43.
[4]. G. Chinnici (a cura di), Sulle tracce della pedofilia. Aspetti psicologici, criminologici, etici e giuridici, Palermo 2004, 85-92

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