Caro Babbo Natale,
l’inchiostro è finito per scriverti una letterina. Qui c’è poco da scherzare e neanche le lacrime scenografiche della “ministressa” – scusa gli orrori grammaticali – sono servite ad allievare il dolore: tasse, inflazione, Ici, articolo 18, tanto per cominciare. Non mi sono meravigliato quando un’alunna ha chiesto alla maestra se le avessero tassato anche il suo piccolo salvadanaio: aveva messo da parte tutti i risparmi per comprare un plaid al papà, che tutte le sante notti attraversa l’Italia su un camion lungo quanto i sogni della figlia.
Sai cosa ti dico? Datti malato e mandaci Robin Hood, l’unico giustiziere capace di togliere ai ricchi per dare ai poveri. Questo non è più tempo delle lande del Polo Nord, di slitte e renne, di alberi natalizi giganti, perchè in pochi abbiamo lo stesso desiderio di Bukowski: “un dicembre a luci spente con le persone accese”.
Preferiamo arrampicarci sugli alberi della foresta di Sherwood, per cogliere in flagrante il nostro eroe leggendario.
Sarà Robin Hood a svuotare le tasche delle lobby e caste figlie della grande abbuffata all’italiana; a far tacere chi vuole vendere la classe media per benestanti; a fermare la penna dei pallonari mediatici che fanno passare per editoriale un vecchio ritaglio riciclato da edicola; a deridere gli alti prelati che vanno a benedire i carcerati e vogliono bissare il gesto umile dell’uomo spirituale che fece tremare la cupola di San Pietro nel tempo che fu.
Sarà Robin Hood a smascherare il buonismo che dilaga su Facebook e dintorni con auguri elettronici luccicanti, frasette smielose e tag moltiplicati per trasformare catene di sconosciuti in una bella e festosa comunità. E sarà sempre il principe di Sherwood a vuotare il sacco e lapidare chi ha frainteso il significato dell’amicizia. Finalmente l’uragano spazzerà via un volta e per sempre “chi vive per apparire”, sottomesso al protocollo della becera provincia, condannato a mummificarsi di nozionismo e citazioni letterarie, perchè la sua coscienza non ha voce in capitolo. Robin Hood colpirà il suo corpo gelido come quello di un sepolcro imbiancato e darà il giusto valore all’insignificante titolo di studio dell’università privata: “il pezzo di carta” che serve agli sconfitti per pulirsi il culo, senza sapere che il letame è il fard di chi porta sul volto le cicatrici dell’inconsistenza della propria esistenza.
L’inchiostro è finito per scriverti una letterina, caro Babbo Natale. Ne è rimasta una punta per scarabocchiare la sagoma di un uomo e una donna, che in mezzo al deserto accolsero un bimbo raggiante. Questo non è il disegnino di una favoletta di fine d’anno, ma dello stupore della vera bellezza, di cui spesso ci priviamo.