Oggi a Torino, in via Veglia 59/A, è stato inaugurato il Bar Italia Libera, nato da un bene confiscato alla ‘ndrangheta. Questo è un evento che farà scuola, poichè è la prima volta che viene data una licenza commerciale alla rete di Libera, in particolare alla Cooperativa Nanà che gestirà l’attività. Ad inaugurarne l’apertura sono stati Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, e Maria Josè Fava, referente regionale di Libera. Fra il pubblico i numerosi volontari dell’associazione fondata da Don Ciotti, molti cittadini e anche il deputato del PD Davide Mattiello, storico esponente della lotta alle mafie.
Il Bar Italia Libera, che è stato sequestrato nel 2011, a seguito dell’Operazione Minotauro, al boss Giuseppe Catalano – il quale, dissociatosi ma non pentito, si è suicidato nell’aprile dello scorso anno – rappresenta il vero esempio della lotta alle mafie: è il simbolo di una fonte illegale e criminale di ricchezza (in particolare la mafia investe molto nel settore della ristorazione) che tornando alla società diventa «un luogo dove si sosta volentieri, un luogo di risveglio delle coscienze» ha spiegato Don Ciotti.
Questo bar, punto nevralgico nel quale fino a qualche anno fa la ‘ndrangheta ha svolto numerose ed importanti riunioni e riti di iniziazione, conserva (quasi) lo stesso nome che aveva prima, Bar Italia: questo perché, ha raccontato Maria Josè Fava, «deve servire da promemoria, per noi, per le istituzioni, per tutti coloro che hanno delle responsabilità. Perché la lotta alle mafie la si fa insieme.»
«Questo è stato possibile perché si è costruito un noi, è il noi che vince» ha proseguito Don Ciotti. È il noi che ha sconfitto l’affronto che le mafie e la criminalità fanno alla società, ai cittadini, a tutti coloro che perseguono la legalità. Affronto tracotante in questo caso perché davanti al Bar Italia, dall’altra parte della strada, c’è il V Reparto Mobile della Polizia di Stato. Per anni la ‘ndrangheta ha organizzato i suoi traffici proprio di fronte a coloro che la combattono. «Il caffè è il simbolo della capacità della mafia di mimetizzarsi. Le mafie ti allungano la tazzina di caffè e ti augurano anche buona giornata» ha spiegato il fondatore di Libera. Questa è la prova tangibile di tutti coloro che hanno per molto tempo negato l’esistenza delle mafie nel nord Italia, in particolare in Piemonte: quando nel 2008 il rapporto della Commissione Antimafia segnalò la presenza delle mafie in Piemonte si ebbe una sollevazione corale tant’è che «ci fu chi nel Consiglio Comunale voleva denunciare chi fece il rapporto», ha illustrato Don Ciotti.
Mentre Il prete della lotta alla criminalità parla e spiega che quello sarà «un caffè buono alla coscienza, un segno di speranza e di cambiamento», attorno al Bar Italia Libera la folla applaude contenta. E fra loro ci sono tutti i volontari che hanno lavorato per fare si che l’apertura avvenisse in tempi record. «Abbiamo dato il bianco e l’abbiamo risistemato in pochissimo, nel giro di qualche mese, da gennaio», mi ha spiegato Sara Secondo, Presidente di UniLibera.
Per far crescere e prosperare la cultura della legalità bisogna diventare una collettività responsabile, e l’apertura del Bar Italia Libera è un incoraggiante ulteriore passo avanti sulla strada della lotta alla criminalità, un ulteriore passo avanti per la costruzione di una società più giusta.
Articolo di Stefano Rossa