E’ che io sento troppo.
Sento all’ennesima potenza ciò che altri ritengono semplici sbilanciamenti umorali.
Per me sono sempre piccoli terremoti di magnitudo non rilevata ma comunque presente.
Sento la pioggia in arrivo, la sento in anticipo, mi fa male il ginocchio che ho pestato e il mio umore inizia a diventare uggioso subito.
Sento la nostalgia delle vacanze. Così forte che riesco a visualizzare mille scenari possibili se solo fossi stata più coraggiosa e avessi detto, no rimaniamo, stiamo qui, non partiamo.
Sento e faccio diventare miei i malumori delle persone che ho in torno: cribbio, che tutte queste negatività stiano lontano da me, vi supplico.
Sento la farina che si impasta nel burro e sento ogni vibrazione di ogni profumo di spezie, aromi e pane che cuoce.
Sento la mia pelle profumare di croissant abbrustolito quando sono sotto il Sole. E sento tutto enfatizzato, all’ennesima potenza, come se ogni senso percettivo del mio essere fosse teso e proteso verso la necessità di sentire.
Sento l’odore del forno, quando si accende e i profumi si distribuiscono come tappezzeria involontaria tutti intorno alla casa.
Cosa chiediamo a questo settembre: giornate di un Sole tiepido, maglioni un po’ chunky, giacche di tweed, caminetto acceso, vellutate di zucca. Funghi.
Chiediamo di essere prese in consegna: ovvero essere accudite, coccolate, abbracciate. In fondo l’autunno è questo: si ricominciano a bere tè caldi, si comprano nuovi plaid all’ikea e nuove lenzuola, quelle di lino magari, o quelle di cotone spesso, così croccanti e avvolgenti. Poi si riaccende il forno, si mangia il primo camembert di stagione e si fanno nuovi progetti, come se fosse il primo dell’anno. E ci si avvolge. noi che ci piace accudire, entriamo in una nuova era: voglio essere accudita.
Voglio essere presa in consegna, protetta, accolta e viziata.
Ed è così che mi sento ogni volta che partiamo per uno dei nostri weekend. Questa volta ci hanno accompagnati una delle mie amiche più care, Martina, e suo marito. Un weekend a 4 insomma. 4 ghiottoni persi per le valli del Sud Tirolo. Tra degustazioni e picnic. Tra Stelle Michelin e strudel ancora caldi.
E così: un weekend in Alta Badia. tra picnic, cieli che avvolgono e cene meravigliose, seguite da colazioni genuine.
Un weekend di pura perfezione: tra visite alle cantine magiche dell‘Hotel La Perla, tagliatelle al ragù e fiori edibili in quota, uno strudel cucinato nel fiabesco hotel che ci ha accolti, il Gran Ander, una passeggiata a cavallo, una cena nelle vecchie Stube e soprattutto questo accento così sincero degli abitanti del posto. Un picnic al Rifugio Bioch e trovi i fiori che mangiavi da piccina con il tuo nonno. Ci sono api e qualche ragno, ma la natura ti cura, non è da temere. Solo da godere.
Una delle cene più buone che abbiamo mai fatto, uno chef, Andrea Irsara, che merita la Stella Michelin subito. Lui, il suo bistro e la sua straordinaria e bellissima famiglia. Solo pochi tavoli, circa 10 coperti, in una stube antica, tutta di legno.
Il cielo in montagna ha un altro colore, vero?Il blu è più magico, più intenso.
Più speciale.
Terso, direi.
Posti così, montagne così, che fanno sorridere i weekend pigri autunnali, posti dove rifugiarsi sempre, per perdersi un po’, ritrovando la direzione. O solo la calma necessaria per continuare a immagazzinare esperienze, vissuto, ciò che ci rende forti, antifragili, tipo, come NY: edificate per reagire alle difficoltà.
Quindi inseguiamo l’avventura. Abbracciamo tutto ciò che la Vita adesso ha da regalarci, o da insegnarci. Non combattiamo nulla, ma cresciamo e accettiamo. Con serenità che per l’appunto, si è anti fragili. Accusiamo i colpi, sorridiamo al bello e cresciamo, come delle mele, maturiamo, venga la pioggia o venga il Sole.
Qui, in Alta Badia, in questo punto che mi è diventato ora così caro, a cui sono così affezionata, di notte le stelle ti rapiscono e si tuffano negli occhi.
Qui in Alta Badia, dove l’accoglienza è di casa, lo strudel viene tirato a mano, gli ingredienti sono talmente sani da ri acquisire sapori antichi, inusitati. il pino mugo ti avvolge e il bello è che puoi trovare un gelato, una vellutata o un arrosto con questa essenza. E un po’ ti senti già a a Natale, anche se magari mancano ancora 20 weekend all’arrivo di Santa.
Qui in Alta Badia, dove abbiamo pedalato con biciclette che erano veloci come un tuono, su e giù da sentieri ripidi e bellissimi, e dove ovviamente, Io Gipsy e il mio essere totalmente scoordinata, sono caduta, tra le risate generali.
Qui, al maso Sotciastel, dove le mamme preparano frittelle fatte in casa che servono con marmellata di mirtilli rossi, in occasione del matrimonio delle figlie. Ti fanno anche lezioni di cucina – Fanno corso di cucina ladina ogni mercoledi alle 10:30 - , ma Paganini non ripete nè tanto meno detta ingredienti e dosi. Bisogna stare attenti e godersi lo spettacolo, in bando ai social media. Qui dove le tradizioni sono radici e allora ti ricordi quello che ti diceva la mamma, e un po’ di nostalgia verso quelle ammonizioni così preziose viene sempre.
Insomma qui. Così vicino al cuore, così vero quando si dice: cibo per l’anima.
Frittelle della sposa
200g farina 250ml latte 3 tuorli 20ml di grappa bianca 3 albumi 1 pizzico di sale Mescolare la farina, il latte e i tuorli. Aggiungere un pizzico di sale e la grappa. Sbattere gli albumi a neve e aggiungerli poco prima di friggere il tutto nell’olio. Formare una sorta di chiocciola grazie all’aiuto di un imbuto. Servirr con marmellata di mirtilli rossi e zucchero a velo.