Mi è appena giunto il primo volume della "Storia della Chiesa riminese", intitolato "Dalle origini all'anno Mille".
Sfoglio alcune sezioni più legate ai miei studi, e cerco una citazione "politica" per Benno...
La trovo a p. 65 nel saggio di Raffaele Savigni, professore associato di Storia medievale.
Qui si parla di "Bennone figlio di Vitaliano detto Bennio, che nel 1014 dona al figlio Pietro il castello di Morciano", e lo si dichiara "un
importante esponente del ceto dirigente riminese, definito da Pier Damiani decus regni, pater patriae, lux Italiae".
Chiudiamo il libro e torniamo all'argomento.
Benno (il padre) muore nel 1061. Nel 1061 avviene pure la fondazione, da parte di Pier Damiani, del monastero intitolato a san Gregorio e posto nel
territorio riminese, in località detta Morciano.
Ma c'è qualcosa d'altro che nel volume non si cita: Benno è dato da Pier Damiani per ucciso nel corso di una «guerra»: «lui, per merito del quale
fiorì la pace», fu forse vittima di una lotta sulla cui origine possono essere avanzate soltanto alcune ipotesi connesse al ruolo politico svolto dallo stesso Benno.
Per chiarire le cose, ripubblico un mio articolo del 1983, facendolo precedere da un riassunto apparso sul Corriere Romagna il 26 aprile
2007.
Da essi appare evidente che la figura di Pietro Pennone neppure questa volta ha ricevuto il risalto che merita nella storia "civile" e della Chiesa
riminese.
Nel mio articolo del 1983, riprendevo quanto nel 1965 Scevola Mariotti suggeriva, interpretando in modo nuovo il carme XCIX di Pier Damiani,
al v. 12 edito come "per quem pax viguit, bellica sors perimit", anziché "bellica sors periit", per cui abbiamo: "la guerra uccise colui per merito del quale fiorì la pace", anziché "per lui
fiorì la pace, la guerra cessò".
Scevola Mariotti aggiungeva: "Quindi, a quanto pare, Bennone fu ucciso in un fatto di guerra". Questo testo di Scevola Mariotti è stato da me citato
nella nota 70 di p. 99 della "Storia di Rimino" di Antonio Bianchi (Rimini, 1997).
Di Benno ho parlato pure nel 2010 in un articolo pubblicato sul "Ponte" di Rimini il 24 febbraio, intitolato "Le carte segrete di Scolca", in cui si legge:
«Pier Damiani è molto citato e poco letto. Nel 1069 Pietro Bennone gli dona vasti possedimenti (poi passati a Scolca) per l'abbazia di San Gregorio
in Conca di Morciano da lui fondata nel 1061. Bennone è figlio di Benno, grande feudatario e uomo politico di Rimini. Pier Damiani compiange la morte di Benno (1061) in un carme, definendolo
"padre della Patria, luce dell'Italia".
Il "padre della Patria" o della città (come scrissi su "il Ponte" del 12.06.1983), è il rappresentante della vita municipale che doveva vegliare
alla difesa del Comune sotto il dominio della Chiesa. Una figura ben distinta dal conte, delegato pontificio od imperiale. Uomo giusto e pio, severo con gli oppositori ma dolce con gli indifesi,
Benno è dato da Pier Damiani per ucciso nel corso di una "guerra": "lui, per merito del quale fiorì la pace".
La morte di Benno è una pagina (chissà perché) trascurata dagli storici ufficiali, ma capace di illuminare fondamentali vicende cittadine dei
"secoli bui".»
I documento
San Pier Damiani tra Morciano e Rimini
Il ricordo di san Pier Damiani organizzato a Morciano (27-29 aprile 2007) nel millenario della nascita, riguarda anche Rimini. Dove abitava la
famiglia dei Bennoni che gli fece varie donazioni tra cui quella della terra su cui fu fondata, nel 1061 dallo stesso Pier Damiani, l'abbazia di san Gregorio in Conca a Morciano.
Il padre Benno era un grande feudatario, proprietario di vaste estensioni di terreni. Sua moglie Armingarda gli aveva recato in dote altre proprietà
fondiarie. Dal loro matrimonio nacquero tre figli. Uno soltanto, Pietro Bennone, sopravvisse al padre. I territori assoggettati al loro controllo o di loro proprietà s'estendevano tra Rimini,
l'entroterra riminese e quello marchigiano.
Quando Benno morì nello stesso 1061, fu ricordato da Pier Damiani in un carme. Benno vi è definito «onore del regno, e gloria della stirpe romana,
padre della Patria, luce dell'Italia». Padre della Patria o della città era chiamato il rappresentante della vita municipale che doveva vegliare alla difesa del Comune sotto il dominio della
Chiesa romana. Era una figura ben distinta dal conte che era un delegato pontificio od imperiale.
Uomo giusto e pio, severo con gli oppositori ma dolce con gli indifesi, Benno è dato da Pier Damiani per ucciso nel corso di una «guerra»: «lui, per
merito del quale fiorì la pace», fu forse vittima di una lotta sulla cui origine possono essere avanzate soltanto ipotesi connesse al ruolo politico svolto dallo stesso Benno.
Uomo di fede e difensore degli interessi della Chiesa (altrimenti Pier Damiani non l'avrebbe glorificato), mentre la feudalità laica mirava ad una
sostanziale autonomia politica ed aumentavano i sostenitori dell'indipendenza cittadina, Benno probabilmente non riuscì a pervenire ad una sintesi originale tra mondo laico ed ecclesiastico, per
conciliare gli interessi «particulari» cioè cittadini con quelli della sede di Pietro.
I riminesi possono aver visto in Benno un capo che finiva per essere più il rappresentante del pontefice (come il conte) che della loro comunità. E
quindi possono aver cessato di considerarlo come un'espressione della giustizia e dell'equilibrio nei rapporti fra la città e Roma. Nell'additarlo pubblicamente come traditore, sarebbe stata così
scritta la sua condanna a morte. [Antonio Montanari, 2007]
II documento
Pier Damiani e Benno, vicende politiche
a Rimini a metà dell'XI secolo
La famiglia riminese dei Bennoni fece a varie riprese donazioni a Pier Damiani, fondatore dell'abbazia di san Gregorio in Conca di
Morciano.
I componenti della famiglia dei Bennoni sono citati ripetutamente ed in modo sparso sia nei documenti medievali sia in opere di studiosi riminesi
del XVII e XVIII secolo. Il ruolo politico svolto dai Bennoni nel nostro territorio va collocato nel contesto "internazionale" che vede la rinascita economica, la crisi del sistema feudale e la
riscossa spirituale della Chiesa.
Il contesto
La rinascita economica in sede locale è testimoniata dalla costruzione del nuovo porto del Marecchia (1059) e dall'allargamento della cinta
muraria.
La crisi del sistema feudale è ravvisabile nella posizione di autonomia di Rimini nei confronti dell'arcivescovo di Ravenna al quale spettava, per
volere degli imperatori tedeschi, una specie di principato ecclesiastico anche sulla nostra città.
Infine, la riscossa della Chiesa è attestata dalla fioritura di iniziative tra le quali va annoverata nel 1061 la fondazione, da parte di Pier
Damiani, del monastero intitolato a san Gregorio e posto «nel territorio riminese, in località che è detta Morciano».
La famiglia dei Bennoni
Sullo sfondo di tutte queste situazioni e vicende si colloca la storia della famiglia riminese dei Bennoni.
Il padre, Benno «venerabile figlio del fu Vitaliano Benno», era un grande feudatario, proprietario di vaste estensioni di terre.
Sua moglie Armingarda, «figlia del defunto illustre signore Tebaldo», gli aveva recato in dote altre proprietà fondiarie.
Dal loro matrimonio nacquero tre figli. Uno soltanto, Pietro Bennone, sopravvisse al padre.
I loro territori
I territori assoggettati al loro controllo o di loro proprietà s'estendevano tra Rimini, l'entroterra riminese e quello marchigiano.
Benno prima e poi Armingarda fecero donazioni a Pier Damiani per il monastero di san Gregorio, sorto così in terra appartenuta alla famiglia
riminese.
Ruoli pubblici
Dagli atti, sappiamo che sia Benno sia Pietro Bennone, suo figlio, furono tra i cittadini nobili ed importanti, non soltanto grazie alla loro
rilevanza economica bensì anche per la partecipazione alla vita pubblica della nostra città.
Quando Benno morì nel 1061, fu ricordato da Pier Damiani in un carme in sua memoria. In esso Benno è definito «onore del regno, e gloria della
stirpe romana, padre della Patria, luce dell'Italia».
Pier Damiani
Nel tono di commossa esaltazione usato da Pier Damiani per commemorare l'amico scomparso, non c'era soltanto la gratitudine per la donazione
ricevuta, bensì pure (e l'uso della definizione di «padre della Patria» lo conferma), la descrizione del ruolo politico e civile svolto da Benno in Rimini.
Padre della Patria o della città era chiamato il rappresentante della vita municipale che doveva vegliare alla difesa del Comune sotto il dominio
della Chiesa romana. Era una figura ben distinta dal conte che era un delegato pontificio od imperiale.
Uomo giusto e pio, severo con gli oppositori ma dolce con gli indifesi, Benno è dato da Pier Damiani per ucciso nel corso di una «guerra»: «lui, per
merito del quale fiorì la pace», fu forse vittima di una lotta sulla cui origine possono essere avanzate soltanto alcune ipotesi connesse al ruolo politico svolto dallo stesso Benno.
Benno, una condanna a morte
Uomo di fede e difensore degli interessi della Chiesa (altrimenti Pier Damiani non l'avrebbe glorificato), mentre la feudalità laica mirava ad una
sostanziale autonomia politica ed aumentavano i sostenitori dell'indipendenza cittadina, Benno probabilmente non riuscì a pervenire ad una sintesi originale tra mondo laico ed ecclesiastico
che potesse conciliare gli interessi «particulari» cioè cittadini con quelli della sede di Pietro. Per cui i riminesi possono aver visto in Benno un capo che finiva per essere più il
rappresentante del pontefice (come il conte) che della loro comunità. E quindi possono aver cessato di considerarlo come un'espressione della giustizia e dell'equilibrio nei rapporti fra la città
e Roma.
Nell'additarlo pubblicamente come un traditore, si sarebbe così cominciato a scrivere la sua condanna a morte. Portata ad esecuzione nell'anno
stesso della fondazione del monastero di San Gregorio, il 1061.
Rimangono molti dubbi sulla figura e sull'opera di Benno, così come resta probabile il fatto che la sua vicenda possa rappresentare una tappa nella
trasformazione della realtà locale della Romagna nell'XI secolo.
La morte violenta di Benno potrebbe inserirsi nella serie di azioni che precedono la nascita del Comune, e testimonierebbe una serie di fermenti che
coinvolsero la Chiesa, l'impero e la realtà cittadina. [Antonio Montanari, «IL PONTE», n. 22, 12 giugno 1983]
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