Chissà se gli storici di domani, magari ricordando che la storia è fatta di corsi e ricorsi, faranno un paragone tra l’eclatante caduta di Benito Mussolini (che ci riporta al 25 luglio 1943, quando il Gran Consiglio del Fascismo lo sfiduciò, costringendolo a rassegnare le dimissioni nelle mani del re, che non aspettava altro) e l’inizio della fine di Silvio Berlusconi (che secondo me riporterà gli storici alla data del 27 novembre 2013).
Ci sono tante similitudini nelle vicende politiche di queste due grandi e controverse figure della recente storia italiana.
Certo il voto di oggi in Senato, a prima vista, non sembra assimilabile a quello che si svolse nel massimo organo del partito fascista il 25 luglio 1943 in danno di Mussolini.
Eppure le similitudini non mancano.
Non può infatti sfuggire ad una profonda analisi della giornata di oggi che qualcosa di grave è avvenuto a danno della figura politica di Berlusconi.
E se le massime istituzioni dello Stato italiano (Senato compreso) non avessero già perso agli occhi dei cittadini ogni residua credibilità, qualcosa di molto grave dovrebbe registrarsi anche a danno della Repubblica.
Nel suo patetico crepuscolo Berlusconi, da quell’ingegnoso combattente che egli è, ha tenuto un accorato comizio a Piazza del Plebiscito, mentre non molto distante, a Palazzo Madama, i suoi avversari politici vincevano al pallottoliere della decadenza.
Se l’abilità di Silvio non ha evitato la sua decadenza dal seggio di senatore, è riuscita comunque a mostrare all’ Italia che la sua parabola politica non è ancora del tutto compiuta. E quello sventolare di bandiere azzurre ha contribuito ad addolcire l’amara pozione che i senatori di Palazzo Madama preparavano per lui.
Certo che il nuovo Ciano, che fa pure rima, (Angelino Alfano) e il nuovo Nino Grandi (che potrebbe essere Fabrizio Cicchito) sono pronti, dietro le maschere dell’ipocrisia, a pugnalare a morte il vecchio leader ormai sul viale dell’inevitabile tramonto.
Ma a ben vedere, in realtà, questi paralleli sono soltanto un gioco senza importanza.
Questa volta non ci saranno i tedeschi a soccorrere il duce sfiduciato; anzi, i russi, che secondo qualcuno erano a in Italia per soccorrere il leader deposto, si sono limitati a firmare contratti ultramiliardari con il nuovo Badoglio e il suo governo; e speriamo che l’assemblea popolare di piazza Plebiscito non preannunci una nuova, cruenta guerra civile.
Spero perciò che i ricorsi si fermino a quelli già evidenziati e che B. sconti il fio dei suoi errori e delle sue colpe (storiche e giudiziarie) con dignità e rassegnazione.
Anche se ho paura che così non sarà.