
Poesia dell’infinito, dei grandi spazi, del tempo che memoria non riesce a racchiudere, delle estreme latitudini e delle solitudini capaci di dialogare con un Dio quasi sempre sfuggente e inafferrabile, Jahvé, che non mostra mai il suo sembiante ma è preludio di ogni genesi.
E poi, improvviso , arriva inatteso un vento profetico, che dopo avere attraversato la Terra di Canaan ferma i suoi passi dinanzi alla grotta di Betlemme,dove ha inizio qualcosa di davvero straordinario.
Parliamo di quel libro che si chiama Bibbia, Antico e Nuovo Testamento,di cui Vincenzo Arnone, in un suo recente saggio (“Bibbia e letteratura”-ed.Studium, Roma) ha tracciato dei percorsi dialoganti, non necessariamente espliciti, con il testo da parte di quelli che sono stati i più grandi nomi della letteratura di tutti i tempi.
Chi sono costoro?
Dante per primo, che tutti abbiamo letto a scuola ma la cui grandezza, a quell’età, non sempre abbiamo compreso a pieno.
Tasso e Alfieri,anch’essi incontrati sui banchi di scuola e poi ripresi ,magari più avanti negli anni, per puro piacere personale.
Dostoevskij, letto da adolescente come Mann e Roth, quando hai la fregola di scoprire il mondo e la letteratura in questo ti può dare una mano.
E poi, ancora, Voltaire, Gide, Claudel, Singer, Agnon, Grossman, Oz.
E tra gli italiani ecco comparire romanzieri come Santucci, Sgorlon, Coccioli, De Luca. E Italo Alighiero Chiusano, il raffinato germanista, e l’indimenticabile Davide MariaTuroldo.
E ancora ci sono tantissimi altri nomi noti, prostrati quest’ultimi metaforicamente e non solo, dinanzi a quella grotta di Betlemme, dinanzi alla cuna-mangiatoia di quel “bimbo", figlio di uomo, nato per tutti noi, per la nostra salvezza dal peccato, come Pascal, Renan, Rops, Mauriac, Peguy, Bernanos, Maritain, tutti poeti, romanzieri e filosofi d’oltralpe.
In Italia, invece, incontriamo il grande Manzoni, il convertito Papini, Rebora, Pomilio , Testori, Luzi e la tormentata poetessa Merini.
Un’opportunità di rilettura e di riflessione per noi di tutti questi autori in dialogo con il “libro” per eccellenza, i primi come i secondi che, grazie al saggio di Arnone, può essere guida a un confronto schietto e costruttivo che, in tempi di omologazione culturale, non può che farci del bene e forse anche farci vivere meglio.
Marianna Micheluzzi