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Bielorussia: economia e rapporti con l’Italia. Intervista a Andrej Geraščenko

Creato il 04 agosto 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Bielorussia: economia e rapporti con l’Italia. Intervista a Andrej Geraščenko

Andrej Geraščenko, analista bielorusso collaboratore di Fond Strategičeskoj Kul’tury, membro dell’Unione degli Scrittori Russi e presidente dell’associazione “Casa Russa”, è stato intervistato per noi da Luca Bionda (ricercatore dell’IsAG). Pubblichiamo di seguito la seconda parte dell’intervista, incentrata sulla Bielorussia e i suoi rapporti con l’UE e l’Italia. La prima parte, che verte sulle prospettive dell’Unione Eurasiatica, può essere letta cliccando qui.

 
Cosa pensa della politica di Berlusconi nei confronti di Russia e Bielorussia? Ha ricevuto molte critiche dalle élite politiche italiane e straniere dopo il suo incontro con il presidente della Bielorussia nel 2009. Pensa che quest’incontro debba essere considerato una “scelta politica” che Berlusconi ha compiuto in quanto amico di Putin, oppure ci sono altre ragioni che non sono state analizzate?

Vorrei sottolineare subito che la figura di Silvio Berlusconi da noi è molto popolare e nota. È persino una sorta di simbolo dell’Italia contemporanea. Guardandolo, per qualche ragione mi fa sempre venire in mente la canzone di Toto Cutugno L’italiano. Berlusconi è un uomo che si è fatto da solo, sicuro di sé e delle proprie forze, con un’enorme esperienza politica ed economica. Inoltre in un’Europa totalmente “politically correct” (aspetto del tutto ridicolo da noi) raramente compaiono dei politici brillanti. Ai tempi del crollo dell’URSS c’era un gran numero di personaggi – Kohl, Thatcher, Reagan. Ora in Oriente ci sono Lukašenko, Putin, Nazarbaev, mentre in Europa non c’è quasi nessuno. C’erano Schröder, Sarkozy, ora è rimasta soltanto la Merkel. In questo contesto Berlusconi è molto brillante e popolare in Oriente, come lo era Gorbačëv in Occidente. Perciò dai rapporti tra Berlusconi da un lato e Russia e Bielorussia dall’altro dipendono in larga misura anche i rapporti di queste ultime con l’Europa. La visita di Berlusconi in Bielorussia, avvenuta alla fine del 2009, è stata particolarmente importante e utile sia per l’Italia sia per la Bielorussia, e per le relazioni sull’asse Oriente-Occidente in generale. Berlusconi ebbe dei colloqui personali con Lukašenko, e dichiarò che era intenzionato a guidare una missione di imprenditori italiani in Bielorussia. Berlusconi espresse sicurezza riguardo al fatto che la Bielorussia e l’Italia potranno ancora fare molti passi avanti nelle loro relazioni. Il governo della Bielorussia e l’italiana “Finmeccanica S.p.A.” firmarono un memorandum per la collaborazione nell’ambito dei trasporti, dell’energia, delle tecnologie spaziali e dei sistemi di sicurezza. La Bielorussia e l’Italia raggiunsero un accordo per una collaborazione economica. Le parti scambiarono le formule di ratifica per la convenzione intergovernativa per l’eliminazione della doppia tassazione riguardo alle imposte sulle entrate e sui capitali e per la prevenzione dell’evasione fiscale. Si raggiunse inoltre un accordo per la collaborazione nel campo veterinario. Tutto questo fu molto importante. Forse Berlusconi parlò del sostegno personale di Lukašenko? No. Lui, da uomo d’affari, sfruttò semplicemente l’occasione per il progresso e lo sviluppo del business italiano, e per il rafforzamento della fiducia tra i due Paesi. Di questo hanno beneficiato molti cittadini italiani e bielorussi. E questo ha un caro prezzo, perché nessuno dei leader dell’Europa occidentale si è più deciso in questo senso, temendo critiche per la violazione del divieto non scritto di avere contatti con Lukašenko. Allo stesso tempo, peraltro, le relazioni tra Lukašenko e Putin avevano già cominciato a peggiorare, e quindi l’amicizia di Berlusconi con Putin ha ricoperto un ruolo minore, anche se non si può escludere del tutto. È importante anche un altro aspetto, del quale spesso molti specialisti e analisti si dimenticano. A Roma si trova anche la Santa Sede del Vaticano, e il quartier generale dell’Ordine di Malta, che possiede soggettività internazionale. In Bielorussia quasi il 20% della popolazione è di fede cattolica. Perciò per Lukašenko, e per la Bielorussia in generale, l’Italia e Roma, dove si trovano addirittura tre soggetti internazionali, rappresentano un posto estremamente importante che permette di cercare punti di contatto come col mondo cattolico in generale, così come con l’Unione Europea nello specifico. Inoltre i contatti diretti col Vaticano, con l’Ordine di Malta e con l’Italia permettono di uscire dalla dipendenza troppo stretta dal problema cattolico da parte della Polonia. Fino a poco tempo fa la maggior parte dei preti bielorussi erano di nazionalità polacca. E considerando il fatto che il precedente papa Giovanni Paolo II era polacco (Karol Woityła), diventa evidente che l’influenza dei cattolici in Bielorussia durante il periodo del suo pontificato si è notevolmente rafforzata. Tutto cominciò dal fatto che, già nel 1990, un anno prima del crollo dell’URSS, il Consiglio per gli affari religiosi davanti al Consiglio dei Ministri dell’URSS approvò un decreto per il permesso di invitare in Bielorussia 50 preti dalla Polonia. Nello stesso anno a Grodno si inaugurò l’Alto seminario spirituale cattolico, nel quale l’istruzione avveniva in lingua polacca. Vi ricordo che proprio nel 2009 è avvenuto l’incontro tra Benedetto XVI e Aleksandr Lukašenko. Perciò la visita di Berlusconi ha avuto un grande significato anche su questo piano. Verosimilmente, Berlusconi voleva anche conoscere personalmente Lukašenko: penso che per lui fosse interessante vedere una persona che godeva di una popolarità non inferiore alla sua. La visita di Berlusconi ha avuto una grande risonanza in Bielorussia. A proposito, quasi subito dopo la visita in Bielorussia Berlusconi ha avuto una disgrazia: è stato colpito al volto da una statuetta mentre si trovava in mezzo alla gente. Questo ci ha suscitato grande sconcerto generale, e molti maligni hanno pensato: “A cosa ci serve questa democrazia, se l’Italia non è in grado di difendere non solo un semplice italiano, ma addirittura Berlusconi?”. Questo da noi sarebbe semplicemente impossibile. Noi abbiamo un’altra mentalità: quando in Occidente multano il presidente per eccesso di velocità con l’auto, da noi questo suscita ilarità e anche un certo scherno: che presidente è, se può essere multato da un semplice poliziotto? Come può difendere un cittadino, se lo può offendere lo stesso poliziotto? Noi abbiamo l’antica tradizione di basarci non sulla legge e sui tribunali (che da noi sono considerati del tutto imprevedibili e dipendenti, e si ritiene che le cose stiano così anche in Occidente), ma sulla giustizia e sulla difesa del potere, e quindi perseguire il leader del Paese dal punto di vista giudiziario da noi è considerato come un’imperfezione nel potere statale e nella nazione stessa. Sul tema delle normali relazioni tra Putin e Berlusconi, che vengono chiamate “amicizia”, vorrei evidenziare che anche questo è un aspetto buono. Putin è il leader di un’importante nazione nucleare, l’unica che nonostante l’attuale debolezza sia potenzialmente in grado, attraverso azioni militari, di distruggere il colosso mondiale, ossia gli USA. Perciò è del tutto normale che Berlusconi, essendo uno dei leader del mondo occidentale, intrattenga con Putin delle normali relazioni personali. Sia in Russia sia in Bielorussia hanno accettato positivamente la presenza di Berlusconi all’insediamento di Putin. Questa è stata un’ulteriore conferma del fatto che Berlusconi è un pragmatico e un realista, e l’Oriente è sempre pronto ad avere a che fare proprio con questo tipo di politici europei.

Mentre l’Unione Europea vede la Bielorussia come un “semplice prodotto della politica sovietica passata”, destinata a trasformarsi quanto prima, il mondo del business ha sempre mostrato grande interesse per le possibilità di fare affari in Bielorussia; ci sono stati spesso importanti risultati commerciali: la presenza del business italiano in Bielorussia, ad esempio, è oggi significativa. Come vede questa situazione? La presenza di una proprietà pubblica sproporzionata in paragone a quella privata è secondo lei un ostacolo alla cooperazione tra la Bielorussia e gli imprenditori europei?

In realtà la Bielorussia non è una semplice copia dell’Unione Sovietica. Nell’URSS il sistema del potere si basava sul fatto che esisteva una gerarchia partitica rappresentata dalle strutture del Partito Comunista e parallelamente una struttura amministrativa sottomessa ad essa. In Bielorussia la prima è scomparsa, mentre la seconda è diventata una base fondamentale, essendo costruita su misura per lo stesso Lukašenko. In Bielorussia, in poche parole, è stato costruito un tipico capitalismo di Stato. Questo comprende sia dei pro, come la concentrazione delle forze e dei mezzi, la possibilità di riformare dei settori separati, un veloce orientamento dei flussi finanziari, sia dei significativi contro. Il sistema di ridistribuzione e di gestione dell’attuale governo in Bielorussia è debole non solo per il cronico sostegno dei settori produttivi. Essa ha semplicemente difficoltà a stare al passo dei tempi. Ecco un esempio tipico di questa gestione. Inizialmente si presentano alcuni “indicatori di previsioni”; in generale, ad esempio, “si prevede” la crescita economica del 10%. Queste cifre, essendo piuttosto scorrette per alcuni settori, vengono presentate ai governatori, ai ministeri, ai settori e a determinate imprese. In seguito tutta questa catena tende a dimostrare che “il compito è stato portato a termine”. La congiuntura commerciale mondiale e la ciclicità della domanda e dell’offerta vengono calcolate molto raramente e non totalmente. Alla fine ognuno per suo conto (tutto l’apparato presidenziale come anche quello esecutivo non è privato, e dunque dipende totalmente dallo Stato) tende a dimostrare che gli “indicatori di previsioni” sono stati raggiunti, se non totalmente, almeno in misura quasi totale. In questo modo, viene perseguito non il mancato sviluppo economico in questo o in quel settore, ma il famigerato “tutto secondo i piani”, che spesso porta soltanto all’incremento delle perdite. Ad esempio, come può il capo di un’impresa fermare, per iniziativa personale, la produzione per il riarmo senza il rischio di essere licenziato per il mancato raggiungimento dei famigerati “indicatori di previsioni”? Nessuno si prenderà un tale rischio senza il benestare dello Stato e del Presidente. Anche se Lukašenko e i membri della sua squadra brillassero per intelligenza, è forse possibile assicurare un regolare sviluppo dell’economia nell’ambito di un governo manuale? Naturalmente no. Perciò il principale indicatore non deve essere il “piano”, ma la redditività dell’impresa. Se ne fa un gran parlare, ma il famigerato “piano” finora è ancora in cima all’economia bielorussa. Aggiungiamo a ciò la peculiare forma di ricollocazione dei mezzi, quando, per esempio, per la soluzione di problemi sociali e di altra natura si prende liberamente dalle imprese una parte dei mezzi a tutti i livelli, come ad esempio: tu, Stepan, ripara la strada, tu, Ivan, fai il bilancio del kolchoz, e tu, Sergej, trasferisci i soldi per il nostro nuovo progetto. Inoltre si possono mobilitare tutti per il sabato lavorativo (lavoro di ristrutturazione, oppure sui posti di lavoro con pagamento di tasse allo Stato), oppure imporre un abbonamento di massa al giornale “Bielorussia Sovietica”, mettere sotto contratto i lavoratori con la formula “un passo a destra, un passo a sinistra: licenziato”, e ancora molto altro su questa falsariga. E non è importante che in ogni caso concreto il budget statale soffra delle perdite. È chiaro che nel caso dell’investitore straniero possono sorgere delle difficoltà. Proprio questo è quello che crea problemi alla parte bielorussa più di ogni altra cosa: le imprese privatizzate con partecipazione di capitale straniero non si integrano in questo schema. Se il loro numero aumenterà, la verticale bielorussa sarà costretta a risolvere molti problemi, a partire dalla somma delle tasse che si accumulano, e non dagli astratti insiemi di “previsioni, compiti e assegnazioni”. Ma tutto il mondo vive così. La Bielorussia non può vivere in altro modo. Altrimenti un numero significativo di operai qualificati e preparati andrà in Russia in cerca di lavoro. Tutto ciò danneggia l’economia, ma l’economia bielorussa si trova in una posizione difficile a causa delle risorse energetiche, e Lukašenko sostiene che se spezza questi fili di potere l’economia potrebbe addirittura crollare del tutto. In questo senso si può soltanto salutare favorevolmente l’arrivo del business italiano in Bielorussia. Nonostante il fatto che le verticali bielorusse tentino costantemente di conservare il massimo controllo su qualunque impresa nel loro territorio (pacchetto azionario controllato, “azione d’oro” e molte altre cose simili) la quantità di forza lavoro qualificata unita a un alto livello di disciplina, alla possibilità di pagare un salario basso, ma anche a misure per l’aumento dell’attrattività degli investimenti in Bielorussia attira nel paese gli investitori stranieri, e italiani in particolare. In conclusione il volume delle esportazioni della Bielorussia nel 2011 è aumentato quasi della metà, raggiungendo 86 miliardi di dollari. Il volume record, di 1,5 miliardi di dollari, è stato raggiunto con l’Italia. E gl’investimenti diretti esteri dell’Italia, anche grazie alla visita di Berlusconi, sono cresciuti di 10 volte. Il business italiano partecipa allo sviluppo del sistema ferroviario, alla costruzione dell’anello di trasporto a Minsk, della centrale elettrica a gas e della produzione unica di vetroceramica. L’Italia, dove l’economia è orientata verso lo sviluppo delle piccole e medie imprese, in molti casi rappresenta un esempio per la Bielorussia e il suo business. La Bielorussia a sua volta esporta in Italia prodotti petroliferi, fertilizzanti potassici, produzione metallurgica, costruzione con la partecipazione dell’Italia. Sono sicuro che questa collaborazione può solo migliorare. Maggiore sarà la presenza del capitale italiano e straniero, più velocemente la Bielorussia potrà allontanarsi dal pieno controllo dello Stato. E questo significa che, a parte le convenienze puramente economiche, la Bielorussia avvicinerà man mano i suoi approcci alle questioni economiche a quelli italiani e in generale europei.

Per lungo tempo ci sono state voci relative a un riconoscimento bielorusso delle repubbliche dell’Ossezia del Sud e dell’Abcasia. Perché questo non è avvenuto, e qual è l’attuale interesse di Minsk verso quest’argomento?

Io ritengo che per la Bielorussia sia indispensabile intrattenere relazioni normali con un numero più alto possibile di nazioni. Tanto più con l’Unione Europea, dal momento che la Bielorussia fa parte dell’Europa. Inoltre penso che l’integrazione postsovietica e la creazione dell’Unione Eurasiatica rappresentino le più importanti priorità della politica interna ed estera della Bielorussia. Le azioni poco amichevoli della diplomazia europea, portate avanti dopo il mancato riconoscimento dei risultati delle elezioni presidenziali in Bielorussia, testimoniano della necessità di tornare a riesaminare il problema del riconoscimento dell’indipendenza dell’Abcasia e dell’Ossezia del Sud, a cui hanno già proceduto i nostri alleati, Russia e Venezuela, come a suo tempo proprio con la volontà di conservare buoni rapporti con l’Unione Europea si spiegava l’assenza di tale riconoscimento da parte della Bielorussia. A proposito, io non escludo che questa decisione sia stata aiutata dalla posizione di Berlusconi al tempo del suo incontro con Lukašenko, nonostante non possa affermarlo con certezza. Il riconoscimento, maturato da tempo, di Abcasia e Ossezia del Sud dimostrerebbe la fedeltà della Bielorussia ai suoi doveri di alleato nei confronti della Russia e l’indipendenza della nostra politica estera. È assolutamente evidente che si è verificato un conflitto militare locale, che ha ricalcato sotto molti aspetti il precedente del Kosovo. E la Bielorussia naturalmente, a mio modo di vedere, deve supportare la Russia in questa situazione, ed era necessario farlo già da tempo. Purtroppo, una certa incomprensione tra Putin e Lukašenko ha portato al fatto che quest’ultimo per ora ha deciso di aspettare. Dal mio punto di vista questo non è corretto e non risponde appieno allo spirito delle relazioni di alleanza tra Russia e Bielorussia, nonostante neanche il Kazakistan, come terzo partner, abbia appoggiato la Russia in questa situazione. Verosimilmente, idealmente Kazakistan e Bielorussia potrebbero prendere la decisione di riconoscere l’Abcasia e l’Ossezia del Sud insieme. Tuttavia, se la Bielorussia lo facesse da sola, ciò rappresenterebbe uno stimolo per la soluzione di questo problema anche da parte del Kazakistan, e poi, a catena, da parte di molti altri Paesi. Riconoscendo il Kosovo, l’Occidente ha aperto il vaso di Pandora. Adesso, coloro che sono in grado di difendersi militarmente da un attacco diretto degli USA – Russia e Cina – non sono assolutamente costretti a prendere delle decisioni relative al riconoscimento di questo o di quel Paese su indicazione dell’Occidente. Ma questo nuovo mondo può portare al caos totale, ed è abbastanza triste il fatto che, a suo tempo, prendendo decisioni sul Kosovo, in Occidente non c’è stata la saggezza di non farlo e non creare un pericoloso precedente. Credo che in questo caso la posizione degli USA e dell’Occidente preoccupi poco la Russia. A questo proposito ricordo una vecchia barzelletta. Il Ministro degli Affari Esteri va da Stalin e gli dice che a Roma il Papa non ha approvato una serie di decisioni dell’URSS e chiede al capo cosa deve fare ora l’Unione Sovietica. Stalin strizza gli occhi, e poi finge di interessarsi: “E chi è questo Papa? Quante divisioni ha? È lui che deve pensare, non io”. In questa rozza barzelletta c’è una grande dose di verità. Per qualche ragione è consuetudine rapportarsi alla Russia come alla sconfitta repubblica tedesca di Weimar. Credo che questo sia un grande errore nei confronti della nazione con il secondo potenziale bellico del mondo. La Russia non minaccia nessuno, ha numerosi problemi interni. Ma non sopporterà per sempre le pretese di Paesi minuscoli, dei suoi ex-territori separati, i quali, nascondendosi dietro la schiena di UE, NATO e USA, tentano continuamente di punzecchiarla. Penso che per una comune utilità i Paesi europei seri insieme agli USA devono attuare una politica più bilanciata in queste circostanze. Ma c’è anche un altro fatto non meno importante. Lukašenko vorrebbe assicurarsi l’appoggio della Russia dal momento che la Bielorussia potrebbe avere dei rischi finanziari a causa di possibili sanzioni e azioni ostili da parte dell’Unione Europea in caso di riconoscimento di Abcasia e Ossezia del Nord. Si trattava di un compenso in denaro. Tuttavia, per quanto ne so, Putin ha scartato questa ipotesi.

Sappiamo che attraverso la diplomazia il presidente Lukašenko è stato in grado di creare le condizioni per l’armonia di diversi elementi politici, sociali ed economici, inclusi la cultura tradizionale della Bielorussia, la religione ortodossa (il Patriarcato di Mosca ha conferito tre lauree al presidente della Bielorussia) e una politica ancorata in un forte socialismo di Stato. Esiste un “segreto di Lukašenko” per spiegare la formula di questo successo?

In Bielorussia c’è una delle comunità più tolleranti e tranquille del mondo. Una particolarità delle città bielorusse è la presenza di chiese sia cattoliche sia ortodosse. Naturalmente qui ha giocato un ruolo importante la situazione etnoconfessionale. I cattolici e gli ortodossi vivono insieme già da molto tempo, e nonostante i rapporti tra le due comunità religiose non possano definirsi come cristallini, sono perfettamente civili e in qualche misura anche amichevoli. Il 12 giugno 2003 il rappresentante della Bielorussia Novitskij e l’esarca patriarcale di tutta la Bielorussia, il metropolita Filaret hanno firmato un accordo per la collaborazione tra la Chiesa Ortodossa Bielorussa e la Repubblica di Bielorussia. Sembrerebbe che non ci sia niente di particolare nel fatto che la Bielorussia è intenzionata a sottoscrivere questo stesso accordo (concordato) col Vaticano. Tuttavia in questo caso non è così facile. Tradizionalmente il concordato è un accordo non solo con il Vaticano, ma anche con tutta la comunità cattolica. Non a caso i cattolici affermano che la Chiesa cattolica è l’unica confessione che possiede soggettività internazionale. Se l’accordo con la chiesa ortodossa bielorussa è interno, allora presumibilmente il concordato porterà le relazioni tra la Chiesa cattolica e lo Stato bielorusso a un livello di soggettività internazionale. In questo caso la Chiesa cattolica otterrà garanzie giuridiche e difesa internazionale che gli ortodossi non hanno, il che potrebbe sconvolgere il tradizionale equilibrio di influenza delle due confessioni. Parlando di Lukašenko, come persona e come politico, allora il cosiddetto “segreto di Lukašenko” ha una sua spiegazione del tutto concreta. Ho già detto che nell’Europa contemporanea c’è un deficit di politici brillanti – come Berlusconi, ad esempio. Dal mio punto di vista ciò è collegato al divieto di discutere di questi o di quei problemi apertamente, per via del “politically correct“. Altrettanto tristi erano i politici nella tarda URSS, i quali non potevano dire ciò che pensavano a causa delle esigenze dell’ideologia comunista ufficiale. Lukašenko è abbastanza sincero e brillante: spesso dice ciò che pensa. Ma, ancor più importante, lui sente molto bene l’umore regnante tra le masse popolari e ciò che al momento è più attuale. Inoltre è senza dubbio un uomo molto volitivo e un politico rigido, e a una persona simile il potere non cadrà dalle mani, come successe a Gorbačëv. Oltre a tutto ciò Lukašenko è totalmente libero nei confronti del denaro. A lui praticamente non interessa sul piano personale. In questo senso è un uomo abbastanza fuori dal coro. I nostri membri dell’opposizione sostengono che abbia dei conti segreti, ma nessuno ha mai fornito prove concrete della loro esistenza. Penso semplicemente che questi conti non esistano. Per Lukašenko è di gran lunga più importante la sua visione personale riguardo a come deve essere la Bielorussia e in che direzione deve andare. Lui ama l’hockey e lo sci, come molti altri uomini. È un sostenitore della pena di morte e non lo nasconde. In Bielorussia, in realtà, la maggior parte della popolazione sostiene la pena di morte: la gente non capisce perché nella stessa Europa un uomo che ha ucciso molte persone (come Breivik in Norvegia) deve starsene in una comoda camera, guardare la televisione e divertirsi. A volte Lukašenko si esprime al limite, ma più spesso in modo preciso e a modo. Così, quando il ministro degli Affari Esteri della Germania Vestervelle ha definito Lukašenko “l’ultimo dittatore d’Europa”, lo stesso Lukašenko ha affermato che è meglio essere dittatore che omosessuale, e non è affare della Germania, per colpa della quale la Bielorussia ha sofferto negli anni della guerra, insegnarci la democrazia. Lukašenko è un presidente popolare nel senso che dimostra sempre la vicinanza delle sue preferenze agli interessi dei semplici bielorussi. Per quanto riguarda il socialismo bielorusso (o più semplicemente il capitalismo nazionale), in questa fase è proprio questo il modello, probabilmente, che più corrisponde allo spirito bielorusso. Le persone, abituate da secoli al ruolo forte dello Stato e della collettività, in effetti non sono ancora pronte a vivere in modo diverso, in ogni caso la maggioranza non lo è. Relativamente a ciò in Bielorussia non c’è nessuna seria richiesta di democrazia nel senso occidentale, né c’è terreno fertile per essa. L’opposizione bielorussa si fa delle illusioni quando pensa di poter portare per le strade il popolo a combattere per la democrazia. Ai Bielorussi interessa, che piaccia o no, tutt’altro: il loro livello di vita, la stabilità, la possibilità di ottenere un’istruzione, l’acquisto di una casa. In questo sistema di valori la democrazia, per usare un eufemismo, non ha la priorità. Tuttavia, con lo sviluppo del business e dell’imprenditoria, questa situazione cambierà. Le forme tradizionali di governo, tra cui quelle arcaiche comunitarie, spesso risultano efficaci, come possiamo vedere nel caso delle innumerevoli comunità di persone provenienti da nazioni del Terzo mondo, per le quali la democrazia è semplicemente un esotismo occidentale. Si adattano perfettamente in Europa occidentale e aspirano a tutti i parametri a livello di vita quotidiana degli stessi europei con tutte le loro libertà personali. Il rappresentante di un dato clan di immigrati a Madrid è certo della felicità del proprio modo di vivere, soprattutto quando magari ha una famiglia con 12 figli e vede accanto a sé strane “famiglie” senza figli composte da lesbiche e omosessuali. Lukašenko lo capisce perfettamente e fa leva proprio su una forma di organizzazione sociale collettiva. È semplicemente un politico brillante. Ovviamente, molti in Bielorussia non lo amano e non lo sostengono. Ma non puoi piacere a tutti. Per popolarità e fama Lukašenko è per la Bielorussia quello che Berlusconi è per l’Italia, nonostante tutta la differenza nella visione del mondo dei due leader. Non sono affatto d’accordo con tutto ciò che fa Lukašenko, ma ritengo che sia diventato presidente della Bielorussia meritatamente e giustamente. Mi sembra anche strano che Lukašenko sia attaccato per il sostegno ai suoi figli. Un padre normale farà sempre così. A proposito della possibilità che uno dei suoi figli diventi in un futuro il presidente della Bielorussia, io penso “perché no?”. Questo non significa che io sostenga questa ipotesi di sviluppo degli eventi, ma negli USA ci sono stati Bush padre e Bush figlio, il clan dei Kennedy, la famiglia Clinton. Credo che i figli di Lukashenko abbiano lo stesso diritto di candidarsi alla carica di Presidente come qualunque altro cittadino bielorusso.
Grazie di nuovo per la possibilità concessami di esprimere le mie opinioni. Per concludere, vorrei augurare ai lettori italiani tutto il meglio. Da noi in Bielorussia amano l’Italia, un Paese bello, solare e marittimo.

(Traduzione dal russo di Roberto Ricci e Ihor Nabokov)


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