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Sono all’incirca milleduecento anni che il tempio di Bongeunsa sta in Samseong-dong, nel quartirere di Gagnam-gu, a Seoul. E stato costruito in un epoca in cui il governo supportava il confucianesimo e opprimeva il buddhismo, i grandi maestri Seosan e Samyeong ci hanno insegnato la pratica del Seon, il Buddhismo Zen coreano. Qui sono conservati gli ottantuno volumi dell’Avatamsaka Sutra, qui il grande maestro Joenghee Kim ha sviluppato il suo stile unico di calligrafia e alcune sue tavolette sono ancora custodite tra le 4238 che stanno negli archivi della Stanza dei Sutra.
Sono passato dalla Jinyeo-mun, la Porta dell’Essenza. Jinyeo significa essenza, essenzialità, sostanza semplice delle cose come sono, realtà ultima oltre tutte le parole e le distinzioni. Alla soglia del tempio quattro spiriti sovrani proteggono gli insegnamenti del Buddha ovunque esso si trovi, ognuno volto a un punto cardinale - nord, est, sud, ovest –custodiscono il padiglione del Buddha, signore del dharma, maestro della disciplina. Oltre questa porta inizia il viaggio verso la verità.
Yeongsan-jeon è la rappresentazione del Picco degli Avvoltoi, in India, dove Sakyamuni Buddha predicò ai suoi discepoli prediletti. Intorno a me, negli stagni e per le aiuole, stuatue di personaggi, uomini e animali, lentamente si illuminano mentre sia vvicina la sera. I monaci si applicano alle pratiche del canto, dei pasti monastici, dei lavori comuni e della meditazione, Bongeunsa è un paradiso di pratica e compassione. Ora siamo in quel preciso istante in cui il giorno lascia il posto alla sera, quando non c’è più luce ma si possono ancora distinguere le ombre. Il sole ha terminato la sua fatica quotidiana e adesso lascia che la temperatura cambi, le masse d’aria si muovano invisibili e sollevino un vento tiepido che avvolge e accarezza e fa oscillare le lanterne di carta con i fioretti appesi sotto. Un suono di mille campanelli inizia piano a vibrare verso l’infinito e davanti a me contorni della grande statua di Maitreya, il Buddha del Futuro, colui che scenderà in terra per salvare tutti gli esseri senzienti, lentamente scompaiono. Di fronte a questo grande Dio di pietra mi sento piccolissimo, come un bambino, un neonato, come un fiore o un topo, una particella insignificante eppure parte felice e integrante dell’universo.
La statua di Maitreya è alta 23 ventitré metri e viene dalla provincia di Jeolla dove tutti lo adorano. A un certo punto, come fosse la cosa più naturale del mondo, si abbassa chinandosi verso di me. Intorno tutto ciò che si muove è fermo e tutto ciò che è fermo si muove, e il Buddha incomincia a parlare.
Quella è Jijang-jeon, la casa di Kshtigharbha il Re dei Morti che vive nel mondo sottoterra e si prende cura degli spiriti, il Bodishattwa che ha fatto il grande voto e non entrerà nel suo stato di Buddha fino a che non avrà salvato l’ultimo degli esseri che soffrono sulla terra. E quello che vedi lontano che vola e sale fino alle stelle invece è il dragone, protegge il padiglione del Buddha della Medicina.
Lui mi racconta e camminiamo insieme - il gigante e il bambino - nel tempio ormai chiuso e deserto. Mi mostra Haesu Gwaneum-sang, il Buddha della Compassione, che vive sull’isola di un lago ed è in grado di sentire la voce degli esseri che non possono emettere suoni. Ha una bottiglia di nettare nelle mani e li solleverà da tutte le loro sofferenze. Camminando e parlando arriviamo fino a un piccolo padiglione aperto, sotto una tettoia stanno quattro strumenti: una campana, un tamburo, un gong e un grande pesce di legno. Vanno suonati al tramonto e la sera, per salvare tutti gli esseri dell’universo. La campana salva gli spiriti dei morti, il tamburo gli animali della terra, il gong a forma di nuvola salva gli uccelli e tutte le anime che vagano per l’aria su fino al paradiso e il suono del grande pesce è per tutte le creature dei mari e degli abissi. Impugno i bastoni e per una sera salvo il mondo. Solo per una volta ma sento che questo è il mio giorno.
Quando termina l’ultima l’eco dell’ultimo suono quell’unico attimo è passato, il crepuscolo è finito, Maitreya è sparito. Intorno è buio e ormai si è fatta sera. Esco e al semaforo le luci delle auto e le insegne dei palazzi riverberano da ogni parte sull’asfalto bagnato dalla pioggia. E’ successo davvero o è stata solo suggestione? Perché non sono fradicio? Perché dentro Bongeunsa non pioveva? Attraverso la strada, passo il padiglione del COEX, il centro commerciale Hyundai e mi infilo nelle porte girevoli dell’Intercontinental.
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