L’Italia e Spagna (al centro delle polemiche per adozioni internazionali finte) s’accodano ad altri paesi occidentali (Canada, Danimarca, Germania, Francia, Norvegia, Svezia, Svizzera e Regno Unito) sospendendo le adozioni internazionali dal Nepal.
L’anno scorso il governo varò una nuova legge diretta a evitare l’abituale compravendita di bambini che aveva portato già, nel 2007, al blocco delle pratiche. Era immaginabile che la legge restasse sulla carta e il business nelle mani di arcinoti trafficanti. Ne avevamo già parlato evidenziando come in un paese in cui tutto è provvisorio (governo, Assemblea costituente, ministri e ministeri) e fuori controllo, poco erano le speranza che questa delicata materia fosse seriamente regolamentata. Il ministero del Welfare e le varie commissioni incaricate di vigilare non funzionano e il business è rimasto, interamente, nelle mani dei gestori di falsi orfanotrofi e associazioni varie. Fra i paesi in cui il fenomeno delle adozioni internazionali è più diffuso e contestato è, forse, la Cambogia che sta cercando di controllare e limitare il fenomeno.
Nel febbraio di quest’anno, una delegazione di legali del Conference on Private International Law, mise nero su bianco in un rapporto questa situazione e, subito, diversi paesi bloccarono le adozioni, per ultime Spagna ed Italia. Qualche mese fa un bel documentario di Terres des Hommes aveva reso pubblico (e spettacolare) il business degli “orfani di carta” (Paper Orphans è il titolo del documentario). A Patan la proiezione, con gran pienone di salvatori dei bambini.
La storia raccontata è tragicamente vera e diffusa. Famiglia povera sperduta nei villaggi delle colline, soldi zero, qualche funzionario di un Associazione che offre al bambino la possibilità di mangiare e studiare a Kathmndu, il suo inserimento in un orfanotrofio\home, e l’inizio del processo di vendita a qualche ignara famiglia occidentale. Nel caso raccontato nel documentario la madre si è mossa con vigore creando una querelle internazionale fra Spagna e Nepal.
Che dire, già in altri post, avevamo concordato con chi dice che l’adozione internazionale deve essere l’estrema risorsa per dare opportunità a un bambino. Prima dovrebbe esserci l’intervento e il potenziamento delle strutture comunitarie d’accoglienza e sostegno, poi, eventualmente, l’adozione interna. Alcuni Rapporti dicono che il 60% dei bambini chiusi in orfanotrofi non sia in realtà orfano, ma infilato nelle fabbriche d’adozioni come il Bal Mandir e altri. Sarebbe bello che parte della somma (fra i 20 e i 30 mila euro) che un genitore adottivo spende nelle pratiche andasse nei villaggi per offrire soluzioni, meno traumatiche, ai bambini in difficoltà. Questo non accade e, a Kathmandu, si raccontano molte storie di personaggi (magari anche vicini alle ambasciate occidentali) diventati ricchi con questo business.