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Confesso di non sapere se è con Giorgio Bocca che se ne va l'ultimo dei Grandi Vecchi della Resistenza, ma di sicuro il Vecchio che portava il distintivo di una stagione storica, oggi rimessa in questione e "rovesciata" persino da un altro Vecchio giornalista scrittore come Pansa, con orgoglioso e indiscusso merito.
Anche se non è mancato e non mancheranno quelli pronti subito a ricordare al mondo che Giorgio Bocca ha esordito come giornalista proprio da "fascista". Articoli scritti in anni di età giovanile quando in tanti, quasi tutti, vedevano il Fascismo attraverso quelle luce ambiguamente rivoluzionaria che all'inizio lo ha contradistinto come movimento politico e sociale.
Bocca aveva quella spigolosità tipica di tanti piemontesi di montagna ma possedeva, come controcanto, quel dolce sorriso sornione e ironico, anch'esso tipico dei piemontesi di montagna mentalmente aperti.
Il piglio, il modo di porsi e la maniera tagliente con cui sapeva tracciare giudizi verbali e scritti inappellabili, lo rendevano a tanti non di simpatia immediata e uno snob.
Noi italiani amiamo l'adulazione non certo il savonarolismo, e Bocca ha speso, soprattutto gli ultimi anni, a scrivere e dir "male" dei tanti vizi degli italiani e di quelle Maschere Politice che meglio incarnano i vizi tipici degli italiani.
"Questa Italia è ladra e corrotta. Il popolo sovrno? Pronto a tuti i delitti": è l'occhiello di apertura all'intervista che un anno fa, in occasione dell'uscita del suo libro "Annus Horribilis", Bocca diede a Gramellini de La Stampa.
«Chi vuol fare carriera non dovrebbe mai dire quello che pensa. Nel 1948, ero alla Gazzetta del Popolo, mi chiesero per chi avrei votato al referendum. Ma per la Repubblica, risposi io, ingenuo. Stupore assoluto. La Sip, padrona del giornale, sapeva che la sinistra voleva nazionalizzare l'azienda e tifava per i monarchici. Da allora il direttore Caputo mi fece mangiare merda. Ogni notte in tipografia urlava: chi è il coglione che ha passato questa notizia? I colleghi si aprivano come il Mar Rosso e in mezzo rimanevo io… Il mondo è pieno di servi».E al vicedirettore del La Stampa che gli faceva notare che per le sue risposte era facile farlo passare per snob,così Giorgio Bocca rispondeva: «L’unico che tenta di esserlo è Sgarbi. Ma l’italiano è il contrario dello snob. Noi siamo melodrammatici».
Credo che per non confermare questo nostro melodrammismo, anche giornalistico, invece di ascoltare o leggere i tanti "coccodrilli" di circostanza , torniamo o, se non l'abbiamo mai fatto, leggiamo i non pochi libri scritti, rimanendo poi liberi nelle nostre personali idee.
Si, perchè quando qualcuno ci lascia, Grande Giovane o Grande Vecchio che sia, a rimanere, per nostra fortuna, rimangono le testimonianze scitte pronte ad avere il vaglio della Storia. (Antonio Miredi)
La copertina del libro di Giorgio Bocca uscito per Feltrinelli nel gennaio 2010
"Tornerà il fascismo? Tranquilli, un po' è già tornato. La formazione in atto del nuovo regime la capisci dall'astio, dalla voglia di diffamazione, dal desiderio incontentabile di mettere a tacere chi si oppone al nuovo ordine. Nel rinnovato ma eterno fascismo c'è anche il disprezzo per la ragione pacata sostituita dalla ragione di chi urla più forte, la cagnara che imperversa ogni sera nei dibattiti televisivi dove i sostenitori del sultano si piazzano nelle prime file e su istruzioni del padrone urlano come cagnacci rabbiosi, impediscono agli altri di parlare" (Giorgio Bocca)
(Dall'ultima pagina di copertina del libro "Annus Horribilis"
L'intervista integrale di Gramellini a Giorgio Bocca la si può trovare anche sul sito de La Stampa nelle pagine culturali. (http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cultura/201001articoli/51733girata.asp)
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