Sull’asse ideale che unisce Montecitorio a Palazzo Madama, nella frenetica giornata di ieri a trionfare è stata la sinistra. Bersani ribalta pronostici e mormorii degli ultimi giorni, mettendo a segno una doppietta che va oltre le migliori previsioni del Partito Democratico: la Camera ha eletto Laura Boldrini (SEL), mentre il Senato va a Pietro Grasso (PD).
Il nuovo Parlamento dunque non delude Napolitano, che nella mattinata di sabato aveva richiesto una veloce elezione onde iniziare il prima possibile le consultazioni con i leader di partito. In mattinata la prima sorpresa, Laura Boldrini. Dopo la giornata infruttuosa di venerdì si credeva che la Camera avrebbe optato per una soluzione di compromesso, rispolverando uno dei soliti esponenti della vecchia politica; così non è stato. Scelta Civica e PDL, sapendo di non avere dalla loro i numeri per poter influenzare l’elezione di Montecitorio, hanno optato per la scheda bianca. Il Movimento Cinque Stelle non ha voluto scendere a patti con la coalizione PD – SEL ed ha continuato imperterrito a votare Fico, il proprio esponente. In virtù dell’ampia maggioranza conferitale dal premio elettorale, la sinistra si è così trovata libera di scegliere con cura a chi affidare lo scranno più alto della Camera, che per la terza volta viene assegnato ad una donna (prima della Boldrini era toccato a Nilde Iotti e Irene Pivetti).
Più complicata la situazione dalle parti di Palazzo Madama, dove si è addirittura dovuti arrivare al ballottaggio tra il presidente uscente Renato Schifani (PDL) e Pietro Grasso, neoeletto del PD. La seduta si è giocata su una manciata di voti, alla fine ha prevalso il senatore ex magistrato con 137 preferenze, venti in più di Schifani. L’aula ha a lungo applaudito il suo nuovo presidente, che durante il primo discorso ha voluto ricordare le vittime della mafia e ha auspicato l’inizio di una nuova fase costituente, in grado di ripulire la politica e i suoi interpreti, di renderla trasparente come un palazzo di vetro.
I senatori del blocco di centrosinistra sono 123, Grasso è stato eletto con 137 voti. Facile calcolare come il nuovo presidente sia stato eletto con 14 voti in più non provenienti dalla coalizione, bensì dal Movimento Cinque Stelle. I grillini al Senato sono 53, ciò significa che circa un quarto di loro non ha dato ascolto al capogruppo Crimi e ha accordato la propria preferenza all’esponente siciliano del Partito Democratico. Questi quattordici votanti sono sintomatici di una prima incrinatura in seno al Movimento? Troppo presto per dirlo, ma il tweet lanciato nottetempo dal Papa Ligure nei confronti dei “traditori” è il segno che le redini nelle sue mani non sono più così salde. Le due poltrone assegnate al centrosinistra, come da copione secondo i piani elaborati da Pierluigi Bersani, possono essere il primo segno di un governo guidato dal PD? Ancora una volta è troppo presto per dirlo, Bersani tuttavia può aver capito che l’ortodossia grillina può essere sconfitta con un’arma segreta chiamata buonsenso, lo stesso con cui il leader del PD ha optato per il Grasso, lo stesso con cui i Cinque Stelle si sono rifiutati di favorire Schifani o di lasciare bianca la scheda.
Articolo di Matteo Fontanone
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