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In questo capitolo 23 del franchise di James Bond, tutto sembra partire nel più classico dei modi. L’agente segreto più famoso del Regno Unito, cade in missione, a causa di una pallottola amica – e per un po’ si toglie di torno. Un pirata informatico si impossessa della lista degli agenti segreti Nato sotto copertura, e minaccia di rivelarli mettendoli in rete, facendosi beffe di ogni difesa dei sistemi informatici dei servizi britannici. M, sguinzaglia sulle tracce del nemico, il suo migliore agente, James Bond redivivo, che torna a Londra, rientra in servizio nonostante la pessima prova fornita nei test psicofisici, e segue le tracce del nemico in Cina, prima a Shanghai, poi nella città-bisca di Macao. Fino allo scontro finale, che ha il sapore dell’ordalia, con un colpo di scena colossale che cambierà i futuri Bond-movies. Cosa succede a un marchio consolidato, abitualmente affidato a onesti professionisti disposti a nascondersi nella sua ombra, se viene dato in mano (sintetizziamo per amore di brevità) a un “autore”? L’idea di mettere Sam Mendes alla regia con uno script di questo tipo va in realtà a braccetto con la ricorrenza del 50° anniversario di Licenza di uccidere: più che un film di Bond in linea con la tradizione, Skyfall sembra una riflessione sul suo stesso mito, sulla sua fondazione e rifondazione. Mendes non affronta il compito da primo della classe ma da vero fan: ritaglia per sé qualche momento di gloria (la clamorosa entrata in scena di Bardem) e lascia a briglia sciolta Roger Deakins, un grande direttore della fotografia, che se la spassa come un matto, soprattutto nell’isola giapponese e nel gran finale esplosivo in Scozia.Se l’ultimo Batman, film al quale troppi stanno paragonando questo 007, era un film sulla borghesia e la crisi di rappresentanza nel mondo di oggi, questo è un film sulla vecchiaia, sui tempi che cambiano, sul farsi da parte perché i tuoi nemici sono più giovani di te. Per tutto il film ti ripetono che Bond è vecchio, lo canzonano e vogliono pensionarlo. Lui fa tutto quello che deve: salta, spara, lotta, indossa magistralmente abiti e orologi, ma niente. Gli fan persino bere birra! Anche quelli della divisione Q per l’approvvigionamento hanno preso un ragazzino, Ben Whishaw, e lui sì che potrebbe essere il figlio di Bond. Poi però, ad un certo punto del film, quando Bond riprende la sua pistola alla National Gallery dal nuovo Q, iniziano a ripeterti che il sistema migliore per fare le cose è quello più tradizionale, che le tradizioni sono cool, che avevano ragione i Sigur Ròs e che si invecchia solo se lo si vuole. A Skyfall, Bond ritrova Kinkade, (Albert Finney che definire colonna del cinema inglese è poco), un guardiacaccia che avrà circa 600 anni, ma spara ancora come un giovanotto. Sempre a Skyfall, M e 007 ci vanno con un’Aston Martin DB5 (1963) e questa non è l’unica celebrazione del mito di Bond e di molte cose fatte o dette in altri film passati della saga, disseminate nel corso del film. Dal passato, si apprendono gli insegnamenti per il presente, insomma. Ricordate tutti la sequenza di apertura dei Giochi Olimpici di Londra 2012? Ecco, era già tutto lì, bastava aspettare per capirlo. La Regina si affida a 007 per la salvaguardia del suo Regno ma fa capire, che Bond può pure invecchiare, perché la vecchiaia tra i figli di Albione è un’altra cosa: possiamo definirla “usato garantito”. Ce lo dimostra lei che è seduta sullo stesso trono da 60 anni e ne ha viste giusto un paio.E' vero, i nemici, queste figure che dopo il 9/11 popolano la mente degli sceneggiatori e degli addetti alla sicurezza di tutto il mondo, sono oggi, più giovani, più arrabbiati e più pronti a tutto di quanto fossero le vecchie spie sovietiche, i nazisti, gli alieni o i milionari col gatto bianco appollaiato sul braccio. A quelli lì qualcosa andava storto prima o poi, perché il potere costituito lo puoi ferire ma poi ti frega per resistenza. Arrivavano a un passo dalla meta e lì arrivava Bond smargiasso e li zittiva. Oggi – Bane dell’ultimo Dark Knight lo insegna come Silva qui – le tecnologie possono colpire più velocemente e fare danni enormemente più gravi attraverso un click inviato da qualche parte del mondo ma lo status quo è sempre quello. E sapete perchè? Perchè l’unica che è riuscita a consumare una vendetta è stata Uma in quel glorioso Tarantino.
Se il paragone con Nolan serve a qualcosa credo stia proprio qui, in queste vendette incompiute. D’accordo? Non venite a raccontarmi che un film assomiglia a un altro solo perché il suo protagonista è in crisi personale.
Skyfall è un gran film, senza dubbio, ma non perché assomiglia a Batman, ecco. Lo è semmai, perché racconta il motivo del fallimento di ogni rivolta o presunta rivoluzione in atto oggi, da Occupy Wall Street ad Anonymous passando per Assange che proprio a Londra si nasconde. La vendetta, quindi, funziona solo – e poco – al cinema.Per cambiare le cose non basta un click: chiedetelo a quella seduta sullo stesso trono da sessant’anni.Voto: 7.5
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