Dopo avere ospitato nel mio blog il post di un Artista del Coro della Fondazione Teatro Lirico di Cagliari, avente ad oggetto il contenuto del famigerato Decreto Bondi, con cui si è voluto porre mano alle 13 Fondazioni operanti in Italia (ma famose nel mondo intero) per cercare di sanare il passivo dei loro bilanci che, a quanto è dato di sapere, ammonta complessivamente a 100 milioni di €, mi sento in dovere, visto anche l’interessante dibattito che attorno ad esso si è sviluppato, di fare le seguenti, sintetiche osservazioni sperando che esse possano contribuire allo scambio di idee che, nel pieno rispetto dell’altrui pensiero, ritengo fondamentale per una società civile e matura:
1. Ho ospitato quel post perchè sono un appassionato melomane e sono orgoglioso in quanto tale e in quanto Italiano, del grande patrimonio culturale ed artistico che esso rappresenta nel mondo e che se sfruttato a dovere potrebbe contribuire a migliorare la Bilancia dei Pagamenti italiana e la percezione distorta che a volte il mondo ha del nostro Paese.
2. Il mio blog non è un blog politico, ma tutti possono esprimervi il loro pensiero in piena libertà, senza violare la legge e senza offendere la libertà di pensiero altrui.
3. Nella esposizione del mio pensiero sul decreto Bondi non partirò quindi da analisi ideologicamente preconcette, per il semplice fatto che io non ne ho (o cerco di non averne, se preferite).
4. Premetto quindi che l’idea di risanare i bilanci di Enti e/o Fondazioni che in qualche misura dipendono dal Bilancio dello Stato mi trova consenziente.
5. Il risanamento di un Ente o di una Fondazione che produce cultura va fatto salvaguardando i livelli occupazionali e salariali acquisiti e rapportati alle diverse professionalità.
6. Se tagli si rendono necessari occorre essere coerenti con la manovra economica globale (quella governativa in corso di predisposizione da parte di Tremonti per intenderci) e tagliare perciò quegli stipendi che superino la soglia dei 100.000,00 annui (per intenderci quelli dei dirigenti apicali, peraltro responsabili, come si evince chiaramente dal dibattito in corso, del deficit delle Fondazioni).
7. Poichè le cariche apicali (parlo dei sovrintendenti ma anche dei direttori artistici e dirigenti apicali vari) sono cariche di nomina politica, io non capisco come possa il ministro Bondi (ma se si chiamasse Biondi o Goldfinger e se fosse di sinistra sarebbe esattamente lo stesso) prendersela con le maestranze. Se il deficit ci fosse (e pare che ci sia) esso sarebbe imputabile ai politici che hanno nominato amministratori e dirigenti e non certo alle maestranze (artisti del coro, professori d’orchestra, tecnici, impiegati e quant’altro) che hanno fatto e continuano a fare il loro lavoro.
8. Se invece di guardare le tessere politiche i nostri governanti (di ogni fede e colore) avessero valutato le capacità e fossero stati capaci essi stessi, di imprimere alla gestione delle Fondazioni Liriche la giusta direzione, si sarebbero resi conto che l’Opera Italiana è una risorsa culturare ed economica, non una peste da sconfiggere (come penserebbe chiunque leggesse il decreto Bondi senza conoscere la realtà dell’Opera in Italia).
9. Una idea su tante che si potrebbe applicare alla Lirica, sta nell’utilizzo della parola sinergia di cui a volte i nostri politici si riempiono la bocca ma che al momento buono non sanno applicare. Sarebbe sufficiente infatti che la TV di Stato comprasse i diritti delle opere liriche più importanti prodotte in un anno dalle 13 Fondazioni per un prezzo pari a 100 milioni di € (stornandolo magari dai miliardi di € assegnati al Calcio) e che distribuisse via satellite in tutto il mondo queste opere, oppure rivendendole direttamente alle televisioni estere che, statene certi, sarebbero ben liete di trasmetterle ai loro telespettatori, per capire che le Fondazioni porterebbero prestigio e quattrini alle asfittiche casse della TV italiana. Comunque, al di là del profitto, la TV, diffondendo le opere liriche, contribuirebbe a dare un servizio culturale agli Italiani, sottraendoli, almeno parzialmente, alla morsa asfissiante dei programmi calcistici che, sinceramente, di culturale non hanno più niente. Anzi, istigano all’odio e alla violenza, occupando le forze dell’ordine in assurde battaglie metropolitane dove a volte qualche povero poliziotto ci lascia persino la vita.
10. Avrei davvero tante altre cose da dire, ma voglio chiudere con una nota polemica che è anche una domanda: ma siamo sicuri che sopprimendo l’Opera noi avremmo un’Italia migliore? Oppure vogliamo fare anche qui un decreto assegnando l’Opera di Bellini alla Sicilia, quella di Porrino alla Sardegna, quella di Verdi all’Emilia Romagna, quella di Mascagni alla Lombardia, quella di Puccini alla Toscana? E così via elencando per Rossini, Leoncavallo, Mercadante, Corelli, Monteverdi e via discorrendo? Io preferirei che questi Autori restassero patrimonio culturale del mondo intero, come Mozart, Wagner, Berliotz, Bizet e tutti gli altri grandi dell’Opera i cui nomi qui non mi sovvengono. Uniti si vince e la Cultura ci unisca e non ci divida.