Once you go bad, you never come back.
Una volta che avete cominciato a guardare Breaking Bad, siete fregati. Io vi consiglio quindi di non cominciare a vederla. State lontani da questa serie. Dopo che l’avrete cominciata, vi piacerà sempre più. Episodio dopo episodio. Stagione dopo stagione cresce fino a diventare qualcosa di fenomenale, al punto che le altre serie, la maggior parte delle altre, al confronto vi sembreranno davvero delle robette. Meglio quindi se non la iniziate o, se lo fate, attenzione perché è una serie che va maneggiata con estrema cura. Quando si parla di Breaking Bad, stanno tutti a gridare al capolavoro, alla serie fenomenale, al miracolo televisivo, eppure a guardare i primi episodi si potrebbe rimanere un attimo delusi. Lo spunto di partenza è intrigante. Walt White è un professore di chimica qualunque, di un liceo qualunque, di una cittadina qualunque degli Stati Uniti, più nel dettaglio di Albuquerque nel New Mexico. Conduce una vita normale, ha un figlio e una moglie nuovamente incinta. Tutto tranqui, tutto rego fino a che scopre di avere un cancro. Da qui in poi, la sua vita cambia radicalmente. Un radicalmente che però diventa davvero radicale. Il tranquillo Walt White, per assicurare ai famigliari un futuro sicuro a livello economico anche una volta che lui non ci sarà più, si mette a produrre e a smerciare metanfetamine. Per un chimico come lui, è un gioco da ragazzi produrne di alta qualità e per farsi aiutare si mette in affari con un giovinastro, un suo ex studente tossico, il mitico Jesse Pinkman. Uno spunto davvero notevole, eppure la serie non esplode subito. Non si brucia il suo intero potenziale nei primi episodi. La prima stagione è sì convincente, ma non ancora del tutto. A sentire le numerose lodi sperticate, a vedere le varie nomination e i premi ricevuti agli Emmy o ai Golden Globe, si rimane un pochino disorientati. Ci si chiede se per caso questo Breaking Bad non sia un tantino sopravvalutato. Arriva la seconda stagione, e pure qua l’impressione non è che cambi di molto.Se non avete dato retta al mio consiglio iniziale e vi siete avventurati a vederlo comunque, nonostante io vi abbia intimato di non farlo, a questo punto vi tocca proseguire, perché la serie sembra sempre lì lì per fare il botto. Il bello di Breaking Bad sta proprio nell’attesa. Nei suoi ritmi lenti che poi a un certo punto esplodono, proprio quando non te l’aspettavi più. È questo quanto succede negli episodi migliori della serie ed è quanto capita soprattutto a partire dalla seconda metà della seconda stagione. Dopo aver tessuto con calma la sua ragnatela, l’autore della serie Vince Gilligan, con l’aiuto dei suoi talentuosi collaboratori, fa salire le varie tensioni costruite tra i due protagonisti. La loro situazione si fa sempre più incasinata e finalmente cominciamo a vederne davvero delle belle. I primi episodi sono stati un’introduzione, giusto un aperitivo da gustare con calma in attesa delle portate principali, che arrivano e sono sempre più prelibate.Raramente mi è capitato di vedere una serie in così costante crescita. Un sacco di serie bruciano subito tutto all’inizio. Le idee migliori le propongono nei primi episodi, o comunque nelle prime stagioni, e poi tirano a campare riciclandole continuamente. Breaking Bad gioca invece una partita differente. Non è nemmeno nella stessa lega con le altre. Gioca proprio un altro campionato. E vince. Non so se sia un effetto voluto dal creatore Vince Gilligan, o se semplicemente ci va un po’ di tempo per adattarsi ai ritmi blandi e ai cambi di velocità improvvisi di questa serie. Fatto sta che si arriva alla terza stagione del tutto dipendenti da Breaking Bad. Mentre la situazione comincia a sfuggire dalle mani di Walt White, mentre le sue manie di grandezza crescono in maniera esponenziale con i soldi e il potere, anche il nostro controllo comincia a sfuggire e l’amore per la serie diventa totale. Al punto che quando si arriva al quarto ciclo di episodi, l’unica parola che riesce a sfuggire dalla bocca è ormai una sola: “Capolavoro”. La quarta stagione di Breaking Bad è un capolavoro, una delle migliori nella storia della tv americana. Walt e Jesse se la devono vedere con Gus Fring, l’uomo che sta dietro al traffico di metanfetamine, l’insospettabile che in realtà è il grande boss del cartello di droga al confine tra Stati Uniti e Messico. Un uomo tranquillo e quieto, proprio come Walt White e proprio come la serie tutta. Appare in sordina, non sembra valere un granché e poi è capace di stupirti in modi che non avresti nemmeno considerato possibili. Sta tutto qua, il fascino di Breaking Bad. Nel creare attesa, nell’accumulare tensione, nello svelarsi poco a poco. Onore al merito al già menzionato autore Vince Gilligan, al suo strepitoso cast capeggiato da Bryan Cranston e Aaron Paul, ma anche ad AMC, il network che trasmette altre serie formidabili come The Walking Dead e Mad Men, per aver dato tempo alla serie di crescere, e insieme a lei sono cresciuti i consensi e il numero degli spettatori.Adesso però siamo quasi arrivati alla fine. Non solo dell’articolo, ma anche della serie. La quinta stagione di Breaking Bad è stata spezzata in due come un Kit Kat, tanto per accrescere ulteriormente il senso di attesa che è sempre riuscita a costruire. La prima metà di episodi l’abbiamo già vista e ci ha lasciati con l’impressione che il meglio deve ancora venire. La seconda metà è appena arrivata in Italia su AXN, a partire dallo scorso 21 settembre, mentre negli USA l’AMC trasmetterà il 29 settembre l’ultimissima puntata. Un gran finale che si preannuncia imperdibile per tutti i “tossici” dipendenti da questa serie e che poi lascerà con un grande vuoto. Quindi io vi avverto ancora una volta: non cominciate a guardare Breaking Bad. Una volta iniziata, siete fregati. Non si torna più indietro.
Marco Goi per Oggialcinema.net