
Provate a immaginare. Era il 1944 e la cultura per vent'anni era stata succube dell'ideologia fascista. La guerra era vicina al termine, ma la liberazione sembrava non arrivare mai. Esprimere un'idea differente rimaneva pericoloso. Eppure un gruppo di amici si riuniva la domenica a casa dei coniugi Bellonci. E qui potevano liberamente discutere, proporre idee diverse, immaginare la futura ricostruzione d'Italia a partire dalla repubblica delle lettere. Si dovrà arrivare al 1947 per dare vita, grazie al finanziamento del proprietario della casa produttrice dell'amaro "Strega", al noto premio. Ancora oggi il gruppo di quattrocento persone che forma la giuria premiante viene chiamato gli amici della domenica. E' un omaggio a quel primario sentimento di libertà culturale, di desiderio di riscatto, di speranza nelle nuove idee. Oggi non sono poche le polemiche sull'assegnazione del premio. Ma in quel palazzo gonzagesco, girando per le stanze descritte nel capolavoro di Maria Bellonci, pensavo a quella donna, che dopo estenuanti ricerche e studi storici, si chinava su dei fogli o sulla macchina da scrivere, per mesi, ricreando un mondo passato che diventava magnificamente presente. Mi sembra di vederla. E quel primario spirito di libertà culturale diventa per me un esempio.