Ormai tutti conoscono lo scandalo sui derivati del MPS (Monte Paschi di Siena). Ne parlano tutti i giornali. In sintesi – per chi non avesse compreso appieno quello che è capitato – la vecchia amministrazione del MPS acquistò titoli derivati, e cioè titoli ad alto rischio (o tossici), i quali hanno comportato gravi perdite per l’Istituto Bancario. Nella vicenda sarebbe stato coinvolto l’ex amministratore Mussari, poi dimessosi dal vertice dell’ABI (l’Associazione Bancaria Italiana). Di più, i giornali di centrodestra attaccano sia Monti che il PD. Il primo perché il suo governo tecnico concesse 3,9 miliardi di euro al Monte Paschi di Siena per coprire le perdite tramite la sottoscrizione dei cosiddetti Monti-Bond. (I maligni suggeriscono come l’importo sia quella della prima rata IMU pagata dagli italiani.) I secondi vengono chiamati in causa, per gli storici legami tra il MPS e il Partito Democratico e per il fatto che votarono a favore della concessione al MPS dei sopracitati 3,9 miliardi di “Monti Bond”.
Tuttavia, non è dell’intreccio tra politica e finanza che voglio parlare, né dei rapporti tra il PD e il Monte dei Paschi di Siena (i vertici del Partito Democratico negano ogni responsabilità in merito), quanto dell’emergere con più forza della esigenza di una riforma profonda del sistema bancario-creditizio che eviti per il futuro che una banca che raccoglie il risparmio dei cittadini poi investa questo denaro in attività altamente rischiose che non solo potrebbero pregiudicare la solvenza della banca nei confronti dei risparmiatori, ma potrebbero altresì comportare aiuti pubblici (e dunque denaro dei contribuenti) ovvero un ridimensionamento dell’istituto con evidenti perdite di posti di lavoro.
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La questione è semplice e parte da una semplice distinzione tra banche che raccolgono il risparmio e svolgono l’intermediazione tra chi – appunto – risparmia e chi invece ha necessità di capitali da investire nell’economia reale (es. per avviare un’attività produttiva), e banche che raccolgono invece i capitali da investire in borsa e dunque in attività di speculazione e rischio. Queste ultime sono note anche come “banche d’affari”.
Orbene, in Italia – a quanto mi risulta – tra le due tipologie di attività bancaria non v’è una differenza reale né giuridica. In altre parole, una banca italiana può svolgere indistintamente l’una o l’altra attività, con una prevalenza oggigiorno della seconda sulla prima. Il che è male. Anzi malissimo. Abbiamo potuto vedere cosa capita quando una banca utilizza il denaro degli ignari risparmiatori per giocare in borsa. Perciò appare evidente che qui si debba mettere un punto fermo affinché si vada a capo e si faccia ordine con una riforma che separi le banche di intermediazione e risparmio dalle banche d’affari, con una completa incompatibilità fra le due forme di raccolta e utilizzo del risparmio, fino all’estrema conseguenza che le prime non potranno investire in borsa e le seconde non potranno svolgere attività creditizia.
Solo così si potrà evitare nel futuro che una banca che raccoglie il piccolo risparmio poi lo investa irresponsabilmente e arbitrariamente in titoli tossici nella speranza di fare enormi guadagni da spartire fra gli azionisti (e gli amministratori). La banca deve ritornare al passato e fare quello per la quale è nata: permettere l’incontro tra chi risparmia e chi ha esigenze di liquidità per fare investimenti nell’economia reale. I giochi in borsa sono tutt’altra cosa e devono essere lasciati a chi volontariamente e coscientemente affida i propri capitali agli speculatori per questo genere di attività, nella piena consapevolezza che potrà perderli. Approfittare invece di un pensionato che conserva il proprio denaro in un libretto bancario, per giocare in borsa non solo deve essere considerato IMMORALE, ma anche ILLEGALE.
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Il prossimo governo – di qualunque colore esso sia (e personalmente spero non rosso) – avrà il dovere morale ed etico di separare le due tipologie bancarie e impedire per il futuro che si ripetano esempi come quello del Monte dei Paschi di Siena o se vogliamo spingerci oltre, di quello ancor più famoso e devastante che colpì la JP Morgan negli USA.