Posted 24 luglio 2013 in Bulgaria with 0 Comments
di Kaspar Hauser
Oltre un centinaio tra deputati, ministri e giornalisti bulgari sono stati ‘liberati‘ nella notte dalla polizia dopo essere rimasti intrappolati nel Parlamento di Sofia per otto ore a causa dell’assedio dei manifestanti. Le forze dell’ordine sono riuscite a creare un corridoio tra le centinaia di dimostranti che protestano ormai da 40 giorni contro la decisione del governo di nominare il magnate dei media, Delyan Peevski, già coinvolto in scandali di corruzione, a capo dei servizi di sicurezza.
La retromarcia dell’esecutivo il mese scorso non è bastata a calmare gli animi, che ora chiedono le dimissioni del governo guidato dai socialisti, a poche settimane dal suo insediamento. Nella notte, un primo tentativo di portare fuori deputati e ministri intrappolati è fallito a causa della reazione della folla che ha tirato pietre e bottiglie contro il pullman della polizia. Intorno alle tre del mattino i poliziotti sono riusciti a creare un passaggio e portarli fuori. Le sessioni parlamentari previste sono state annullate fino a quando non verrà restaurato l’ordine. Dalle proteste sono nati scontri, con diversi manifestanti feriti alla testa. Tra i contusi anche due poliziotti.
Quella che viene presa di mira è l’oligarchia, come la chiamano gli stessi manifestanti, accusata di tenere in mano tutto il potere politico ed economico a scapito del benessere dei cittadini, e la Bulgaria è in effetti il paese più povero d’Europa e anche il più corrotto. Tuttavia la popolazione, che manifesta da mesi, ha trovato il coraggio dell’opposizione in un paese che scopre una generazione di giovani distante da quella idiosincrasia verso la piazza che ha connotato, in certa misura, la generazione precedente, costretta alla piazza quando c’era da esprimere il consenso obbligatorio al regime e malmenata quando manifestava il dissenso. E anche la polizia, a differenza del caso turco o romeno, si sta distinguendo per la mancanza di ferocia e abusi.
L’assenza di violenza è l’elemento più interessante di queste proteste poiché, a meno di non voler chiamare “violenza” qualsiasi espressione di rabbia popolare o il lancio di qualche oggetto (come la stampa affamata di scandali sempre fa), fin qui le manifestazioni andate in scena a Sofia e nelle altre città della Bulgaria si sono svolte senza eccessi e hanno, anzi, avuto un relativo successo portando alle dimissioni dell’ex primo ministro Boyko Bosrisov e al ritiro della nomina di Peevski.
Ma le proteste che da mesi scuotono la Bulgaria non solo “generazionali”, il paese intero sembra essersi destato da un torpore che durava dal 1989. E proprio uno degli uomini di quel lontano ’89 è oggi un simbolo delle nuove proteste. E’ un poeta, si chiama Edvin Sugarev, fu deputato dell’Assemblea costituente dopo la caduta del regime totalitario nel 1989, personaggio emblematico del movimento anticomunista bulgaro negli anni novanta. Da ventitrè giorni Sugarev era in sciopero della fame finché, prostrato, non è stato ricoverato d’urgenza all’ospedale Alexandrovska di Sofia da cui i medici hanno fatto sapere che le sue condizioni sono “gravi, ma non è in pericolo di vita”.
Pensateci un momento. Nel 1989, non solo in Bulgaria, poeti e scrittori erano il motore della rivolta anticomunista. Simbolo della libertà e della fine del regime, hanno contribuito a scrivere le Costituzioni democratiche (come Sugarev) o sono diventati leader politici, come Havel in Repubblica Ceca. Che mondo che era! Potesse (può?) tornare partendo magari dalla dimenticata piazza di Sofia.
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