Tea Benedetti
Per chi ha vissuto in un polo industriale e ha partecipato attivamente alla sua vita, evoluzione e involuzione, il “Capodanno di lotta” non è una novità. E’ con una certa nostalgia e tenerezza che ricordo quello del 1974, a Genova, all’interno della Pettinatura Biella “Fabbrica Occupata” , per la difesa del posto del lavoro. Oltre 400 giorni di occupazione, e in quella fabbrica occupata, oltre che luogo di rivendicazione sindacale, si sviluppò un laboratorio culturale che non perse mai il collegamento con il resto della città e soprattutto con i quartieri operai da cui provenivano le maestranze impiegate. Teatro, Concerti, letture e confronti non mancarono mai, grazie all’impegno di operaie come Tea Benedetti che incarnò quella lotta e quel territorio e di cui, chi visse quei momenti, non potra mai dimenticare l’enorme valenza politica. Sono pochi i chilometri che separano l’area dell’ex Pettinatura Biella all’ingresso della Fincantieri di Sestri Ponente, ma la realtà industriale genovese ed in particolare del Ponente genovese, per effetto della deindustrializzazione, appare ad una distanza paragonabile a quella tra due ere geologiche. Sicuramente le ristrutturazioni industriali sono state dettate da scelte di mercato, quindi economiche, ma è evidente che l’obbiettivo neanche troppo secondario è stato un tessuto sociale e politico che nel lavoro fondava i suoi valori più profondi e il motivo di un orgoglio indomito, sopravvissuto alle crisi prima del fascismo e sopravvissuto al fascismo stesso. Per queste ragioni questa sera sarò col cuore in due diverse collocazioni: davanti ai cancelli di Fincantieri, per rivendicare un futuro per quei cantieri navali, un futuro per i lavoratori li impiegati e un futuro per la delegazione di Sestri Ponente che attorno a quei cantieri ha costruito parte della sua economia. Ad oltre 500 chilometri dal Cantiere di Sestri, nella redazione di “Liberazione” a Roma, dove a fronte del taglio dei contributi all’editoria la testata giornalistica non è più in condizione di far trovare in edicola il giornale. Sarò col cuore in quella redazione perché quel giornale possa raccontare le storie delle “Pettinatura Biella” dei giorni nostri, siano call center o lavoratori dei vagoni letto, siano i lavoratori della Fincantieri o della Fiat, ma siano anche i racconti dei massacri a Gaza o in Kurdistan, o di cosa accadde a Genova nel 2001 o come morì Aldrovandi, tutte storie che non possiamo permetterci il lusso di delegarle ai pifferai del potere. Loris ViariOccupy Liberazione