Non chiamatelo spogliarello, mai. Anche se, in fondo, il “fine” è lo stesso (sedurre e spogliarsi), le artiste del burlesque ci tengono a mentenere questa distinzione nettissima fra i due generi: “Noi non rimaniamo mai totalmente nude”, e questo è vero. Pasties e G-string: è questo l’abbigliamento minimo, cioè due cerchi di stoff a che coprono i capezzoli, a cui generalmente sono attaccate due nappine, e un tanga, che copre giusto… lì. Nato nel XIX secolo in America e, quasi, contemporaneamente, in Gran Bretagna, il burlesque era una parodia del mondo e, solo a partire dagli anni ‘6o dell’800, si è cominciato a mettere sul palco anche qualche donna poco vestita. Il suo successo fu sancito dal pubblico di Broadway, dove riusciva a fare sold out tutte le sere. Dopo gli anni Venti, però, vuoi per la censura, vuoi per gli attacchi, durissimi, della stampa dell’epoca, il genere subì un calo notevole, fi no a scomparire (almeno dai palcoscenici uffi ciali). È stato riscoperto recentemente, a cavallo tra gli anni ‘90 e il 2000, in cui uno dei personaggi che meglio lo rappresenta, Bettie Page, è stato elevato a mito e icona, tanto da cominciare ad avere, a quarant’anni di distanza, migliaia di emuli. Anche in Italia il burlesque è diventato famoso, anche grazie allo show, sul palco di Sanremo, di Dita Von Teese, modella e show girl che ha trovato il suo successo proprio con la riproposizione dello spogliarello all’interno di una coppa di Martini (con tanto di oliva). A Milano, sempre al passo con le mode del momento, è nato anche uno dei primi corsi di burlesque per principianti, a cui ha partecipato anche una trentenne alessandrina, Laura. “E’ stato molto divertente, ma a tratti anche imbarazzante. Devi avere il pelo sullo stomaco per riuscire a far roteare le nappine che porti sul seno davanti al pubblico”, ma quello che interessava a lei, come anche alla maggior parte delle altre donne presenti (dai 22 ai 50 anni), era imparare l’arte e metterla… da parte, all’interno di casa propria, “Solo ed esclusivamente per il mio compagno”. Oltre ad utilizzare le nappine, oggetto di culto per le burlesque girls, Laura racconta di aver imparato a giocare con le calze autoreggenti e a togliersele (sia da seduta che all’impiedi), a camminare in modo sensuale a quattro zampe e a muovere gli enormi ventagli di piume di struzzo. Il tutto sempre su un fastidioso – ma sexy – tacco 12, calze autoreggenti, bustier e mutanda ridottissima. Sicuramente non è il corso di danza che ogni madre immagina per sua fi glia, ma, probabilmente ogni marito lo consiglierebbe alla propria moglie.
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