C’è modo e modo di mistificare, qualcuno è addirittura affascinante, ma ce n’è uno che è particolarmente squallido, ed è quello che ci è offerto in esempio da Marina Valensise (Il Foglio, 10.12.2011) e da Alessandro Zaccuri (Avvenire, 11.12.2011), riguardo Jacques Lacan.«Era ateo – scrisse Élisabeth Roudinesco nella sua biografia, pubblicata in Francia nel 1993 da Libraire Arthème Fayard e in Italia nel 1995 da Raffaello Cortina Editore – anche se, per spacconeria, un giorno aveva sognato un funerale cattolico in grande stile» (pagg. 437-438). L’affermazione non fu contestata dalla figlia dello psicoanalista, che pure avrebbe potuto risentirsene perché si dava dello spaccone al padre e che invece oggi ne contesta un’altra della stessa Roudinesco, contenuta in un suo volume di recente pubblicazione: «Sebbene avesse espresso il desiderio di finire i suoi giorni in Italia, a Roma o a Venezia, e avesse auspicato dei funerali cattolici, Lacan fu sepolto senza cerimonia e nell’intimità al cimitero di Guitrancourt» (Lacan, envers et contre tout – Editions du Soleil, 2011). «Papà – dice Judith Lacan – è stato sepolto secondo le sue volontà», e porta la Roudinesco in tribunale.Che Lacan non fosse credente è fuori discussione per la figlia e per la biografa, che concordano sul fatto che l’interesse occasionalmente mostrato dallo psicoanalista per i topoi della tradizione cristiana era di là da ogni approccio fideistico, più o meno analogo a quello mostrano da Carl Gustav Jung per quelli della mitologia pagana: la questione sta tutta nel capire se le volontà di Lacan siano state rispettate o meno, se Lacan sia stato sepolto dove desiderava.«Mio padre – dice Judith Lacan – aveva perso la fede a diciassette anni e non ha mai cambiato atteggiamento». Dal canto suo, la Roudinesco dice che, a trent’anni dalla sua morte, quella di Lacan è da considerare come «une aventure intellectuelle qui tint une place importante dans notre modernité, et dont l’héritage reste fécond quoi qu’on en dise : liberté de parole et de moeurs, essor de toutes les émancipations - les femmes, les minorités, les homosexuels -, espoir de changer la vie, la famille, la folie, l’école, le désir, refus de la norme, plaisir de la transgression. Suscitant la jalousie des clercs qui ne cessent de l’insulter, Lacan se situa pourtant à contre-courant de ces espérances, tel un libertin lucide et désabusé».Stanti così le cose, che senso ha riprendere il contenzioso sorto tra Judith Lacan ed Élisabeth Roudinesco per scrivere: «Altro che primato della psicoanalisi: il guru francese dell’inconscio rivalutò Cristo e l’incarnazione», e sotto un titolo che recita: «La religione di Lacan» (Marina Valensise)? Che senso ha scrivere che «in Francia fa discutere la possibile conversione del pensatore dei Seminari» sicché «temi come l’“Altro” e il “reale” assumono nuova consistenza teologica» (Alessandro Zaccuri)? In un così sfacciato esercizio di stravolgimento dei fatti non è riconoscibile altro movente che la mistificazione nell’ennesimo tentativo di conversione post mortem. Ho detto squallido, ma mi correggo: direi schifoso.
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C’è modo e modo di mistificare, qualcuno è addirittura affascinante, ma ce n’è uno che è particolarmente squallido, ed è quello che ci è offerto in esempio da Marina Valensise (Il Foglio, 10.12.2011) e da Alessandro Zaccuri (Avvenire, 11.12.2011), riguardo Jacques Lacan.«Era ateo – scrisse Élisabeth Roudinesco nella sua biografia, pubblicata in Francia nel 1993 da Libraire Arthème Fayard e in Italia nel 1995 da Raffaello Cortina Editore – anche se, per spacconeria, un giorno aveva sognato un funerale cattolico in grande stile» (pagg. 437-438). L’affermazione non fu contestata dalla figlia dello psicoanalista, che pure avrebbe potuto risentirsene perché si dava dello spaccone al padre e che invece oggi ne contesta un’altra della stessa Roudinesco, contenuta in un suo volume di recente pubblicazione: «Sebbene avesse espresso il desiderio di finire i suoi giorni in Italia, a Roma o a Venezia, e avesse auspicato dei funerali cattolici, Lacan fu sepolto senza cerimonia e nell’intimità al cimitero di Guitrancourt» (Lacan, envers et contre tout – Editions du Soleil, 2011). «Papà – dice Judith Lacan – è stato sepolto secondo le sue volontà», e porta la Roudinesco in tribunale.Che Lacan non fosse credente è fuori discussione per la figlia e per la biografa, che concordano sul fatto che l’interesse occasionalmente mostrato dallo psicoanalista per i topoi della tradizione cristiana era di là da ogni approccio fideistico, più o meno analogo a quello mostrano da Carl Gustav Jung per quelli della mitologia pagana: la questione sta tutta nel capire se le volontà di Lacan siano state rispettate o meno, se Lacan sia stato sepolto dove desiderava.«Mio padre – dice Judith Lacan – aveva perso la fede a diciassette anni e non ha mai cambiato atteggiamento». Dal canto suo, la Roudinesco dice che, a trent’anni dalla sua morte, quella di Lacan è da considerare come «une aventure intellectuelle qui tint une place importante dans notre modernité, et dont l’héritage reste fécond quoi qu’on en dise : liberté de parole et de moeurs, essor de toutes les émancipations - les femmes, les minorités, les homosexuels -, espoir de changer la vie, la famille, la folie, l’école, le désir, refus de la norme, plaisir de la transgression. Suscitant la jalousie des clercs qui ne cessent de l’insulter, Lacan se situa pourtant à contre-courant de ces espérances, tel un libertin lucide et désabusé».Stanti così le cose, che senso ha riprendere il contenzioso sorto tra Judith Lacan ed Élisabeth Roudinesco per scrivere: «Altro che primato della psicoanalisi: il guru francese dell’inconscio rivalutò Cristo e l’incarnazione», e sotto un titolo che recita: «La religione di Lacan» (Marina Valensise)? Che senso ha scrivere che «in Francia fa discutere la possibile conversione del pensatore dei Seminari» sicché «temi come l’“Altro” e il “reale” assumono nuova consistenza teologica» (Alessandro Zaccuri)? In un così sfacciato esercizio di stravolgimento dei fatti non è riconoscibile altro movente che la mistificazione nell’ennesimo tentativo di conversione post mortem. Ho detto squallido, ma mi correggo: direi schifoso.
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